16 aprile 2024
Aggiornato 08:30
Il presidente di Confagricoltura Mario Guidi

«Ho mangiato cibo ogm e dopo un anno sto benissimo»

Allarme per la frenata della ricerca in agricoltura nel nostro paese: «Siamo sempre più dipendenti dall’estero»

ROMA - «Non vorrei sembrarvi uno di quegli empirici sperimentatori che provavano su di sé medicamenti e pozioni. Al massimo posso essere una specie di cavia cosciente, che oltre un anno fa ha assaggiato un’ottima polenta preparata con mais Ogm e a tutt’oggi sta benissimo».
Mario Guidi, presidente di Confagricoltura, risponde con ironia a chi, nel corso della giornata di convegni «La scienza in campo» alla Fiera di Milano, gli domanda se assaggerebbe un piatto a base di Ogm».

Guidi avverte: «Bisogna essere onesti e spiegare ai consumatori che parlare di Italia Ogm free è raccontare una favola, visto che importiamo milioni di tonnellate di prodotti geneticamente modificati destinati all’alimentazione di quegli animali di cui mangiamo le carni e beviamo il latte. Esattamente come si fa in tutto il resto del mondo, perché le grandi produzioni di mais e soia, base per i mangimi vengono realizzate dove gli Ogm sono la regola dell’agricoltura e noi li importiamo perché non abbiamo coltivazioni sufficienti, e sufficientemente remunerative, per rispondere al fabbisogno nazionale.
Così avviene anche per la maggior parte dei prodotti trasformati su scala globale che contengono mais, soia o i loro derivati. E poi ricordiamoci che anche le normative europee assegnano alla presenza di Ogm nei cibi una soglia di tolleranza, che, in ogni caso, non è pari allo zero. La conclusione è che in Italia gli Ogm si possono mangiare ma non coltivare, così abbiamo il danno di non essere competitivi e la beffa di essere illusi».

E un’altra beffa si consuma ai danni della ricerca: «Tutti – fa presente il presidente di Confagricoltura - hanno coscienza che un miliardo di persone denutrite ha bisogno di mangiare e che obiettivo più immediato è quello di aumentare in modo sostenibile la produttività dell’agricoltura. I risultati della ricerca scientifica ci dicono che il settore è in grado di soddisfare questa richiesta ed altre relative alle bioenergie, ai biomateriali, alla riduzione dei gas serra. E mentre tutto ciò accade – sottolinea Guidi - in Italia, da circa dieci anni non si fanno più ricerche sulle biotecnologie per l’ agricoltura. Eppure a livello di risorse scientifiche le condizioni per rilanciare un’eccellente tradizione di biotecnologia agraria nel nostro Paese ci sono tutte e voglio ricordare che, proprio grazie a questa continuità di ricerca la produzione agricola media italiana è incrementata di 2,5 volte negli ultimi quarant’anni, a fronte di una significativa riduzione della superficie coltivabile».

«Quel che manca – conclude il presidente di Confagricoltura - è la consapevolezza del valore strategico della ricerca in agricoltura, pesantemente testimoniata dai pessimi dati sulla marginalità dell’Italia rispetto agli altri paesi dell’Ocse nella proporzione di brevetti posseduti e richiesti, ossia sulla nostra crescente dipendenza dall’estero nello sfruttamento delle licenze e dei brevetti per coltivare le nostre terre».