L'UE tasserà le transazioni finanziarie
Accordo raggiunto in Commissione, Barroso l'annuncerà a Strasburgo. Infondato il timore di fenomeni di delocalizzazione
BRUXELLES - La Commissione europea, riunita oggi a Strasburgo, ha trovato un accordo di principio sulla proposta di una tassa sulle transazioni finanziarie nell'Ue, confermando quanto era già stato annunciato a grandi linee a fine giugno. La proposta, che sarà varata ufficialmente domani (e non in ottobre, com'era stato annunciato) sarà presentata dal presidente della Commissione, José Manuel Barroso, durante il suo atteso discorso al Parlamento europeo su «lo stato dell'Unione». Lo hanno confermato nel pomeriggio fonti della Commissione. L'Ue, insomma, andrà avanti da sola, nonostante le reticenze emerse da parte degli altri partner internazionali (e in particolare gli Stati Uniti) ad assumere un'iniziativa simile al livello del G20.
La proposta della Commissione prevede che una parte degli introiti della tassa venga utilizzata per finanziare il bilancio Ue, sostituendo in parte i contributi nazionali dei paesi membri. Come ha spiegato Barroso nelle scorse settimane, la nuova tassa dovrebbe eliminare un privilegio di cui ha goduto finora il settore finanziario in Europa, che, a differenza degli altri settori economici, non è sottoposto all'Iva. Secondo la Commissione, il settore finanziario risparmia circa 18 miliardi all'anno grazie a quest'esenzione.
La tassa si applicherebbe a un largo ventaglio di servizi finanziari (azioni, obbligazioni, derivati e prodotti strutturati) con un'aliquota quanto più bassa possibile (per evitare delocalizzazioni), e sarebbe raccolta dalle istituzioni finanziarie (banche, borse e fornitori di servizi), che la preleverebbero direttamente dai loro clienti.
L'aliquota, secondo le ipotesi di lavoro avanzate dai servizi della Commissione, dovrebbe essere differenziata in due gruppi: lo 0,1% per azioni e obbligazioni, e lo 0,01% per i derivati. Le percentuali finali che sono state decise oggi per la proposta definitiva, tuttavia, potrebbero essere leggermente diverse. Si tratterebbe comunque di aliquote minime, che lascerebbero gli Stati membri liberi di applicare percentuali più alte. Secondo le stime di Bruxelles, il ricavato potrebbe variare fra i 30 e i 50 miliardi di euro all'anno (anche in questo caso, una stima più precisa sarà comunicata domani da Barroso).
Infondato il timore di fenomeni di delocalizzazione - Il timore che la nuova tassa dia la stura a fenomeni di delocalizzazione da parte degli operatori finanziari, che potrebbero decidere di stabilirsi fuori dall'Ue per evitare di pagarla, viene sostanzialmente considerato infondato dalla Commissione, in particolare dopo che Francia e Germania hanno accettato l'idea. Bruxelles, comunque, prevede che valga il principio di territorialità, per cui banche e altri operatori finanziari non europei, ma registrati nell'Ue per potervi effettuare le loro operazioni, verrebbero sottoposti alla tassa allo stesso titolo dei concorrenti basati in Europa.
Resta da vedere se la proposta della Commissione otterrà l'unanimità in Consiglio Ue, che è ancora necessaria per tutte le questioni fiscali. Opposizioni di principio e reticenze sono prevedibili da parte di britannici, olandesi, svedesi, e forse polacchi e altri paesi dell'Est. La Commissione ha tuttavia un'altra arma a sua disposizione: la possibilità di ricorrere a una cooperazione rafforzata fra gli Stati membri favorevoli, che permetterebbe ai paesi contrari di non applicare la tassa.
Un'altra possibilità è che la misura venga attuata solo nell'Eurozona e non in tutta l'Ue a 27. Germania e Belgio si sono già detti favorevoli, eventualmente, a questa soluzione.
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