Pensioni, l'affondo di Boeri: «Subito la flessibilità in uscita. Rischiamo una generazione perduta»
Il presidente dell'Inps sostiene che i livelli della disoccupazione giovanile sono intollerabili. Questa settimana arriveranno le prime 150mila buste arancioni, ma ecco perché la classe politica nazionale è responsabile del ritardo con cui verranno consegnate e perché l'Italia rischia un'intera generazione perduta
ROMA - Il presidente dell'Inps, Tito Boeri, è intervenuto a margine del Graduation Day dell'Altemps dell'Università Cattolica del Sacro Cuore ed è tornato sull'urgenza di intervenire sul sistema previdenziale italiano. Ecco cosa rischiano le nuove generazioni.
Boeri: Subito la flessibilità in uscita
Il presidente dell'Inps, Tito Boeri, è tornato sulla necessità di modificare l'attuale istituto pensionistico e, conversando con i giornalisti a margine del Graduation Day dell'Altemps dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, ha sottolineato che «sicuramente il tema dell'uscita flessibile è un tema che va affrontato non fra cinque anni, ma subito».Secondo Boeri c'è una penalizzazione molto forte dei giovani e dato l'alto livello della disoccupazione giovanile in Italia rischiamo di avere delle intere generazioni perdute all'interno del nostro Paese.
I livelli della disoccupazione giovanile sono intollerabili
Quel capitale umano è invece fondamentale per l'economia nazionale. Ecco perché, come ricorda ancora una volta il presidente dell'Inps è «molto importante fare questa operazione in tempi stretti». I livelli della disoccupazione giovanile sono assolutamente intollerabili in Italia. Il presidente dell'Inps non ha esitato a puntare il dito contro l'Esecutivo per sollecitare un intervento da parte del premier: «Entreremo nel nuovo sistema contributivo a partire dal 2032, troppo tardi. Per questo meglio una riforma seria e definitiva invece che questo stillicidio di riforme che disorientano le persone».
Le prime 150mila buste arancioni
Questa settimana, intanto, partiranno le prime buste arancioni e saranno 150mila. Contengono informazioni di base preziosissime per i cittadini. Ricostruiscono la carriera contributiva passata con l'estratto conto contributivo e chiedono alle persone di verificarne anche l'esattezza. In secondo luogo mettono in luce il rapporto tra i contributi versati e la pensione e quando sarà possibile andare in pensione, oltre al legame della crescita economica e delle carriere e delle pensioni individuali.
Le responsabilità della classe politica
Secondo Boeri sono uno strumento «importante perché in Italia c'è una basse cultura previdenziale e ancora una più bassa consapevolezza finanziaria soprattutto tra i giovani». Inoltre, sempre secondo il presidente dell'Inps, ci sono delle responsabilità politiche evidenti nel ritardo con cui verranno consegnate: «Non sono state date informazioni di base per paura di essere punti sul piano elettorale». Boeri punta il dito contro la politica colpevole, a suo avviso, di non aver dato sufficienti informazioni sul fronte pensionistico e previdenziale alle persone per non creare disordini sociali. «Sono stati posti ostacoli nella proiezione delle pensioni future e soprattutto nell'operazione buste arancioni perché c'è paura nella classe politica che queste informazioni la possa penalizzare».
L'Italia rischia un'intera generazione perduta
Boeri ha sottolineato poi qual è la vera emergenza generazionale del paese. Due anni senza contributi costeranno alla generazione del 1980 un ritardo nel conseguimento della pensione anche di cinque anni, portando così la possibilità di andare in pensione a 75 anni di età. Lo ha rilevato proprio uno studio dell'Inps effettuato sulla classe 1980. «Abbiamo voluto studiare una generazione che può essere indicativa - ha spiegato il presidente dell'Inps -, quella del 1980 e abbiamo ricostruito l'estratto conto previdenziale". Secondo Boeri se la generazione 1980 dovesse andare in pensione con le regole attuali, che prevedono i 70 anni, con l'interruzione contributiva registrata ci andrà dopo due-tre o anche cinque anni perché non ha i requisiti minimi. Con le condizioni in cui versa oggi il mercato del lavoro e l'alto tasso di disoccupazione giovanile, il rischio è quello di «perdere» un'intera generazione di contribuenti e lavoratori.
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