29 marzo 2024
Aggiornato 13:30
Il Portavoce del Ministro: «Nessun colloquio con il leader del PD»

Tremonti parla con Bersani, ma il Pdl fa muro sull'art. 8

Uno dei fedelissimi di Berlusconi: «O il Ministro accetta linea o se ne va». Cazzola: «Norma innovativa». Marcegaglia: «La norma è coerente con l'accordo 28 giugno». Fassina (Pd): «Il Parlamento corregga l'estremismo di Sacconi»

ROMA - Per il portavoce del premier Paolo Bonaiuti sono «romanzati» gli articoli che parlano di scontro tra Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti, ma di sicuro le reazioni del Pdl al colloquio del ministro con il leader del Pd sono state tutt'altro che pacate. L'ipotesi di un'apertura ai democratici sull'articolo 8 del decreto di finanza pubblica, quello odiato dalla Cgil e che di fatto consentirebbe agli accordi aziendali di derogare a tutte le altre normative, ha fatto saltare sulla sedia Maurizio Sacconi e il resto del Pdl e, raccontano, lo stesso segretario Angelino Alfano avrebbe alzato il telefono per parlare con il ministro e capire come stavano le cose. Alla fine, il portavoce del ministro smentisce «colloqui riservati», testimoniati invece da Bersani: «Ho parlato con Tremonti, e sull'articolo 8 non si è chiuso». E Berlusconi, conversando con i suoi, avrebbe fatto capire che stavolta non accetterebbe trattative su questo.

Il premier, spiegano, è convinto di avere ormai in tasca l'intesa con la Lega - aumento dell'Iva in cambio della riduzione dei tagli agli enti locali e contributo di solidarietà solo per i redditi da 150-180mila euro - e non ha alcuna intenzione di aprire altri capitoli. Bonaiuti ha spiegato: «L'intesa è vicina sarà perfezionata, con tutta probabilità dopodomani da Berlusconi e da Bossi nel loro incontro». E uno dei fedelissimi di Berlusconi ha aggiunto: «O Tremonti lunedì accetta, o va a casa». Di fatto, un'inversione del ritornello che per tanto tempo ha accompagnato i vertici di Governo, quello delle dimissioni minacciate dal ministro dell'Economia.

Oggi, il primo ad alzare il fuoco di sbarramento è stato Sacconi, «padre» dell'articolo 8. «Bersani non può chiedere al solo Tremonti, che peraltro ha contribuito alla elaborazione della norma, di togliere l'articolo 8 della manovra». Frasi rivolte al segretario Pd perché Tremonti capisse. E, poco dopo, altri si sono premurati di essere ancora più espliciti: «La supermanovra di ferragosto non brilla certo per i suoi contenuti riformisti», ha detto Giuliano Cazzola, Pdl. «Se qualcuno, quindi, fosse disponibile ad accontentare il Pd darebbe luogo ad un serio dissenso nel partito». Stessa linea del vice-capogruppo in Senato Gaetano Quagliariello: «L'articolo 8 e la contrattazione decentrata a livello aziendale rientrano per noi nella categoria dei principi non negoziabili. E' dunque del tutto inutile che Bersani ne chieda l'eliminazione».

Un no su tutta la linea, insomma, alla presunta apertura di Tremonti a Bersani. Apertura, del resto, che non servirebbe ad ottenere la convergenza del Pd sul provvedimento visto che, assicurano i democratici, «Bersani non ha nessuna intenzione di fare patti con Tremonti o con chicchessia...».

Alla fine, in serata è arrivata la precisazione del ministero dell'Economia: «Oggi il professor Tremonti è andato a Rimini per parlare di Europa, solo di Europa e ha parlato solo di Europa. Non ha avuto - ha spiegato il portavoce - colloqui 'riservati' e non ha parlato assolutamente di manovra. Il ministro Tremonti di manovra e sulla manovra parlerà lunedì. Ogni altra 'notizia' è infondata». Precisazione accolta con sarcasmo dal capogruppo Pdl in Senato Maurizio Gasparri: ««Avendo il ministro Tremonti un ottimo portavoce non si può non credere alla sua smentita. Del resto grazie al segretario e ai coordinatori e ai gruppi parlamentari il Pdl ha sviluppato un eccellente dibattito sulla manovra, offrendo al presidente Berlusconi considerazioni che illustreremo lunedì alla riunione».
Si tratta di vedere come si presenterà il ministro lunedì: l'aumento dell'Iva, ormai dato per scontato, lo lascia perplesso perché, di fatto, era già stato previsto a copertura di eventuali mancati introiti dalla delega fiscale.

