Fassina: «Sacconi è un vigliacco». Quagliariello: «Parole intimidatorie»
Il responsabile economico del PD: «Norme sul lavoro vanno stralciate dal Decreto». Cicchitto: «Le parole di Fassina evocano gli anni 70 e 80»
ROMA - «Tra i principali punti di grave iniquità sociale presenti nella Manovra di Ferragosto ci sono le norme sulla regolazione del mercato del lavoro e sulle relazioni industriali. Il Ministro Sacconi, vigliaccamente, approfitta dell'emergenza di finanza pubblica per portare a compimento un ulteriore colpo ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici».
E' quanto ha affermato Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro della segreteria Nazionale del Pd.
«Competizione al ribasso» - «Le norme introdotte da Sacconi contraddicono l'accordo del 28 Giugno in quanto non solo danno copertura retroattiva al contratto Fiat, ma dispongono l'alternatività tra contratto aziendale e contratto nazionale. È particolarmente preoccupante nel testo di Sacconi - ha chiarito Fassina - il riferimento generico alle rappresentanze aziendali senza specificare che si tratti di Rsu. Vuol dire incentivare sindacati territoriali di comodo per scavalcare il contratto nazionale e aprire alla competizione al ribasso sulla pelle dei lavoratori. É il disegno reazionario che il Ministro porta avanti sin dall'inizio della legislatura, avviata con la cancellazione della norma contro le dimissioni in bianco e proseguita con il famigerato «Collegato lavoro».
«Siamo in una fase - ha aggiunto Fassina - in cui un governo che fa appello all'unità per salvare il Paese dovrebbe valorizzare le iniziative unitarie delle parti sociali. Invece, il Ministro Sacconi, per cieco estremismo ideologico, dopo aver subito l'accordo unitario del 28 giugno, fa di tutto per far saltare il tavolo unitario delle parti sociali. Le norme sul lavoro vanno stralciate dal decreto e riconsegnate all'autonomia delle parti sociali. Stupisce - ha concluso Fassina - che i più convinti firmatari dell'accordo del 28 giugno si accodino alla pesante ingerenza di Sacconi o tacciano di fronte ad un precedente molto pericoloso».
Quagliarello: «Da Fassina parole intimidatorie» - «Oltre a non cogliere il potenziale innovativo che le misure introdotte nella manovra economica hanno per il mercato del lavoro, soprattutto nel Mezzogiorno, le dichiarazioni insultanti e intimidatorie di Stefano Fassina nei confronti del ministro Sacconi rievocano tempi che per il nostro Paese rappresentano una triste memoria. Se intende avviare in Parlamento un dibattito responsabile e costruttivo, il Pd farebbe bene a prenderne immediatamente le distanze». Lo ha dichiarato Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario del PdL al Senato.
Gasparri: «Attendiamo le scuse a Sacconi» - «Noi siamo aperti al confronto, ma non possiamo tollerare parole violente come quelle di un esponente marginale del Pd, che evidentemente si vuol far notare con un linguaggio inaccettabile. Speriamo che questa aggressione non sia sfuggita al Presidente Napolitano e attendiamo le scuse a Sacconi da parte di Bersani. Su questi temi troppe volte dopo parole deliranti sono seguiti atti tragici». Non ha usato mezzi termini il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, nel commentare le parole usate dell'esponente Pd Stefano Fassina nei confronti del ministro Maurizio Sacconi.
Cicchitto: «Le parole di Fassina evocano gli anni 70 e 80» - «Il termine vigliaccamente usato dall'onorevole Fassina evoca un linguaggio degli Anni Settanta e Ottanta che ha avuto conseguenze drammatiche nel nostro Paese».
Lo ha affermato il capogruppo Pdl alla Camera dei Deputati commentando le parole usate dall'esponente del Pd nei confronti del ministro Maurizio Sacconi.
Cazzola: «Clima di scontro» - «Stefano Fassina ha il diritto di criticare le scelte del Governo. Ma quando le critiche diventano un insulto si esce da una corretta dialettica politica e si contribuisce a creare un clima di scontro senza principi in cui tutto può succedere. Il ministro Maurizio Sacconi non e’ – come afferma a sproposito Fassina – un vile che approfitta della crisi per colpire i diritti dei lavoratori. Sacconi difende sempre a testa alta e in prima persona le scelte innovatrici che ha compiuto e compie d’accordo con tutte le parti sociali, compresa la Cgil, quando questa organizzazione non si sottrae al confronto», dice invece Giuliano Cazzola, anche lui parlamentare del Pdl. «Il ministro - aggiunge Cazzola - avrebbe avuto la possibilità di attenersi alle indicazioni della Bce e rivedere l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori in tema di licenziamento. Non lo ha voluto fare rimettendo solo la questione degli effetti del recesso al negoziato tra le parti sociali allo scopo di tenere il più possibile conto degli interessi concreti dei lavoratori in particolari condizioni settoriali e locali. Questa soluzione, largamente condivisa da sindacati attenti al mondo del lavoro, non e’ negoziabile durante la conversione in legge del decreto.
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