31 luglio 2025
Aggiornato 22:30

Crisi, Coldiretti: per la prima volta americani tornano in campagna

Nate 300mila nuove imprese agricole negli ultimi 5 anni

Per la prima volta si inverte il trend che ha portato allo spopolamento delle campagne con il censimento statunitense che fa registrare un aumento delle aziende agricole americane del 4 per cento negli ultimi cinque anni. Lo rende noto la Coldiretti secondo i dati che saranno presentati al primo vertice mondiale degli agricoltori dei Paesi appartenenti al G8, il «G8 Farmers Meeting».

Secondo il dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti, un numero crescente di americani si sta trasferendo nelle campagne con la conseguente apertura di circa 300mila nuove aziende agricole, dal 2002 ad oggi, che - sottolinea la Coldiretti - si caratterizzano per dimensioni più contenute, produzioni diversificate e per una presenza maggiore di giovani che svolgono anche una seconda attività.

Complessivamente negli Usa sono ora attive 2,2 milioni di aziende agricole, ma nel corso dei cinque anni è aumentato del 30 per cento il numero di donne imprenditrici che sono ora 306.200. Il numero di agricoltori di origine ispanica e' cresciuto del 10 per cento, così come quello di neri o di asiatici, anche se in misura inferiore. Oggi l'agricoltore medio americano e' - riferisce la Coldiretti - un maschio bianco 57enne che coltiva 418 acri (169,16 ettari) e genera 135.000 dollari di vendite agricole. Ma gli agricoltori americani stanno cambiando. La maggior parte delle aziende agricole statunitensi si dedica all'allevamento o alla produzione agricola, ma un numero crescente si incentra su attività di nicchia, come la vendita ai farmers' market, la produzione energetica o quella biologica. Nel 2007, le aziende bio erano 18.200, contro le 12.000 del 2002, con un aumento del 52 per cento.

Si tratta di una tendenza che - sostiene la Coldiretti - è stata interpretata nel programma per l’agricoltura definito dal nuovo presidente degli Stati Uniti Barack Obama che si è posto l’obiettivo di «incoraggiare i giovani a diventare agricoltori», ma anche di «sostenere l'agricoltura locale», «sostenibile» e «biologica», «promuovere le energie rinnovabili», «assicurare la copertura della banda larga nelle aree rurali», «migliorare le infrastrutture nelle campagne» ed «estendere l'obbligo di indicare l'origine degli alimenti in etichetta per consentire di distinguere il proprio prodotto da quello importato».

Gli Stati Uniti sono autosufficienti dal punto di vista di tutte le colture e destinano all’export una grande quantità di prodotto, in special modo grano e cotone. Gli USA sono anche importatori di alcuni prodotti dal Canada e dal Messico. La garanzia della sicurezza alimentare a livello mondiale è l’obiettivo della delegazione statunitense per il G8 degli agricoltori a Roma. La nostra organizzazione propone che si crei una riserva globale di cereali a scopo alimentare e animale da utilizzare in caso di carestie e aumenti estremi dei prezzi, come accaduto di recente, dice Robert L. Carlson, Direttore delle relazioni internazionali della National Farmers Union (NFU). Le riserve dovrebbero essere riempite quando gli stock mondiali sono elevate e i prezzi bassi, per essere utilizzate quando gli stock sono bassi e i prezzi alti. Tale sistema potrebbe aiutare a proteggere sia gli agricoltori, sia i consumatori. Vogliamo anche sostenere - conclude Carlson - un aumento degli aiuti alimentari da parte delle nazioni del G8 verso i Paesi più poveri e malnutriti.