3 maggio 2024
Aggiornato 18:00
Osservatorio Nazionale Federconsumatori

Università: II rapporto sui costi degli atenei italiani

La differenza più marcata rimane comunque quella tra Nord e Sud: le università del Nord sono più care, in media, del 28,3%

ROMA - L’Osservatorio Nazionale Federconsumatori presenta il II rapporto sui costi delle tasse universitarie negli atenei italiani.
Dalle rilevazioni, effettuate consultando i siti e le guide delle Università con il maggior numero di iscritti, emerge che, anche quest’anno, gli atenei del Nord sono quelli più cari: in media del 13,5% rispetto alla media nazionale.

La differenza più marcata rimane comunque quella tra Nord e Sud: le università del Nord sono più care, in media, del 28,3%. Divario che si fa ancora più evidente prendendo in considerazione l’ultima fascia, quella per i redditi più alti: le Università del Nord risultano in questo caso più care del 68% rispetto a quelle del Sud, di conseguenza non dover dichiarare il proprio reddito (rientrando automaticamente nella fascia più alta) costa di meno al Sud.
L’università più cara (prendendo in considerazione la prima fascia) è l’Università degli studi di Parma con una retta di 1005,87 Euro annui per le facoltà scientifiche e di 890,05 Euro per quelle umanistiche, pari al +103% in più rispetto alla media nazionale.
Al secondo posto si trova invece l’Università degli studi di Verona (con una retta annuale di 613,18 Euro per le facoltà umanistiche e 671,22 Euro per le facoltà scientifiche).

In termini generali, invece, sono gli atenei del Sud ad applicare tasse più basse, con l’Università Aldo Moro di Bari in testa alle università che costano meno (sempre considerando la prima fascia), anche se bisogna sottolineare che parte dell’importo della retta è dovuta al merito: una votazione media bassa o un basso numero di crediti conseguiti, quindi, si traduce in un aumento delle tasse.
Complessivamente, rispetto al 2010, si registra una lieve diminuzione delle tasse universitarie per la 1 e la 2 fascia di reddito considerata (rispettivamente -1% e -4%), mentre i costi per gli studenti appartenenti alla 4 e la 5 fascia aumentano, rispettivamente, del +4% e del +10%.
Estremamente interessante è la situazione che emerge guardando al raffronto generale sul costo dell’università per le famiglie.
La maggior parte delle famiglie monoreddito di lavoratori autonomi, come gioiellieri, albergatori e ristoratori rientrano infatti nella seconda fascia ISEE considerata, e quindi pagano in media una tassa annuale universitaria pari a 515,82 Euro, esattamente come la famiglia monoreddito di un operaio non specializzato.

Questi dati, se affiancati a quelli della crescente evasione fiscale e della diminuzione degli investimenti sulla pubblica istruzione, fanno emergere un quadro drammatico: infatti si andrà sempre più verso un aumento degli studenti che appartengono o dichiarano di appartenere alle prime fasce, e quindi una diminuzione delle risorse da distribuire agli studenti che realmente ne hanno bisogno. «Anche qui, come in altri settori in cui si utilizza come parametro l’ISEE, i figli degli operai alla catena di montaggio pagano di più dei figli dei gioiellieri.» – dichiara Rosario Trefiletti, Presidente Federconsumatori.

2° RAPPORTO NAZIONALE FEDERCONSUMATORI SUI COSTI DEGLI ATENEI ITALIANI

Per il secondo anno consecutivo la Federconsumatori presenta uno studio sui costi delle tasse delle Università Italiane. L’elaborazione dei dati è stata effettuata calcolando le tasse secondo le guide e i modelli presenti, sui siti web degli atenei presi in considerazione.

1. La scelta degli atenei
Gli Atenei selezionati sono i medesimi presi in considerazione nel 1° Rapporto, la ricerca è stata svolta suddividendo l’Italia in tre macroaree: Nord, Centro e Sud (inserendo le Isole in quest’ultima), e quindi selezionando per ciascuna delle tre macroaree le tre regioni con il maggior numero di studenti (ISTAT, annuario statistico 2009). Per il Nord sono state selezionate Lombardia, Piemonte e Veneto; per il Centro sono state selezionate Lazio, Toscana e Emilia-Romagna, ed al Sud, Campania, Puglia e Sicilia.r> UnUna volta individuate le regioni sono stati selezionati due atenei per ognuna, in base alla grandezza degli stessi (numero totale degli iscritti). Inoltre è stata seguita la classifica presentata dal Censis per l’A.A. 2008/2009, elaborata sulla base dei seguenti indicatori: Servizi, Borse, Strutture, Web e Internazionalizzazione.

2. Le fasce di riferimento
Le tasse sono state calcolate prendendo ad esempio dei valori di I.S.E.E. fissi da confrontare con i vari modelli delle Università. La scelta di creare delle fasce generiche si è resa necessaria poiché ogni Ateneo applica un modello diverso per calcolare i contributi.
Sono state selezionate 5 fasce I.S.E.E. suddivise come mostrato in tabella 1.

