19 aprile 2024
Aggiornato 18:00
Riequilibrare il carico fiscale

Fisco: Abete, serve un riequilibrio della tassazione

Il Presidente di Assonime: «Spostare il 2% del Pil da imprese e lavoratori su imposte indirette e patrimoni. Ridurre a 3 gli scaglioni Irpef, aliquota massima al 40%. Necessaria una patrimoniale, gettito annuale di 12 miliardi»

ROMA - È necessario un riequilibrio del carico fiscale a favore di imprese e lavoratori, spostando almeno il 2% del Pil. Lo ha affermato il presidente dell'Assonime, Luigi Abete, secondo cui «una riforma fiscale capace di contribuire significativamente alla crescita e rafforzare l'efficienza e l'equità del sistema dei tributi deve prevedere uno spostamento significativo, dell'ordine di almeno il 2% del Pil, del carico fiscale dal mondo produttivo (imprese e lavoro) all'imposizione indiretta e ai patrimoni, naturalmente in un arco temporale adeguato, diciamo un quinquennio».

Alleggerire il carico fiscale sulle fasce di reddito più basse - «Lo spostamento - ha spiegato Abete in un'audizione in commissione Finanze al Senato - dei carichi dalle imposte sui redditi all'Iva è ormai in atto in molti paesi europei e appare un obiettivo tanto più valido in Italia». C'è un «ampio spazio per un riequilibrio significativo tra imposte dirette e indirette, centrato principalmente sulla riduzione dei trattamenti agevolati». Il maggior gettito però «non deve essere usato per colmare buchi di bilancio, come purtroppo è stato fatto con l'aumento recente dell'aliquota Iva ordinaria al 21%».
«Unificando verso il livello dell'aliquota ordinaria - ha aggiunto il numero uno dell'Assonime - le aliquote agevolate del 10% e del 4% (con pochissime eccezioni, tali da salvaguardare i beni di prima necessità e la casa) si può puntare a raccogliere 20-25 miliardi, da destinare prioritariamente ad alleggerire il carico fiscale sulle fasce di reddito più basse: attraverso contributi diretti ai meno abbienti, che li compensino direttamente per l'aumento dell'Iva, e la riduzione dell'aliquota Irpef sul primo scaglione».

Ridurre a 3 gli scaglioni Irpef, aliquota massima al 40% - L'aliquota Irpef sul primo scaglione, ha sottolineato Abete, «attualmente al 23%, è la più alta tra i paesi europei: si dovrebbe puntare a ridurla al 20%. Più in generale, l'Irpef è attualmente uno dei punti di maggiore sofferenza dell'intero sistema fiscale: da essa deriva circa il 35% delle entrate tributarie, con la parte preponderante del prelievo dell'imposta (l'80%) proveniente dai redditi di lavoro dipendente e da pensione, e una concentrazione dell'incidenza sulle fasce di reddito medio-basso». In prospettiva, «andrebbe anche realizzata una drastica riduzione degli scaglioni, direi a non più di tre, e con aliquota massima non superiore al 40%».
«Anche l'aliquota nominale dell'Ires - ha affermato il presidente dell'Assonime - pur notevolmente ridotta con la riforma del 2007, resta tra le più elevate in Europa. Anzi, gli ultimi provvedimenti hanno segnato una deleteria inversione di marcia, con l'introduzione di arbitrarie addizionali su alcuni settori economici, che hanno accentuato il carattere già fin troppo frastagliato del nostro sistema tributario». La proposta Assonime è «ridurre l'aliquota Ires al 20% e, al contempo, di eliminare tutti i trattamenti differenziati tra imprese operanti in diversi settori di attività».
Le risorse per l'abbattimento dell'aliquota Ires «potrebbero venire dall'introduzione di una moderata tassazione annuale dei patrimoni delle persone fisiche, già presente in molti paesi avanzati». Al riguardo, secondo Abete, «l'Italia spicca nel contesto internazionale per l'elevata ricchezza delle famiglie (secondo l'ultima indagine della Banca d'Italia pari a oltre 8 volte il reddito disponibile), mentre i redditi dichiarati appaiono spesso clamorosamente bassi per molte categorie di contribuenti».

Necessaria una patrimoniale, gettito annuale di 12 miliardi - L'imposta patrimoniale, ha spiegato Abete, «dovrebbe colpire tutte le forme di impiego patrimoniale, senza distinzioni, dunque includendo anche la prima casa, i titoli di Stato e gli impieghi liquidi, nonchè i patrimoni familiari 'vestiti' in forme societarie (fondi, società immobiliari e trust). Prendendo come riferimento la stima della ricchezza delle famiglie effettuata annualmente dalla Banca d'Italia e applicando un'aliquota tra l'1 e il 2 per mille, con una soglia minima di esenzione - ha sottolineato - non pare irrealistico ipotizzare un gettito annuale dell'ordine di 12 miliardi, necessario per ridurre l'aliquota Ires al 20%».
«In una fase in cui - ha evidenziato il presidente di Assonime - il riequilibrio dei conti pubblici e i ritardi di competitività richiedono notevoli sacrifici alle classi di reddito meno abbienti, l'imposta ordinaria annuale dei patrimoni darebbe il segno di una più ampia condivisione dei sacrifici, essenziale per costruire il consenso su qualunque riassetto del sistema tributario. Rendere trasparenti le variazioni di patrimonio di ciascun contribuente - ha concluso - che dovrebbero essere registrate in dichiarazione, costituirebbe un deterrente alle attività sommerse e all'evasione fiscale, la vera peste da estirpare dal nostro sistema economico».