29 aprile 2024
Aggiornato 04:00
Rapporto Amnesty

Russia, Cina e USA si credono sopra il diritto

Le 3 superpotenze ancora fuori dalla Corte penale internazionale

ROMA - Torture, maltrattamenti, processi iniqui, condanne a morte, restrizioni alla libertà d'espressione. Sono ancora evidenti le lacune nel rispetto dei diritti dell'uomo e in particolare nella giustizia globale, al centro del rapporto annuale di Amnesty International, presentato questa mattina a Roma. Lacune acuite dalla politica, in particolare dai quei Paesi che si ritengono al di sopra del diritto internazionale, come Cina, Russia e Stati Uniti.

Un anno, comunque, segnato anche da passi avanti significativi.

DATI MONDIALI - Le «falle della giustizia mondiale» hanno creato, nel 2009, numerose situazioni di repressione. Sono 159 i Paesi in cui Amnesty International segnala violazioni. Registrati casi di tortura e maltrattamenti in 111 Paesi, 61 quelli in cui i responsabili sono rimasti impuniti; processi iniqui in 55 Paesi, limitazioni alla libertà di espressione in 96, prigionieri politici in 48 Stati. In 56 Paesi sono state emesse condanne a morte, in 18 sono state anche eseguite.

CORTE PENALE INTERNAZIONALE - Ottantuno Paesi, tra i quali sette membri del G20, non hanno ratificato lo Statuto della Corte penale internazionale. Amnesty International ha rivolto un appello al G20, chiedendo a Stati Uniti, Cina, Russia, Turchia, Indonesia, India e Arabia Saudita di aderire allo Statuto di Roma e riconoscere al più presto la Corte penale internazionale.

I SUCCESSI PIÙ IMPORTANTI - Nel 2009 si è registrato un fatto epocale: il presidente del Sudan, Omar Hassan al Bashir, è stato raggiunto da un mandato di cattura da parte della Corte penale internazionale, per crimini di guerra e contro l'umanità.
Purtroppo, l'Unione africana si è rifiutata di cooperare, chiaro esempio di come i governi antepongano la politica alla giustizia. E' stato poi condannato per crimini contro l'umanità l'ex presidente del Perù, Alberto Fujimori. Firmato, a settembre, il Protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni Unite, che consente ai singoli cittadini di rivolgersi al Comitato per i diritti umani quando i loro diritti fondamentali siano negati nel territorio nazionale.