19 aprile 2024
Aggiornato 20:00
La riforma del mercato del lavoro

Lavoro, la «trattativa parallela» di Bersani per sminare l'articolo 18

Il leader del Partito Democratico chiama la Camusso e parla con la Fornero: Una rottura al tavolo delle parti sociali spaccherebbe in due il partito, come si vede bene dai battibecchi di queste ore. Stiamo lavorando per un accordo

ROMA - Uno dei parlamentari «sindacalisti» del Pd la definisce, senza giri di parole, «trattativa parallela», di sicuro è assai intensa l'attività del segretario democratico Pier Luigi Bersani per cercare di facilitare una soluzione positiva, condivisa da tutti, al tavolo della riforma del mercato del lavoro. I contatti sono continui e, qualche giorno fa, Bersani ha avuto modo di scambiare qualche parola a quattr'occhi con il ministro del Lavoro Elsa Fornero: il leader Pd ha esposto al ministro il quadro della situazione, riferendo anche dei colloqui con Susanna Camusso: «Siamo stati un'ora al telefono - ha detto Bersani al ministro - ho insistito per tutto il tempo sul fatto che se si trova un accordo potabile è interesse di tutti portarlo a casa, anche per una questione di credibilità in Europa».

Serve un «lieto fine» - Come spiega sempre la fonte «sindacale» del Pd: «Noi, più di ogni altro abbiamo interesse che ci sia un lieto fine. Una rottura al tavolo delle parti sociali spaccherebbe in due il partito, come si vede bene dai battibecchi di queste ore». E Bersani, del resto, lo ha detto anche oggi parlando ai segretari regionali e provinciali: «Stiamo lavorando per un accordo». Linea che il leader Pd sta portando avanti fin da novembre, da quando il presidente del Consiglio Mario Monti annunciò in Parlamento una riforma del mercato del lavoro che assomigliava a quella che piace tanto a Pietro Ichino e che è stata più volte caldamente suggerita allo stesso premier. L'Italia è in recessione, le crisi aziendali non si contano, le persone che perdono il posto di lavoro sono migliaia, probabilmente centinaia, ed è interesse anche del Governo andare avanti in un quadro il più possibile di pace sociale.

Si lavora sullo «schema Cisl» - Di sicuro, però, è interesse del Pd: le parole di Veltroni ieri e le reazioni di Stefano Fassina e dell'ala «laburista» del partito sono solo un assaggio di quello che può capitare se in Parlamento il Governo arrivasse con un progetto di riforma non sottoscritto dai sindacati o, peggio ancora, con un testo che divide la Cgil da Cisl e Uil. Il Pd rischierebbe uno scontro interno difficilmente gestibile per il segretario del partito.
Ecco perché lo stesso Fassina, che è stato tra i più duri nel rispondere a Veltroni, in realtà nelle scorse settimane ha lavorato molto su un possibile schema di riforma che non sarebbe troppo diverso da quello immaginato dalla Cisl: ok ai licenziamenti anche individuali per motivi economici, a patto che non siano a discrezione dell'impresa ma vengano sottoposti alla disciplina già prevista dalla legge 223 per gli stati di crisi. Una linea su cui si è speso molto anche l'ex leader Cisl e dirigente Pd Franco Marini.

La Cgil al momento non ha dato il suo ok allo schema Cisl. Raffaele Bonanni, in una intervista, oggi dice chiaramente quello che molti hanno capito: «Sull'articolo 18 c'è una discussione interna alla Cgil». Ovvero, se la Camusso non dà il via libera è per la concorrenza 'a sinistra' della Fiom di Maurizio Landini, che il 9 marzo scende in piazza su questo tema. Tutte cose che la Camusso ha spiegato a Bersani e anche per questo il leader Pd vuole procedere con cautela: passato lo sciopero della Fiom sarà più facile provare a siglare un'intesa sul filone indicato tanto dalla Cisl quanto dallo stesso Fassina.