Riforma dello sciopero, ora si cambia
Una riforma di civiltà, che tutela i cittadini e gli stessi lavoratori spesso ostaggio di minoranze oltranziste, ed equipara l’Italia a tutti gli altri paesi del mondo
Il Consiglio dei ministri ha approvato la riforma dello sciopero nei trasporti. Un disegno di legge delega (il governo ha un anno di tempo per renderla operativa) che mette fine alle agitazioni selvagge indette da pochi a danno di molti. Una riforma di civiltà, che tutela i cittadini e gli stessi lavoratori spesso ostaggio di minoranze oltranziste, ed equipara l’Italia a tutti gli altri paesi del mondo, a cominciare dalle democrazie scandinave, patria dei diritti civili. Riforma sulla quale il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha ottenuto l’assenso di Cisl, Uil e Ugl, mentre la Cgil minaccia al solito opposizione dura. Ed occasione persa, ancora una volta, dal Pd: Pietro Ichino, docente di diritto del lavoro, era stato eletto in Senato proprio per le sue idee riformiste sulla materia: «Ma» ha dichiarato «sulla scelta del partito hanno influito il quadro politico generale e il nostro difficile momento».
Vediamo punto per punto cosa cambia.
«Diritto alla mobilità e alla libertà di circolazione». La riforma afferma un principio nell’interesse della collettività: garantire ai cittadini il diritto alla mobilità e alla libertà di circolazione. Va infatti ricordato che la riforma riguarda i trasporti, dove a soffrire dei disagi non è soprattutto una controparte padronale, ma gente comune ed altri lavoratori.
Scioperi solo con il 50%. Perché lo sciopero sia legittimo dovrà essere proclamato da sindacati che rappresentino almeno il 50% dei dipendenti. È una norma che mette fine alle agitazioni selvagge indette da sigle con poche decine di addetti, ma che in tutti questi anni sono riuscite a mettere in ginocchio soprattutto il trasporto aereo e ferroviario: un pugno di controllori di volo, di operai dello scarico bagagli, di segnalatori, finora ha potuto paralizzare aeroporti e stazioni, con danno sia per i viaggiatori sia per gli altri lavoratori non scioperanti.
Chi sciopera dovrà dichiararlo. Altra norma fondamentale: nessuna limitazione del diritto, ma – come nelle aziende private – ogni singolo lavoratore dovrà preventivamente comunicare l’adesione allo sciopero. Questo per evitare le furbizie (ripetute) di scioperi proclamati da chi poi si presenta egualmente al lavoro, ottenendo il danno a salvando la busta paga.
Lo sciopero virtuale. Importante novità, la possibilità di indire scioperi virtuali: i lavoratori proclamano l’agitazione, garantiscono egualmente il servizio presentandosi al lavoro, la decurtazione che subiscono si somma ad una quota aziendale ed il tutto viene devoluto in beneficenza o in solidarietà.
Ricerca del massimo consenso. Lo strumento scelto – disegno di legge con delega al governo – è indicativo di come il governo abbia deciso di intervenire non contro i lavoratori ma ricercando il più ampio consenso. Negli ultimi mesi l’esecutivo ha consultato tutte le sigle sindacali ricevendo il via libera dalla Cisl, dalla Uil e dall’Ugl. Ed ottenendo un minaccioso no dalla Cgil: «Ci opporremo ora e dopo» dice Guglielmo Epifani. «Il governo stia molto attento perché si tratta di una materia costituzionalmente garantita».
Costituzione sì, ma inattuata. Peccato che Epifani dimentichi – al solito – che cosa afferma realmente l’articolo 40 della Costituzione: «Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano». In tutti questi decenni il sindacato, e specialmente la sinistra, hanno sempre svicolato sull’argomento della regolazione, così come su quello della rappresentatività.
