19 aprile 2024
Aggiornato 15:00
L'inizio dei colloqui con il Vaticano in autunno

Lefebvriani: «Gli ebrei ci lascino in pace, superare il Concilio»

Apcom intervista Mons. Fellay: «Pressioni contro di noi su Santa Sede»

MENZINGEN - L'inizio dei colloqui con il Vaticano in autunno, una forte critica agli ebrei ('ci lascino in pace'), e l'impressione che la comunità ebraica condizioni pesantemente la Santa Sede. E ancora: il Concilio che va 'superato' e la speranza di avere presto una 'prelatura'; le divisioni che esistono anche all'interno della Chiesa di Roma e l'annuncio che monsignor Richard Williamson non verrà espulso.

Non manca un attacco all'Osservatore Romano che non si deve occupare di temi come Michael Jackson, Calvino o Harry Potter, accanto a una impressione molto positiva di Papa Benedetto XVI, 'persona integra e attenta al bene della Chiesa'. Intervista a tutto campo quella che monsignor Bernard Fellay, superiore dei lefebvriani, concede ad Apcom, nella casa generalizia della Fraternità San Pio X a Menzingen, in provincia di Zug (a pochi km da Zurigo), uno dei 26 cantoni della Svizzera.

Completamente immersa nel verde della campagna svizzera, tra le mucche e il suono delle campane della chiesa di paese, il quartier generale dei lefebvriani si presenta con la scritta: 'Priester Bruderschaft St. Pius X - Generalhaus'. Nella stanza che ospita monsignor Fellay una foto di Marcel Lefebvre e una del Papa. 'Certamente c'è anche la foto del Papa, siamo cattolici anche noi', esclama il superiore alla nostra sorpresa di vedere un'immagine del Pontefice.

D: Il Papa si trova in Valle d'Aosta per trascorrere un periodo di vacanze. Vi trovate a due passi da lui. Avete avuto qualche contatto, o c'è stato qualche tipo di collegamento tra il suo entourage e voi?
R: No, assolutamente no. Non c'è stato alcun contatto. Durante le vacanze dobbiamo lasciare il Papa in pace. Le cose proseguono con il Vaticano, con le persone incaricate per i colloqui. Ma non abbiamo disturbato il Papa. Sono le sue vacanze.

D: Monsignor Fellay, è previsto un suo viaggio a Roma prossimamente? E' stato fissata la data d'inizio dei colloqui? E la vostra commissione, avete già pensato da chi sarà composta? Quante persone la formano?
R: Non c'è ancora una data fissata per l'inizio del dialogo, ma possiamo presumere che sarà in autunno. Verrò a Roma per quel periodo, ma non c'è ancora niente di preciso. La Commissione è già formata da 3-4 persone, ma non possiamo ancora fornire i nomi, anche per evitare qualsiasi pressione.

D: Ritiene che in Vaticano ci sia una sensibilità eccessiva nei confronti delle aspettative del mondo ebraico, sul 'caso Williamson' così come sulla preghiera del venerdì santo?
R: Sì, lo penso. Io stesso sono imbarazzato - tranne ciò che è successo sul caso di monsignor Williamson - quando vedo ebrei che si occupano degli affari della chiesa cattolica. Non è la loro religione. Ci lascino in pace. Sono questioni che riguardano la chiesa cattolica. Se noi vogliamo pregare per gli ebrei, pregheremo per gli ebrei, nel modo che vogliamo. Non so se loro pregano per noi, ma direi che è un problema loro.

D: Dunque, il Papa e il Vaticano subiscono pressioni del mondo ebraico?
R: Certo. È un tema estremamente delicato e caldo e penso che dobbiamo uscire da questo clima che non è buono. C'è stata una sfortunata concomitanza di eventi che che non dovrebbe mai accadere. In questo contesto si può capire l'ira degli ebrei io la capisco e deploro quello che è successo.

D: Nel motu proprio 'Unitatem ecclesiam' il Papa ritiene che 'le questioni dottrinali, ovviamente, rimangono e finché non saranno chiarite, la Fraternità non ha uno statuto canonico nella Chiesa e i suoi ministri non possono esercitare in modo legittimo alcun ministero'. Cosa ne pensa?
R: Penso che non ci sia granchè di cambiato. Quello che è cambiato è che questa nuova disposizione concentrerà le nostre relazioni sulle questioni dottrinali. Ma non è un cambiamento, è un processo che va avanti e che avevamo già chiesto nel 2000; il cammino va avanti. Ciò che scrive il Papa sta nella linea del discorso abituale di Roma, dal '76, quindi non è nuovo. Noi abbiamo una posizione chiara che portiamo avanti da tempo e che manteniamo anche se siamo in contrasto con questa legge, ci sono ragioni serie che giustificano il fatto di esercitare legittimamente questo ministero. Sono le circostanze nelle quali si trova la chiesa che noi chiamiamo 'stato di necessità'. Per esempio quando una grande catastrofe colpisce un paese, mette fuori uso la struttura ordinaria, va in crisi il sistema, e allora tutti coloro che possono aiutare, aiutano. E quindi non è la nostra personale volontà, ma il bisogno dei fedeli che necessita l'aiuto di tutti coloro che possono aiutare. E questo stato di necessità è abbastanza generalizzato nella chiesa - ci sono certamente alcune eccezioni - per potere assicurare, consapevolmente, l'esercizio legittimo dell'aspostolato.