25 aprile 2024
Aggiornato 11:30
La crisi italiana

Commercio e turismo, un altro anno di crisi

Secondo le stime di Confesercenti, nei due settori tra gennaio e dicembre hanno chiuso 91.975 imprese, a fronte di 56.677 nuove aperture, per un saldo finale negativo di 35.298 attività. E le imprese che aprono hanno una vita sempre più breve: la percentuale di quelle che cessano l'attività dopo 3 anni è ormai sopra il 40%, mentre nel 2000 era sotto il 30%.

ROMA - Per il commercio e il turismo il 2014 è un altro anno di crisi. Secondo le stime di Confesercenti, nei due settori tra gennaio e dicembre hanno chiuso 91.975 imprese, a fronte di 56.677 nuove aperture, per un saldo finale negativo di 35.298 attività. E le imprese che aprono hanno una vita sempre più breve: la percentuale di quelle che cessano l'attività dopo 3 anni è ormai sopra il 40%, mentre nel 2000 era sotto il 30%. Nonostante l'ennesimo bilancio negativo, si intravedono segnali di miglioramento: a partire dal prossimo anno si assisterà a un'inversione di tendenza e ad un lento ripopolamento del tessuto imprenditoriale.

Tra il 2015 e il 2017, il numero di imprese attive di commercio e turismo tornerà ad aumentare, con un incremento di 32.543 unità. Ma ci restituirà un quadro profondamente mutato rispetto a quello precedente alla crisi, con una crescita delle nuove imprese concentrata soprattutto nel comparto turismo (+27.765). Durante l'anno i consumi delle famiglie sono stati praticamente uguali a quelli del 2013, con una crescita di appena lo 0,2%. Si è trattato, insomma, di un altro anno di difficoltà: secondo un sondaggio condotto da Confesercenti con Swg, anche nel 2014 è continuata la spending review delle famiglie, con il 92% degli italiani che ha dichiarato di aver ridotto qualche capitolo di spesa. Le imprese si sono difese con le promozioni: le ha praticati l'83%, per uno sconto medio del 27%. In totale, secondo le nostre stime, nel 2014 la pressione promozionale (la quota di prodotti in offerta sul totale) ha raggiunto il 30%. Nel 2007 era il 22,4%.

Durante il 2014 si è assistito al proseguimento del trend negativo, con un saldo tra aperture e chiusure negativo per oltre 23.500 imprese. A trascinare in rosso il bilancio è il commercio al dettaglio in sede fissa, in profonda sofferenza: durante l'anno le chiusure (49.517) sono state più del doppio delle aperture (23.005). Positivo, invece il saldo delle imprese su area pubblica: banchi e bancarelle registrano un incremento di 2.824 attività. Bene anche la vendita al di fuori di banchi e negozi - eCommerce, ma anche vendita porta a porta e tramite distributori automatici - che chiude il 2014 con 179 imprese in più.

La crisi dei negozi tradizionali investe più o meno tutti i comparti: saldi negativi sia per gli esercizi specializzati in prodotti alimentari (-3.277) che in No Food (-23.285). In particolare, continuano le difficoltà del reparto moda: oltre 1 chiusura su 4 è di un negozio di abbigliamento, tessili o accessori (-6.924).

Anche per il turismo il 2014 è stato un altro anno da dimenticare. Il settore, che riunisce le attività dell'alloggio, della ristorazione e del servizio bar, perde complessivamente 11.789 imprese, risultato di quasi 17mila nuove aperture e oltre 28mila chiusure. La crisi del mercato interno è in fase di esaurimento, ma sarà difficile tornare rapidamente ai livelli di consumi delle famiglie precedenti alla crisi: tra il 2015 e il 2017 i consumi finali nazionali saliranno dell'1,8%, contro un calo registrato, tra il 2012 e il 2014, del 5,8%.

Alcuni dei mutamenti intervenuti durante la fase peggiore della recessione sembrano essere ormai strutturali: è il caso della spesa degli italiani, che si indirizzerà sempre di più ai servizi e agli acquisti via web. Soprattutto per quanto riguarda l'eCommerce: nell'ipotesi di mantenimento dei trend recenti, si stima che nel 2017 la maggioranza dei navigatori acquisterà prodotti e/o servizi online. Ma il boom del web non spazzerà via il commercio tradizionale: se gli esercizi non specializzati crolleranno, i negozi alimentari vivranno una vera e propria rinascita.

Nei prossimi anni le imprese del commercio al dettaglio torneranno ad aumentare, dopo tre anni di saldi negativi: nel 2017 saranno 4.778 in più rispetto a quest'anno. La crescita non sarà però omogenea. Aumenteranno soprattutto le forme di commercio alternative al negozio tradizionale: da qui al 2017 si stima un vero e proprio boom del commercio ambulante, con 11.769 imprese in più. Andranno bene anche le imprese attive nel commercio al di fuori dei negozi, banchi e mercati, dove ci aspettiamo oltre 4.800 attività (+4,2%) in più nel 2017.

Una crescita minore investirà anche il settore del commercio alimentare: nel 2017 ci saranno 1.376 imprese in più. Per quanto riguarda i settori in rosso, in generale, assisteremo al proseguimento della crisi degli esercizi non specializzati, che perderanno più 3.038 imprese. Male anche gli specializzati in prodotti per uso domestico, in calo di 5.516 unità. Perdite previste pure per lo specializzato in abbigliamento e calzature, con -3.105 esercizi.

Decisamente più favorevoli le previsioni per il turismo, un settore su cui puntare: dati di crescita complessiva da oggi al 2017 di quasi 28 mila unità corrispondenti a una variazione del +2,2%. In particolare le previsioni appaiono positive per la somministrazione, sia in termini assoluti (+25 mila unità) sia relativi (+2,2%). Sono buone anche le previsioni per la ricettività: +2.700 unità per un incremento ipotizzabile dell'1,8%.

«Nonostante i rischi di ricaduta - spiega Mauro Bussoni, segretario generale di Confesercenti - la fase peggiore della crisi dovrebbe essere superata. Le nostre previsioni, elaborate sulla base dell'analisi degli andamenti recenti, suggeriscono per i prossimi due anni uno scenario di progressivo, seppure lento, ripopolamento delle imprese. A sopravvivere, però, sarà solo l'impresa che saprà cogliere i mutamenti del mercato interno. L'influenza dei progressi tecnologici sui nostri settori, ormai, non può più essere negata. Non potranno esistere, nel prossimo futuro, imprese che fanno a meno di internet. L'ondata di innovazione non va contrastata, ma cavalcata. In primo luogo liberandosi dell'idea che possa spazzare via i nostri settori: gli esercizi di vicinato rimarranno, e per alcune tipologie forse saranno ancora più diffusi di oggi».

«Gli imprenditori, però - conclude Bussoni - dovranno avere requisiti culturali e conoscitivi di cui, oggi, la stragrande maggioranza non dispone. Per questo dobbiamo concentrarci sulla preparazione: il Governo deve intervenire per garantire un maggior sostegno alla formazione imprenditoriale, con l'obiettivo di introdurre modelli culturali moderni e creare una classe di imprenditori in grado di rispondere alle sfide di oggi, facendo leva sulla qualità del servizio e dell'innovazione».