24 aprile 2024
Aggiornato 13:00
Caso Cesare Battisti

Il Brasile cerca una via d'uscita per «tenersi» Battisti

O Globo: «Possibile ricorso a motivi umanitari. Nessuno nel governo brasiliano crede che Battisti debba tornare in Italia»

ROMA - La sentenza della Corte Costituzionale brasiliana sul caso Battisti dà ragione alle richieste della magistratura italiana ma non risolve né la questione dell'estradizione né - questione principale dal punto di vista brasiliano - il potenziale conflitto istituzionale fra il potere esecutivo e quello giudiziario: per questo, dicono molti organi di stampa del paese, il governo brasiliano sta cercando una via d'uscita che permetta di far rimanere Cesare Battisti senza urtare né la magistratura né rovinare i rapporti con l'Italia.

ESCAMOTAGE - La Corte ha infatti approvato l'estradizione ritenendo i crimini commessi da Battisti reati comuni e non politici, ma ha lasciato nelle mani del presidente Luiz Inacio Lula da Silva l'effettivo potere decisionale sulla consegna dell'ex terrorista dei Pac all'Italia.

Come riporta il quotidiano brasiliano O Globo, l'esecutivo sta dunque valutando la possibilità di mantenere Battisti nel Paese non come rifugiato, ma utilizzando qualche altro escamotage legale, per esempio motivi umanitari: «Nessuno nel governo crede che Battisti debba tornare in Italia», sostiene una fonte vicina all'esecutivo.

In ogni caso, l'estradizione non potrebbe avvenire in tempi rapidi, come ha confermato ieri il ministro della Giustizia brasiliano Tarso Genro, criticando la sentenza della Corte che ha riconosciuto la natura politica di alcuni reati commessi da Battisti - ma non gli omicidi per i quali è stato condannato all'ergastolo - «senza trarne le conseguenze giuridiche».

RAPPORTI DIPLOMATICI - Lula si trova così di fronte al dilemma che avrebbe voluto evitare, a costo di vedersi privato del potere decisionale sull'estradizione affidato all'esecutivo: sfidare la sentenza della Corte innescando un conflitto istituzionale senza precedenti oppure smentire il proprio Ministro della Giustizia. Senza contare i rapporti con l'Italia, ragione per la quale i magistrati hanno deciso di lasciare al Presidente l'ultima parola: la questione, ha infatti concluso la Corte, riguarda anche i rapporti diplomatici con un Paese terzo e pertanto è di pertinenza dell'esecutivo.