5 maggio 2024
Aggiornato 11:30
Sui temi del lavoro si è chiusa la serata di giovedì 4 settembre alla Festa democratica

L’Italia dei cittadini: dove va il lavoro?

Alla Festa democratica ne hanno parlato Epifani e Damiano

Sui temi del lavoro si è chiusa la serata di giovedì 4 settembre alla Festa democratica. Ospiti d'onore il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani e Cesare Damiano, ministro ombra del PD in un avvincente faccia a faccia, moderato e animato da Bruno Manfellotto, direttore de «Il Tirreno».

Ad Epifani è stato chiesto subito un breve resoconto della riunione avuta nel pomeriggio con una delegazione della cordata capitanata da Colaninno, per l'acquisizione di Alitalia. Per il segretario della Cgil il «piano fenice» è cominciato con una stranezza: illustrato ma non conseganto. «Spero che ci siano margini di cambiamento altrimenti siamo davanti ad un piano ombra». Le premesse non sono comunque rosee in quanto ci troviamo di fronte ad una compagnia fallita e con soli 20 giorni per andare avanti finanziaramente. I dati di fatto solo la presenza di questa cordata e di alcune condizioni avanzate dal governo che vanno contro l'Antitrust e che addossano tutte le spese ai cittadini e nessun debito per la cordata. «Questo non è un sistema equilibrato» ha dichiarato Epifani. «Se lo Stato si accolla 1 miliardo di debiti e le migliaia di esuberi, sono necessrie garanzie di sviluppo e di rilancio della compagnia. Quale sarà il ruolo di Alitalia? Il piano deve essere chiaro. La scommessa degli imprenditori non deve avere secondi fini altrimenti non c'è nessun futuro per l'azienda».

Alla domanda se Epifani si fidi di Colaninno, il segretario ha ribadito come l'imprenditore sia sicuramente la persona più esposta nella vicenda Alitalia. Il rilancio della Piaggio è un buon biglietto da visita. «Ho fiducia in lui ma avrò più fiducia se il piano fenice avrà le garanzie che dicevo prima. Comunque finisca coloro che pagheranno saranno sempre e solo i lavoratori in esubero a partire dai 3000 su Roma che perderanno il loro lavoro già precario. Non siamo né signor sì né signor no. Chiediamo risposte di merito per l'interesse del paese e dei lavoratori».

A Damiano, che pochi mesi fa era uno dei fautori dell'ipotesi Air France è stato chiesto un commento su come si sia comportato il governo Berlusconi nei riguardi della compagnia di bandiera. «Se Romano Prodi avesse avanzato una proposta simile ci avrebbero fatti neri. Avrebbero detto che lasciare la polpa alla cordata e i debiti allo Stato sarebbe stato peggio che tornare al passato più buio. Ieri il ministro Brunetta ha attaccato il sindacato prima ancora che fosse iniziata la trattativa. Se fossimo stati ancora al governo ci avrebbero tracciato come l'esecutivo dei prepensionamenti. Danno sempre la resposnsabilità ad altri. La verità è che noi avevamo aperto una gara europea mentre ora tutto va contro le regole. Una persona di buon senso partirebbe dal piano industriale e poi calcolerebbe il numero degli esuberi. Qui si parte dai licenziamenti e non si vede nessun piano! L'italianità va difesa se è un valore. L'italianità non si manifesta nel difendere un fallimento. Il futuro è quello di alleare due debolezze cotte (Alitalia e Airone)? E poi abbandonare tutto con la possibile svendita agli stranieri tra pochi anni? E ancora non si è sentita una parola sull'indotto: del futuro di quei lavoratori che sono collegati direttamente o indirettamente ad Alitalia».

Anche Damiano conferma come oggi ci sia troppo corporativismo sindacale ma è sicuro che la crisi non si risolve nel dare le colpe ma trovando soluzioni. Il governo Berlusconi applica un uso strumentale nell'addossare le colpe al sindacato.