2.1 Precisazione sulla prima fascia
Anche quest’anno abbiamo scelto di calcolare le tasse per la fascia più bassa considerando un I.S.E.E. di 6.000¤ che corrisponde (circa) a quello di una famiglia monoreddito di tre persone.
In tutte le Università e in tutte le Regioni molti studenti che corrispondono a questa fascia di reddito possono usufruire degli aiuti agli studi che consistono sia in Borse di studio, in agevolazioni per le tasse, che in posto alloggio presso le residenze universitarie.
Quindi sottolineiamo che la maggior parte degli studenti qui considerati di prima fascia non paga l’ammontare calcolato, ma soltanto la tassa regionale e le imposte di bollo (spesso rimborsate).
La scelta di proporre comunque un calcolo che considerasse questa fascia è dovuta al progressivo calo dei sostegni, ed all’aumento dell’evasione fiscale che porta ogni anno all’aumento degli studenti di prima fascia molti dei quali figli di evasori, con la logica conseguenza che i sostegni messi in campo dagli Atenei e dalle regioni non bastano per coprire tutta la domanda.

3. Evidenze Principali
Anche in questa II^ edizione del Rapporto gli atenei del Nord si confermano i più cari: del 8,22% rispetto alla media nazionale se si considera la prima fascia (il 5% in meno dal 2010), del 15,54% per la terza fascia e del 23,23% se si considera il massimo importo dovuto.
Il divario Nord-Sud, per quanto concerne la prima fascia, si attesta sul +23% (era il 25,27% nel 2010), e del 68% quando si prende in considerazione la fascia relativa al massimo importo dovuto: di conseguenza non dover dichiarare il proprio reddito costa meno al Sud.r> In termini generali, sono le Università meridionali ad applicare le tasse più basse, con l’Università Aldo Moro di Bari che si conferma l’Ateneo con le tasse più basse (considerando la prima fascia), ed comunque in Puglia la regione dove studiare costa meno. Però, per quanto riguarda i due Atenei pugliesi bisogna sottolineare che parte dell’importo della retta è dovuta al merito: una votazione media bassa o un basso numero di crediti conseguiti, quindi, si traduce in un aumento delle tasse.
AlAl secondo posto tra le Università meno costose si trova l’Università «Alma Mater» di Bologna che per chi ha un ISEE inferiore a 20.000¤ applica delle tasse inferiori del 35% rispetto alla media nazionale. Dato interessante se si considera che l’Ateneo felsineo è quello che meglio si classifica nei ranking internazionali.

3.1 Il caso Università di Parma e Atenei più cari
Ancora una volta l’Ateneo più caro, sempre prendendo in considerazione la prima fascia, risulta l’Università degli studi di Parma con una retta di 890,05 Euro annui per le facoltà umanistiche e di 1005,87 Euro per quelle scientifiche. Questi ultimi sono per l’ateneo parmense degli importi base che si applicano da 0 a 28000¤ di ISEE, alle quali vengono applicate delle maggiorazioni che variano da 206,59¤ (per ISEE di Euro 28000,01) a 356,58 Euro. Ne consegue che tra chi dichiara ad esempio 15.000 Euro di ISEE e chi invece appartiene all’ultima fascia (quindi non dichiara il proprio reddito all’università) , la differenza è di soli 356,58 Euro. Se è vero che gli studenti con ISEE entro i 6000 Euro saranno per la maggior parte aiutati dall’ ente regionale per il diritto allo studio, molti di quelli che hanno appena sopra tale soglia si vedranno recapitare a casa una tassa molto alta.
Al secondo posto si trova l’Università di Verona con una spesa media per la prima fascia di 642 ¤, seguita dalla Statale di Milano.r> LaLa distinzione tra facoltà scientifiche e facoltà umanistiche non è attiva in tutte le Università, comunque generalmente le facoltà scientifiche hanno un costo maggiore che varia dal circa il 2% per la prima fascia all’8,5% nella maggior parte delle fasce.

4. Il confronto con il 2010
Complessivamente, rispetto al 2010, si registra una lievissima contrazione dei costi a carico degli studenti appartenenti alle fasce di reddito più basse, e un incremento a carico, invece, delle fasce più alte.
Nel dettaglio per gli studenti appartenenti alla 1 ed alla 2 fascia di reddito i costi sono diminuiti, rispettivamente, del -1% e del -4%.
I costi relativi alla 3 fascia rimangono pressoché invariati, mentre aumentano rispettivamente del +4% e del +10% le tasse per gli studenti appartenenti alla 4 e la 5 fascia.

5. L’Università ed evasione fiscale
Prendendo come caso campione una famiglia monoreddito composta da un nucleo di 3 componenti si può fare un raffronto generale sul costo dell’università per le famiglie (facendo riferimento alla dichiarazione dei redditi).r> SeSecondo i dati elaborati dai CAF, i centri di assistenza fiscale, e presentati nel Settembre 2011, mostrano come il reddito medio del 32% dei contribuenti sia inferiore ai 15.000 Euro. Tra questi, stando agli ultimi dati del Ministero dell’Economia, vi sono molti lavoratori autonomi, come ristoratori, gioiellieri e albergatori, che rientrano nella seconda fascia ISEE considerata, e quindi pagano in media una tassa annuale universitaria pari a 515,82 Euro. Vale a dire lo stesso importo pagato da una famiglia (sempre monoreddito) di un operaio non specializzato.
Questi dati, se affiancati a quelli della crescente evasione fiscale e della diminuzione degli investimenti sulla pubblica istruzione, fanno emergere un quadro drammatico: infatti si andrà sempre più verso un aumento degli studenti che appartengono o dichiarano di appartenere alle prime fasce, e quindi una diminuzione delle risorse da distribuire agli studenti che realmente ne hanno bisogno.p>