28 marzo 2024
Aggiornato 13:00
Il Ministro Sacconi chiede aiuto alle parti sociali

Il Governo in pressing sulle pensioni

Per Emma Marcegaglia è incredibile che con questa crisi ci sia ancora chi va in pensione a 58 anni. Lamonica (Cgil): «Non toccate le pensioni»

ROMA - «Le parti sociali dovrebbero parlare tra di loro di lavoro e pensioni. Se fossero capaci di trovare un punto di incontro sulle pensioni aiuterebbero il governo». Lo ha affermato il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. «Il governo – ha aggiunto- da un lato ha riformato il sistema producendo equilibrio a regime ma ha ritenuto di lasciare mobile l'esigenza di un punto di incontro tra sostenibilità sociale e sostenibilità finanziaria. Sarebbe utile un avviso comune tra le parti sulle transizioni».

Sacconi: «Sulle pensioni il Governo cerca un auto dalle parti sociali» - Il governo al momento è impegnato a «lavorare sulla crescita» a partire «dalle infrastrutture. E non c'è altro». Così il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha risposto a chi gli chiedeva se il governo possa intervenire in materia di pensioni. Tuttavia il ministro ha invitato le parti sociali a «un avviso comune» sulle pensioni, su quelle parti che riguardano quelle che il ministro stesso ha definito «transizioni»: l'età di pensione delle donne, il contributivo, l'anzianità e l'aspettativa di vita.

Marcegaglia: «Ecco 5 punti per risparmiare» - Nella manovra del Governo, «non c'è niente che riduca la spesa dello Stato». Con questa premessa, il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ha illustrato agli imprenditori toscani riuniti a Firenze, i punti chiave di «un documento che dica quali sono per noi le riforme da fare». In primo luogo, c'è l'obiettivo della «riduzione della spesa pubblica». Per Marcegaglia, non servono «i tagli lineari, ma bisogna guardare alle singole cose, costo per costo».

Cominciamo con le pensioni - Viene poi la «riforma delle pensioni». «Non è possibile - ha ribadito - che un Paese con i problemi che abbiamo noi, mandi le persone in pensione a 58 anni, con assegni molto alti, mentre domani i giovani ci andranno a 70 anni se non di più, con assegni pari alla metà di adesso. Non è possibile». Sempre nell'ambito del secondo punto, il rapporto tra fisco e impresa: «dobbiamo abbassare il cuneo contributivo fiscale, a partire proprio dai giovani», ha detto Marcegaglia, che lancia un appello per «iniziative serie e concrete». La riforma delle pensioni, quindi, «non deve penalizzare i giovani».

Vendiamo il patrimonio pubblico e liberalizziamo i servizi - Per ridurre la spesa pubblica, ha continuato Marcegaglia, «cominciamo a vendere patrimonio pubblico, questo può essere utilizzato per abbassare il debito e levare l'ingerenza del pubblico nell'economia». E' urgente poi «un piano di privatizzazioni e di liberalizzazioni serio». «Nell'ultima manovra - ha accusato Marcegaglia - sono stati citati alcuni capitoli sulle liberalizzazioni, ma se andiamo a vedere cosa c'è, non c'è niente». Inaccettabile, per il presidente di Marcegaglia che esistano ancora «le tariffe minime: non è giusto che ci sia un pezzo del paese che lavora nel libero mercato e un altro pezzo che è protetta e ha le tariffe minime e scarica sugli altri i proprio costi». Quanto alla «liberalizzazione dei servizi pubblici locali, tutto questo aiuterebbe a far crescere l'economica del Paese».

Ci vuole un grande piano per le infrastrutture - Il quinto e ultimo punto, le infrastrutture. Il presidente di Confindustria ha chiesto di «levare i vincoli burocratici e di testa che impediscono a investimenti magari già finanziati da pubblico e privato».

Lamonica (Cgil): «Non toccate le pensioni» - Per la confederazione di corso d'Italia, un intervento sulle pensioni «sarebbe comunque inaccettabile anche perché già la situazione risulta al limite della tollerabilità, con la maggioranza dei pensionati che possono godere di rendite previdenziali molto basse, migliaia di giovani che oggi lavorano con contratti precari che rischiano di non poter mai avere una pensione, profonde discriminazioni di genere tra lavoratori e lavoratrici e tra italiani e immigrati.
In particolare, afferma Vera Lamonica, segretario confederale della Cgil, «per le donne sia dei settori pubblici che ora di quelli privati si profila un netto innalzamento dell'età previdenziale. Fatta la somma di tutti gli interventi finora approvati (finestra mobile, legame automatico del pensionamento con l'aspettativa di vita), le lavoratrici dipendenti, nell'arco dei prossimi dieci anni, andranno in pensione dopo i 65 anni. Le lavoratrici dipendenti raggiungeranno 65 anni e 6 mesi del 2022, mentre nel 2031 andranno in pensione a 68 anni e 2 mesi».