3 ottobre 2025
Aggiornato 06:30
Contratti

Epifani: «Da modello Confindustria Far West contrattuale»

«Da testo industriali nessuna innovazione»

Non è solo il calcolo dell’inflazione, depurato dall'energia, l’ostacolo che fa dire alla Cgil no al modello contrattuale proposto da Confindustria. Quello, dice il segretario generale Guglielmo Epifani, è «il problema grande come una casa», la «ciliegina sulla torta» di una proposta che fa acqua nel merito e nel metodo. C’è la questione più generale di un modello contrattuale che, così come stabilito nella piattaforma unitaria, avrebbe dovuto mantenere una dimensione ampia, contrattata con tutte le associazioni di impresa, stato compreso, per evitare modelli separati e diversi settore per settore; per evitare, insomma, quel «dumping sociale che porterebbe le imprese ad adottare un contratto secondo convenienza».

Il rischio, dice in sostanza Epifani, è che dire sì a questo contratto proposto da Confindustria porterebbe poi alla firma di accordi diversi con i commercianti, con le imprese agricole, con lo Stato: in ognuno di questi potrebbe essere proposto un calcolo dell’inflazione diverso, provocando «un danno irreparabile, un problema gigantesco che - dice il leader Cgil - è esattamente il contrario di quanto proposto in piattaforma».

«Questo sì che è Far West», osserva il segretario della Cgil. C’è poi il problema della produttività e la sfida lanciata alla Cgil su questo terreno: «Ma dove sta nel testo di Confindustria questo allargamento del secondo livello? Si dice no a qualsiasi sperimentazione, no alle filiere, no alla contrattazione territoriale e il secondo livello resta appannaggio di poche grandi imprese. Sfido il presidente di Confindustria a dire che non è così. Si può cambiare opinione ma non si può dire facciamo il secondo livello e poi riproporre il testo del ‘93».

Per Epifani, invece, la contrattazione viene di fatto sminuita, irrigidita, controllata anche nel primo livello: «Per questo - spiega - parliamo di contrattazione sovietica». Anche il sì delle industrie alla bilateralità, anche nel collocamento, «di fatto crea un serbatoio per le burocrazie. Vogliamo dirlo questo?», tuona il segretario che passa poi ad analizzare la «ciliegina sulla torta, il trucco sull'inflazione». Con la riduzione del valore punto come base di calcolo, che in alcune categorie rischia di produrre riduzioni di retribuzione «molto consistenti»; con la depurazione dal calcolo dell’energia, «che porta a una riduzione di salario strutturale, anche perché quando si procede alla verifica dello scostamento dall’inflazione effettiva la si fa sempre depurata dall'energia. Questo non regge: il lavoratore paga la componente energetica due volte, sugli acquisti che fa e sulla retribuzione».

E, come se non bastasse, se lo scostamento dall'inflazione effettiva non è «significativo», neppure si calcola, rendendo ancora una volta strutturale il calo dei salari. «Per questo diciamo che così non va», chiude Epifani, annunciando l’intenzione di spiegare le valutazioni della Cgil ai lavoratori perché «questa è una valutazione onesta dello stato del confronto con Confindustria».