4 maggio 2024
Aggiornato 18:30

Usa, oggi Obama presenta piano auto, con «drastici cambiamenti»

La squadra di Rattner lavora su Gm e Chrysler: «è come cubo Rubik»

WASHINGTON - Ultime ore per varare un secondo, sostanzioso, round di aiuti per salvare General Motors e Chrysler. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che annuncerà oggi le prime misure, subito prima di volare in Europa per il vertice G20, non nasconde che Washington chiederà importanti contropartite ai costruttori di Detroit. Dovranno fare «cambiamenti abbastanza drastici», ha detto il presidente durante la conferenza stampa online di giovedì sera cercando di rassicurare un'opinione pubblica sempre più preoccupata dai costi del salvataggio a carico dei contribuenti. «Gli daremo altri aiuti e so che non è molto popolare aiutare i lavoratori dell'auto o le loro aziende: ma il mio lavoro è quello di raffrontare il costo di lasciare crollare queste aziende rispetto a quello di capire se possono presentare un piano redditizio. E - ha avvertito Obama - se non vorranno approntare i cambiamenti e le ristrutturazioni necessari io non permetterò che i soldi dei contribuenti li rincorrano».

Ieri lo stesso presidente Barack Obama, intervistato dell'emittente televisiva americana Cbs ha comunque sottolineato che General Motors e Chrysler non hanno fatto ancora abbastanza per convincere l'Amministrazione della necessità di nuovi aiuti finanziari. Obama si è detto fiducioso sul futuro del settore automobilistico statunitense ma ha sottolineato come le aziende debbano essere meglio gestite per poter sopravvivere alla crisi ed emergerne più competitive.

140 mila posti di lavoro - La posta in gioco è altissima. In ballo ci sono i 140 mila posti di lavoro di Gm e Chrysler e quelli legati agli oltre 10 mila concessionari del Paese, oltre a una buona fetta della base industriale del Midwest. Dallo scorso mese di dicembre le due società hanno ricevuto finanziamenti federali per 17,4 miliardi di dollari (oltre 13 miliardi di euro) e hanno richiesto altri 22 miliardi.

Le chiavi degli aiuti sono nelle mani della task force guidata da Steven Rattner, un ex giornalista diventato poi banchiere d'investimento, che risponde al segretario al Tesoro Geithner e al capo dei consiglieri economici della Casa Bianca Lawrence Summers. Rattner non nasconde la difficoltà del suo compito e una relativa inesperienza del settore auto. «E' come risolvere un cubo di Rubik quando si cerca di sbloccarlo e di allineare tutti i colori», ha dichiarato al Wall Street Journal. «Così abbiamo imparato molto su come lavorano i concessionari di automobili, come vengono pagate le case automobilistiche quando vendono loro una vettura e perchè esistono più rivenditori di un numero ottimale. Abbiamo imparato tutto? Certo che no, ma penso che stiamo imparando quello di cui abbiamo bisogno per apprendere questo lavoro».

La task force guidata da Rattner sta passando al setaccio anche tutti i dettagli dell'alleanza che Chrysler e Fiat vogliono mettere in piedi con la richiesta di alcune modifiche da apportare allo schema proposto, come ha riportato ieri il Wall Street Journal citando due partecipanti all'ultimo incontro di mercoledì scorso. Un dialogo che, comunque, sta proseguendo positivamente, ha voluto puntualizzare venerdì scorso l'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne smentendo le voci di perplessità del Lingotto che erano state riportate dallo stesso giornale: «Abbiamo apprezzato molto - ha detto Marchionne - lo scambio avuto con loro, penso sia stato un dialogo costruttivo. Impressionante la qualità dell'impegno che ci sta mettendo la task force del presidente Obama, non ho mai visto un impegno simile a livello europeo per salvare un'azienda. Contrariamente a quanto riportato dal Wall street Journal quindi, - ha concluso Marchionne - farei loro i complimenti, non critiche».

Situazione patrimoniale - Un altro nodo sostanziale per sbloccare i nuovi aiuti di Washington a General Motors e Chrysler è quello del debito in capo alle due società. L'amministrazione Usa può infatti revocare i finanziamenti alle aziende di Detroit se queste non dovessero riuscire a raggiungere un accordo per la ristrutturazione del debito entro il prossimo 31 marzo. Tra ie clausole del finanziamento, infatti, c'è anche quella che gli obbligazionisti (Gm deve loro ben 28 miliardi di dollari mentre Chrysler deve 7 miliardi, principalmente a banche) accettino azioni delle case automobilistiche fino a due terzi di tali importi. E anche al sindacato dei lavoratori dell'auto Uaw è richiesto un sacrificio simile fino al 50% dei contributi in contanti che le due case automobilistiche ricevono per l'assistenza sanitaria dei lavoratori in pensione. In tali fondi Gm ha attualmente un debito di 20 miliardi di dollari mentre quello di Chrysler è pari a 10,6 miliardi.

Tra i tasselli del piano-Obama per l'auto c'è anche quello dei consumi delle automobili. Detroit, ha detto giovedì sera il presidente Usa, non può continuare «a cercare di costruire sempre più Suv contando su du un basso livello dei prezzi petroliferi». E la Casa Bianca, proprio per questo, si accinge a varare per la prima volta da vent'anni standard di efficienza energetica più severi, con un aumento di 2 miglia di percorrenza al gallone a 27,3 miglia al gallone per i modelli di auto e veicoli commerciali leggeri a partire dal 2011 (con un livello minimo richiesto di 30,2 miglia per gallone per le auto e di 24,1 miglia per i minivan). Obama, ha riferito il suo portavoce Robert Gibbs, resta convinto che i costruttori Usa producano ancora veicoli che gli americani vogliono comprare. Il presidente e il suo portavoce hanno dato l'esempio: entrambi posseggono una Ford Escape ibrida prodotta negli Usa.