Il gigante dei mari di ENI Goliat è quasi arrivato a destinazione
La più grande piattaforma petrolifera galleggiante al mondo fra pochi giorni dovrebbe attraccare a Hammerfest, in Norvegia, e da lì ripartire 15 giorni dopo per il Mare di Barents, dove in estate comincerà la produzione di quasi 100mila barili di petrolio al giorno per i prossimi 15 anni.
OSLO - La piattaforma petrolifera galleggiante (Floating and Production Storage Offloading Unit, Fpso) Goliat di Eni, destinata ad operare nel Mare di Barents, è quasi arrivata alla sua prima destinazione. Fra pochi giorni dovrebbe attraccare a Hammerfest, in Norvegia, e da lì ripartire 15 giorni dopo per il mare del Nord, dove in estate comincerà la produzione di quasi 100mila barili di petrolio al giorno per i prossimi 15 anni. Attualmente si trova a largo di Shetland Island, al largo della costa settentrionale della Scozia, come indicato da marinetraffic.com.
UNA PIATTAFORMA DA RECORD - Goliat, il più grande e sofisticato impianto di produzione e stoccaggio cilindrico del mondo (costato circa 5 miliardi di euro), sarà il primo a entrare in esercizio nel Mare di Barent e sarà l'installazione offshore più a Nord del Pianeta. Il suo viaggio è iniziato il 14 febbraio scorso, quando ha lasciato il cantiere Hyundai a Ulsan, in Corea del Sud, a bordo della nave da trasporto Dockwise Vanguard. La Fpso di tipo Sevan 1000 è stata costruita con le più avanzate tecnologie per vincere le sfide tecnico-ambientali legate all’operatività in ambiente Artico. Progettata dalla società norvegese Sevan Marine, ha un diametro di 107 metri, un peso di 64mila tonnellate, un altezza di 75 metri, una capacità produttiva di 100mila barili di olio al giorno, mentre ne può stoccare 1 milione. La piattaforma riceverà l'energia di cui ha bisogno per funzionare grazie a un cavo sottomarino lungo 80 chilometri, il più esteso per il suo genere, soluzione che le permetterà di ridurre della metà le emissioni di anidride carbonica in atmosfera.
LE SFIDE DELL'ARTICO - La piattaforma Eni si troverà ad affrontare notevoli sfide: il Mare di Barents infatti si trova nell'Artico dove le temperature scendono fino a 20 gradi sotto lo zero, le onde possono raggiungere i 24 metri e una fuoriuscita di idrocarburi dovuta ad un incidente minerebbe il il fragile ecosistema presente. Per questi motivi l'impianto del Cane a sei zampe si avvarrà di pozzi e tubature sottomarine all’avanguardia, con sistemi di monitoraggio innovativi in grado di intercettare e circoscrivere eventuali sversamenti direttamente nelle vicinanze dell’evento così da evitare qualsiasi impatto sulla costa. Dal 2006 la compagnia energetica italiana, che possiede il 65 per cento dei diritti di sfruttamento del giacimento offshore di Goliat ha avviato in collaborazione con Statoil, che ha il restante 35 per cento delle quote, 30 progetti di ricerca per prevenire e gestire gli eventuali sversamenti d’olio nell’area. Gli studi hanno coinvolto università e istituti di ricerca norvegesi, società di consulenza e comunità locali. Inoltre, è stato messo a punto un sistema coordinato per la risposta alle emergenze chiamato Coastal Oil Spill Preparedness Improvement Programme (Cospip) che verrà impiegato come standard di riferimento per le future operazioni petrolifere nel Mare di Barents. Fra gli studi condotti rientra anche il progetto Artic Seas Biodiversity che ha permesso di approfondire le conoscenze scientifiche dell’ambiente artico norvegese.
- 03/12/2018 Il Qatar lascia l'Opec: ma perché vola il prezzo del petrolio?
- 30/06/2018 Il punto debole della Cina, la sua infinita sete di petrolio. Come Trump e Putin metteranno all'angolo Xi Jinping
- 12/04/2017 Gentiloni concede il via libera ai petrolieri e «prende in giro» i cittadini italiani
- 12/12/2016 Perché il petrolio vola ai massimi da metà 2015