A Epifani è stato quindi chiesto se ritenesse più importante la crescita del Paese o difendere i salari dall'inflazione. «L'uno non esclude l'altro. La crescita è un investimento. Aiutare i salari aiuta l'economia. Vanno di pari passo. Aumentando i salari, si aumentano i consumi e di consegienza cresce il Paese. Purtroppo il governo fa propaganda quando dice di non mettere le mani nelle tasche degli italiani. Una parte del paese alla fine paghera più tasse e saranno sempre quelli con i salari più bassi. Siamo davanti a un Robin Hood al contrario. Non c'è la lotta contro il lavoro in nero come ha fatto Damiano in precedenza. Calano solo i consumi più popolari, quelli di lusso non calano mai.
E a questa condizione di disagio generale si aggiunge anche la politica sbagliata di Confindustria che vuole tenersi le leve principali anche nella contrattazione. Lavoro di più e guadagno di più? Non è un idea moderna del lavoro. Ricorda gli anni passati quando si stava in fabbrica o in miniera? Non è certo un sistema moderno di miglioramento del lavoro. Oggi dire un'ovvietà del genere sembra purtroppo una cosa rivoluzionaria!!!»

Per Damiano il governo non ha mai convocato il sindacato nelle ultime contrattazioni definite da decreto. Il governo Prodi ha valorizzato la contrattazione e ha negoziato con i sindacati. «Il ministro Sacconi lascia che siano le parti sociali trovano un accordo e poi fissa un tasso limite di inflazione del 1,7 quando quello reale è oltre il 4%». Le cassaintegrazioni e l'inflazione sono aumentate; di contro si assiste al crollo dei consumi. Con demagogia si auto-proclamano Robin Hood contro i petrolieri, i banchieri e i produttori di energia Se poi facciamo meglio i conti capiamo che Robin Hood ci fa pagare le tasse che non le chiederà mai a quelli che ha criticato poco prima. Gli aiuti non si spargono a pioggia ma in base ai contributi pagati e su base individuale soprattutto favorendo le donne. Il PD deve andare controcorrente e preparare un autunno davvero caldo».

Damiano conferma che esiste un problema di comunicazione. «Le buone cose che ha fatto il governo Prodi non si conoscono perchè siamo malati: non siamo uniti. C'è il narcisismo della politica, il soggettivismo e non l'etica delle scelte collettive. Il governo Berlusconi sa comunicare bene anche i cattivi risultati».

E riguardo all'affermazione di D'Alema «diamoci una mossa», Epifani a ricordato il suo recente viaggio a Denver per assistere alla convention del Partito democratico statunitense dove è rimasto colpito di come Obama abbia a cuore il programma di sostegno al lavoro, ai lavoratori, ai pensionati e l'intenzione di estendere lo stato sociale ai 45 milioni di americani che ora sono senza copertura sanitaria. «Tutti hanno parlato del principio di pagamento a parità di lavoro svolto. Hanno parlato di risparmio energetico e di fonti energetiche rinnovabili. Tutti punti chiari e innovativi. Questo è l'insegnamento che viene dagli USA e può essere un elemento di riflessione per il PD. Oltre ad una chiara identità, il PD deve radicarsi nel territorio e tra le persone che si devono sentire partecipi del cambiamento. Di fronte all'autoritarismo di questo governo il PD deve dare un nuovo modo di pensare, un modo alternativo per fare un grande paese democratico».

Anche Damiano condivide questa visione: «il PD deve essere costruito. Partendo da un gruppo dirigente eletto dalla base che realmente partecipa all'attività del partito e alla realizzazione del suo programma. Identità e partecipazione trovano la loro conferma nel tesseramento. Il radicamento territoriale dovrà trovare anche una forte affermazione soprattutto nei luoghi di lavoro».

E riguardo della demagogia di Brunetta e i fannulloni nel luogo di lavoro? «Il ministro fa di tutta un'erba, un fascio! Con un azione indistinta e populista. Colpire sì ma nel modo giusto».

Prima di assistere ad un film/documentario sulla tragedia della Thyssen Krupp, l'intervista si è conclusa con una domanda provocatoria per Epifani ripresa da un articolo del Corriere della sera in cui si concludeva con un post scriptum «Lama approverebbe quello che fa il suo sindacato?»
«Questa domanda – ha dichiarato Epifani - fu fatta già fatta a Cofferati. E non mi meraviglierei se fu fatta a qualche altro mio predecessore. Se tieni la schiena dritta vieni attaccato. Mi si accusa che devo firmare l'accordo per Alitalia? Io non faccio l'accordo a tutti i costi solo perchè tutti devono essere sulla stessa linea. Stabilire il merito è decisivo quando si fa un accordo. Non si firma a prescindere e se così fosse, tradirei il mio ruolo e le responsabilità che hanno risposto in me i lavoratori iscritti alla Cgil».

A.Dra