Cazzola: «L'Articolo 8 non si tocca, norma innovativa» - L'articolo 8 del decreto di finanza pubblica non si tocca. Giuliano Cazzola, vice presidente della Commissione Lavoro della Camera e coordinatore della Consulta del lavoro del Pdl, ha replicato così al Pd, avvertendo che se qualcuno nella maggioranza pensasse di accogliere la richiesta dei democratici si scontrerebbe con il dissenso di molti nel Pdl: «Non costringeteci a dire Non possumus. La supermanovra di ferragosto non brilla certo per i suoi contenuti riformisti. Se qualcuno, quindi, fosse disponibile ad accontentare il Pd che, per conto della Cgil (la sola organizzazione che si è dichiarata contraria alla norma), ha chiesto la soppressione dell'articolo 8, si assumerebbe la responsabilità di impoverire gravemente il decreto, essendo tale articolo uno dei pochi di contenuto innovativo. E darebbe luogo ad un serio dissenso nel partito. Ovviamente, insieme alle parti sociali riformiste, è sempre possibile migliorare il testo, ma è inaccettabile l'ostracismo menzognero con cui è stato accolto».
Secondo Cazzola, «tra i tanti aspetti che affronta l'articolo 8 non toglie diritti a nessuno; conferma che, per essere legittimo, il licenziamento deve rispondere a un giustificato motivo o ad una giusta causa. Consente soltanto alle parti sociali, in determinati casi, di negoziare sugli effetti del licenziamento giudicato illegittimo, essendo, tanto la reintegra nel posto di lavoro quanto il risarcimento del danno, delle modalità della tutela (vigenti nell'attuale ordinamento), come tali derogabili».
«Quanto alla norma sul caso Fiat - ha concluso Cazzola - è inammissibile che, per mera ritorsione politica, l'accordo del 28 giugno (un fatto estremamente positivo) abbia escluso gli accordi intervenuti negli stabilimenti del gruppo, quando proprio i problemi sollevati dalla Fiat avevano dato luogo sia al negoziato che all'accordo interconfederale».

Marcegaglia: «La norma è coerente con l'accordo 28 giugno» - L'articolo 8 «è coerente con l'accordo del 28 giugno». Lo ha detto il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, a margine del Premio Capalbio Europa 2011.
«L'elemento importante - ha sottolineato la leader di Confindustria - è il recupero della produttività che si ottiene con una maggiore centralità della contrattazione aziendale. E la norma dell'articolo 8 - ha ribadito - è coerente con quanto fatto l 28 giugno perché dà la possibilità alle parti di gestire più flessibilità. Noi la vediamo in questo modo - ha concluso - la norma deve rimanere e va gestita in continuità con l'accordo, e insieme ai sindacati firmatari».

Fassina (Pd): «Il Parlamento corregga l'estremismo di Sacconi»i» - Il Parlamento deve «correggere l'estremismo di Sacconi». Lo ha chiesto il responsabile economia e lavoro del Pd Stefano Fassina: «Il ministro Sacconi cerca coperture improbabili alla linea d'attacco all'unità sindacale e alle condizioni dei lavoratori dopo aver subìto l'accordo del 28 giugno. L'articolo 8 del decreto, per evidenti finalità politiche, tenta di far saltare la convergenza tra le parti sociali dopo che esse hanno chiesto, tutte insieme, discontinuità nella politica economica e dopo che alla vigilia dell'emanazione del decreto hanno chiesto, tutte insieme, di non intervenire sulla materia appena regolata unitariamente».
«Soltanto la strumentalità del ministro Sacconi - ha aggiunto Fassina - può considerare 'uno sviluppo dell'accordo del 28 giugno' l'affidamento della contrattazione di secondo livello a generiche rappresentanze aziendali, ossia a sindacati aziendali di comodo, sganciati dalle confederazioni nazionali, senza alcun riferimento alla validazione democratica degli accordi, ma al solo fine di scavalcare il contratto nazionale, in una devastante concorrenza al ribasso sulle condizioni di lavoro. Auspichiamo che il Parlamento, sulla base delle riflessioni ascoltate da tutte le parti sociali, raccolte anche dagli emendamenti del Pd, corregga nell'interesse del Paese, dei lavoratori e delle imprese, l'estremismo ideologico del ministro del Lavoro e confermi l'impianto dell'accordo del 28 giugno».