23 agosto 2025
Aggiornato 05:30
Agricoltura & Immigrazione

7mila imprese agricole gestite da extracomunitari

E' quanto segnala la Cia-Confederazione italiana agricoltori

ROMA - Sono circa 7 mila le imprese agricole condotte dagli extracomunitari. In pratica, l'1,2 per cento del totale. A gestirle sono soprattutto tunisini, marocchini, albanesi, montenegrini, macedoni e serbi. Ad essi si affiancano oltre 92 mila lavoratori dipendenti sempre extracomunitari (di cui 18.000 a tempo indeterminato e 74.000 a tempo determinato), che provengono in particolare dal Marocco, dall'India, dal Pakistan, dalla Tunisia, dall'Albania.

Oltre il 40 per cento sono impiegati nella produzione delle colture arboree e nella raccolta della frutta, il 30 per cento nella raccolta di ortaggi e pomodori, il 14 nell'allevamento di bestiame (specialmente negli allevamenti di bovini da latte), i restanti nell'agriturismo e nella vendita dei prodotti agroalimentari. E' quanto segnala la Cia-Confederazione italiana agricoltori in relazione ai fatti di Rosarno sulla base dei dati contenuti nel recente rapporto dell'Istituto nazionale di economia agraria (Inea) proprio sul lavoro nelle campagne degli immigrati.

In poco meno di dieci anni, sottolinea la Cia, il numero delle imprese agricole in Italia condotte da extracomunitari è cresciuto di oltre il 40 per cento, mentre circa il 70 per cento degli immigrati (tre su quattro) è inquadrato con contratti regolari, con punte del 91 per cento al Nord e dell'80 per cento al Centro. La presenza di lavoratori extracomunitari nell'agricoltura italiana è concentrata - come rileva lo stesso rapporto Inea - nell'Italia del Nord, in particolare in Trentino, Emilia Romagna e Veneto. Percentuali elevate si registrano anche nel Sud, in particolare Campania, Puglia e Calabria. Numeri che portano la stessa Cia a definire i lavoratori extracomunitari «una risorsa importante per l'agricoltura, specialmente per i lavori stagionali. Per questa ragione - si sottolinea - bisogna fare massima chiarezza nell'immigrazione. E' indispensabile, quindi, che si intervenga per modificare l'attuale legge Bossi-Fini che non ha finora rappresentato la risposta più efficace».