Clonazione animali a scopo alimentare: risoluzione Parlamento UE chiede divieto
LAV: «Bene, Commissione UE e Stati membri si oppongano a questo orrore. Rispettare trattato di Lisbona»
«Un atto importante, saggio e atteso dopo i numerosi appelli, rivolti anche dalla LAV, alle autorità UE e agli Stati Membri affinché si oppongano con fermezza a qualsiasi ipotesi di commercializzazione di carne, latte o altri prodotti derivati da animali clonati, vietandone anche l’ allevamento e l’ importazione».
Con queste parole il vicepresidente della LAV Roberto Bennati commenta la notizia della Risoluzione approvata oggi a larga maggioranza dal Parlamento UE (622 voti favorevoli, 32 contrari e 25 astensioni), che invita la Commissione UE a presentare proposte volte a vietare a scopi di approvvigionamento alimentare la clonazione di animali, l'allevamento di animali clonati o della loro progenie, l’importazione e l'immissione in commercio di carne o prodotti lattieri ottenuti da animali clonati o dalla loro progenie.
«Si tratta di una materia sulla quale esistono enormi criticità sia dal punto di vista scientifico che etico: tutte ottime ragioni per opporsi a un simile orrore – prosegue Roberto Bennati - Ricordiamo che ogni ipotesi in questo campo è contro lo spirito del Trattato di Lisbona, il nuovo Trattato dell’UE siglato il 13 dicembre 2007 e in vigore dal prossimo 1° gennaio, che finalmente riconosce giuridicamente gli animali come esseri senzienti e impegna l’UE e gli Stati Membri a tenere pienamente conto delle esigenze del loro benessere, formulando e migliorando le relative politiche. Questo impegno non è una semplice dichiarazione di principio, ma deve concretizzarsi in ogni campo, anche in quello zootecnico e scientifico».
Sul piano scientifico, inoltre, la LAV definisce allarmanti i risultati resi noti in materia di clonazione animale: sia quelli recenti dell’Efsa («ogni 100 animali clonati, 40 presentano problemi di salute, una percentuale che può essere ancora superiore per i cuccioli di meno di sei mesi»), che il precedente studio basato su dati INFIGEN (una delle multinazionali clonatrici) e su studi di Atsuo Ogura del National Institute of Infectious Diseases di Tokyo, secondo cui il 75% degli embrioni animali clonati muore entro i primi due mesi di gravidanza e il 25% nasce morto o con deformità incompatibili con la vita; da 100 cellule di partenza, mediamente una sola diverrà un animale «adulto e sano».
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