10 dicembre 2024
Aggiornato 07:00
Medio Oriente

Netanyahu: «Sì a Stato palestinese smilitarizzato»

Premier israeliano: «Ma con riconoscimento di Israele»

GERUSALEMME - Sì a uno Stato palestinese ma «smilitarizzato e che riconosca Israele come Stato del popolo ebraico». Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, nel suo primo discorso di politica estera dalle elezioni di febbraio all'università Bar Ilan, nei pressi di Tel Aviv, chiarisce la sua posizione sul conflitto palestinese. «Se ricevessimo garanzie sulla smilitarizzazione e se i palestinesi riconoscessero Israele come lo Stato del popolo ebraico, allora saremmo in grado di raggiungere una soluzione basata su uno Stato palestinese smilitarizzato accanto a Israele», ha detto il premier. «A ognuno la sua bandiera, a ognuno il suo inno... Il territorio concesso ai palestinesi sarà senza armi, senza controllo dello spazio aereo, senza la possibilità di ingresso di armi, senza la possibilità di allacciare relazioni con l'Iran o Hezbollah», ha aggiunto il capo del governo israeliano.

Tuttavia Netanyahu ha escluso il congelamento delle colonie nei territori palestinesi occupati come richiesto dalla Comunità internazionale e ha chiesto ai palestinesi la ripresa immediata dei colloqui di pace senza condizioni preliminari. «Lancio un appello ai nostri vicini palestinesi e ai dirigenti palestinesi a riprendere immediatamente i colloqui di pace senza condizioni preliminari», ha detto il premier. «Questa sera dico ai palestinesi: vogliamo vivere accanto a voi in buone relazioni», ha aggiunto. «Non voglio far costruire nuove colonie o confiscare terre con questo obiettivo ma occorre permettere agli abitanti degli insediamenti di vivere normalmente», ha affermato, escludendo in questo modo la sospensione delle costruzioni nelle colonie esistenti per soddisfare le necessità della «crescita naturale».

E' la prima volta che Netanyahu accetta di parlare della prospettiva di uno Stato palestinese, come richiesto dal presidente americano, Barack Obama, anche in occasione del suo discorso di riconciliazione con il mondo musulmano pronunciato il 4 giugno al Cairo. In Egitto, il capo dello Stato Usa ha ribadito il principio di «due stati per due popoli» e ha lanciato un appello al congelamento totale delle costruzioni nelle colonie in Cisgiordania, in cui vivono più di 280.000 israeliani.

Fino ad ora Netanyahu si era rifiutato di evocare la creazione di uno Stato palestinese, e si era limitato a parlare solo di una «pace economica» con i palestinesi. «La condizione preliminare è che i palestinesi riconoscano in modo sincero pubblico Israele come Stato del popolo ebraico», ha detto. «Il cuore del conflitto è sempre stato il rifiuto degli arabi di accettare l'esistenza di uno Stato israeliano», ha aggiunto in riferimento in particolare al rifiuto dei Paesi arabi nel 1947 di riconoscere la risoluzione dell'Onu in favore della divisione della Palestina tra uno Stato ebraico e uno Stato arabo.

«I ritiri che Israele ha operato nel passato non hanno cambiato questa realtà», ha aggiunto riferendosi agli attacchi di Hezbollah dopo il ritiro del Libano nel 2000 e quelli di Hamas dopo il ritiro dalla Striscia di Gaza nel 2005.

Netanyahu ha anche escluso un ritorno dei profughi palestinese in Israele, affermando che il loro problema deve essere regolato «al di fuori delle frontiere» di Israele. «Il loro ritorno andrebbe contro l'esistenza di Israele come Stato ebraico».

Negative le reazioni palestinesi. Il movimento islamico palestinese Hamas, che controlla Gaza, ha denunciato l'ideologia «razzista ed estremista» del premier israeliano. L'Autorità nazionale palestinese (Anp) ha accusato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di «silurare» tutti gli sforzi di pace ponendo una serie di condizioni per accettare una soluzione basata sulla creazione di uno Stato palestinese.