19 aprile 2024
Aggiornato 04:30
Aspettando Vinitaly: continua il dibattito sul mercato interno

Vino, promuovere il made in italy in Italia

Questa la ricetta per vendere di più... anche all’estero. Export e mercato interno sono le facce della stessa medaglia

VERONA – «Siamo esterofili nel giudicare, ma regionalisti nell’operare», lo dice Carlotta Pasqua, presidente di Agivi, l’Associazione dei giovani imprenditori vinicoli italiani. «Dobbiamo invece continuare ad investire nel mercato italiano valorizzando la qualità dei vini del territorio e coltivando la cultura del bere bene, ma anche imparare a misurarci con il resto del mondo».
La sua ricetta per uscire dal momento di empasse che caratterizza il mercato enologico italiano, forte all’estero ma in affanno all’interno dei confini nazionali, è condivisa dai protagonisti della terza serie di interviste a istituzioni di categoria, produttori, comunicatori, operatori della distribuzione, pubblicitari/esperti di costume realizzate da Vinitaly (7-11 aprile 2011). Il dibattito sul calo dei consumi interni proposto dal più importante Salone internazionale dedicato al vino coinvolge questa settimana, oltre a Carlotta Pasqua, Gianni Zonin della Casa Vinicola Zonin, il giornalista Franco Ziliani, Massimo Perini category marketing manager di Unes e Roberto Racca consulente marketing del settore vino.

Il confronto, pubblicato sul sito www.vinitaly.com è aperto ai commenti e verte su tre domande.
Può il Paese primo produttore vivere di solo export, con i rischi rappresentati dalle fluttuazioni monetarie e dalle agguerrite politiche di marketing e distribuzione dei competitori dei cosiddetti Nuovi Mondi?
Il gap del mercato italiano è di natura economica, culturale o è un problema di comunicazione?
Perché al contrario il trend dell'export è in crescita?
Secondo Pasqua occorre «riportare l’attenzione sul mercato interno, occupandoci seriamente di filiera, qualità, consumi e prezzi», perché se è vero, come dice Franco Ziliani, che i vini «di maggiore blasone avrebbero problemi di sopravvivenza senza l’export... di troppo export si può anche morire».
Per questo, dice Massimo Perini, bisogna «mettere in atto qualche strategia di promozione/formazione per salvaguardare il mercato italiano», superando il gap della mancanza di «una comunicazione strutturata, che da un lato crei cultura e dall’altro promuova adeguatamente il vino».
«Soprattutto tra i giovani è necessario diffondere la cultura del vino e il suo consumo consapevole, per distinguerlo dagli spirits», dice Gianni Zonin che aggiunge: «La promozione, oltre che dai produttori, deve essere sostenuta dalle istituzioni preposte».
Serve una comunicazione meno autoreferenziale, che miri «ad avvicinare le nuove generazioni e il target femminile», dice Roberto Racca consulente marketing del settore vino. Senza dimenticare che «essere profeti in patria dà riconoscibilità anche nei confronti dei tanti stranieri che visitano ogni anno il nostro Paese».