27 aprile 2024
Aggiornato 03:00
La riforma del mercato del lavoro

Bersani a Monti: Cambiare la riforma. Tensione nel PD sull'articolo 18

Il segretario del PD viene descritto eufemisticamente «irritato» per la conclusione del tavolo tra governo e parti sociali ieri sera a palazzo Chigi. D'Alema: Serve una legge delega. Bindi: Il Parlamento è sovrano

ROMA - Che si siano parlati, almeno per telefono, oggi Pier Luigi Bersani e Mario Monti è più che probabile. Il segretario del Pd viene descritto eufemisticamente «irritato» per la conclusione del tavolo tra governo e parti sociali ieri sera a palazzo Chigi, e ancor di più per le novità emerse durante la riunione, in particolare quella sui licenziamenti per motivi economici e al presidente del Consiglio doveva far sapere subito che «la riforma va cambiata e in Parlamento la cambieremo». Ecco perchè il Pd, e su questo almeno c'è unità di intenti, rifiuta categoricamente l'idea di un decreto, meglio un disegno di legge, o addirittura una legge delega, per dare modo al Parlamento di svolgere il suo ruolo.

D'Alema: Serve una legge delega - «Il testo che è stato anticipato sull'articolo 18 mi sembra confuso e pericoloso», quindi «va migliorato» in Parlamento e la forma «più appropriata» per presentarlo «è una legge delega», ha sintetizzato Massimo D'Alema. «Il Parlamento sia sovrano, deve poter modificare in profondità» la riforma del mercato del lavoro, ha aggiunto Rosy Bindi.
La riforma del mercato del lavoro rischia di essere deflagrante non solo per i tanti lavoratori che rischiano di perdere il posto a causa della crisi ma anche per il Pd, plasticamente spaccato su un tema così cruciale. Le due grandi anime, sinistra e moderati, hanno sempre avuto opinioni diverse su questa riforma, sui rapporti con il sindacato e con il governo e ora i nodi sono arrivati al pettine. Da un lato infatti gran parte degli ex Ds, (eccetto Veltroni), non possono permettersi di votare per i licenziamenti e contro la Cgil, insomma contro il proprio elettorato di riferimento, dall'altro gli ex centristi più vicini alle posizioni della Cisl, come Fioroni, Gentiloni, Letta che invece puntano a dare al partito un profilo più liberale. Due anime che su questo voto rischiano di dividersi in maniera irreversibile.