La fuga del Pd. Ancora più paradossale l’atteggiamento del Pd. Tra le sue file ci sono due esperti che da anni si battono per la riforma dello sciopero nei servizi pubblici: Ichino e Tiziano Treu. Ci hanno scritto sopra saggi su saggi, costruito carriere accademiche e politiche. Con loro, esponenti considerati moderati come Enrico Letta, Cesare Damiano e Pier Luigi Bersani. Senza parlare di Massimo Calearo, l’ex falco della Confindustria ingaggiato da Veltroni. Ma, come ha ammesso Ichino, ha prevalso l’ordine di scuderia. «Il testo è stato solo marginalmente peggiorato su questioni che riguardano la Corte dei Conti e il Cnel…», cerca di giustificare, senza convinzione, il professore senatore.
Prigionieri della Cgil. La realtà è che, così come aveva fatto il governo Prodi con l’ex ministro Damiano, il Pd resta prigioniero della Cgil. Prima con Veltroni, ora con Franceschini. Nonostante alcuni distinguo di Enrico Letta e Bersani, mentre il neosegretario che non ha le idee chiare. Sfumature tutte da verificare: la realtà per ora non cambia.
Sei scioperi al giorno. La riforma intende sanare una deriva tutta italiana che è stata confermata ieri dalla relazione della commissione di garanzia sugli scioperi nei servizi pubblici. Nel 2008 sono state proclamati 2.195 scioperi, sei al giorno. Solo il 61% è stato poi confermato, aggiungendo al danno la beffa. Nonostante la crisi, le proclamazioni di scioperi sono state in aumento del 4% sul 2007.
Gli scioperi finti. Il malcostume di proclamare scioperi e revocarli in extremis, a danno già fatto ma salvando la busta paga, riguarda in particolare il trasporto aereo: nel 2008 su 301 scioperi annunciati, solo 130 sono stati effettuati, anche parzialmente. Ben 171 sono stati revocati. Situazione di parità, o quasi, nelle ferrovie: 107 scioperi revocati, 109 effettuati.
Lo scandalo dei trasporti. Gli scioperi nei trasporti non hanno alcun riscontro con quanto avviene negli altri settori pubblici di rilevanza nazionale: a fronte dei 2.195 scioperi proclamati nel 2008, ce ne sono stati 110 nelle poste, 96 nella raccolta dei rifiuti, 68 nelle poste, 66 nelle telecomunicazioni.
Regole in tutta Europa. Restrizioni e regole nel diritto di sciopero esistono in tutta Europa, come dimostra un recentissimo studio dell’European trade union institution (www.csmb.unimore.it): il quale, si badi bene, non è un organismo dei datori di lavoro ma dei sindacati.
Tregua durante il contratto. In vigenza del contratto collettivo è stabilita la tregua sindacale in Germania, Danimarca, Svezia, Grecia, Olanda, Spagna e Svizzera.
Preavvisi obbligatori. Svezia, Gran Bretagna, Grecia, Olanda hanno il preavviso obbligatorio, mentre Spagna, Svizzera, Norvegia, Grecia e Danimarca rendono obbligatoria, prima dell’agitazione, anche una procedura di conciliazione per evitare lo sciopero.
La stretta francese. La Francia – dove la situazione era simile all’Italia - ha appena introdotto una legge sui trasporti che prevede la precettazione dei lavoratori e, per alcune categorie, il divieto di scioperare (forze armate e polizia, vigili del fuoco, aziende pubbliche essenziali come luce, gas e acqua).
Danimarca, Gran Bretagna e Irlanda: libertà, non diritto. In questi tre paesi lo sciopero non è un diritto ma una libertà del lavoratore. Il quale, se supera un tetto di giornate di protesta (otto in Inghilterra) può rischiare il posto. Canada, Spagna, Giappone, Inghilterra: obbligo di referendum. In questi paesi la proclamazione dello sciopero è subordinata all’approvazione dei lavoratori interessati, attraverso referendum con voto segreto; anche per posta.
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