2 maggio 2024
Aggiornato 02:00
mercoledì 20 luglio

Macy Gray: Queen of Pordenone

Il consolidato Blues Festival ospita l'esuberante regina del soul

PORDENONE - «Voglio farmi una foto con voi, da mostrare a mia madre. Perché lei non crede che questo sia il mio vero lavoro». Scherza, Macy Gray, e noi non crediamo lontanamente alle sue parole: se ti ritrovi nella gola una voce così il tuo destino è segnato. Devi cantare. E così ha fatto anche a Pordenone, in una piazza XX settembre bollente per il clima e per l'entusiasmo del pubblico.

 

Il Pordenone Blues Festival, giunto alla sua 26.edizione, cala dunque uno dei suoi assi, riportando in Italia una delle più belle voci nere in circolazione. La Gray, abito lungo e carisma da vendere, domina il palco e trascina i suoi musicisti in vortice soul, senza disdegnare puntate nell'hip hop e in qualche accenno di disco music. C'è spazio per le hit che l'hanno consacrata al grande pubblico ('I try','Sexual Revolution'), ma anche per tante cover. La voce ruvida e fumosa non ha grande estensione, ma in quanto a profondità e potenza è una lama rovente. Sentirla intonare 'Creep' dei Radiohead è intenso e straniante.

Il tempo di un cambio d'abito, come si conviene ad una vera diva, ed è nuovamente in pista, vestito attillato e sbrilluccicoso, ritmo nel sangue, per cercare di far cantare un pubblico divertito e piuttosto stonato. La scaletta lascia spazio a vocalizzi, improvvisazioni, medley sui generis, in un clima di apparente spensieratezza, tra momenti di grande bravura e altri forse meno riusciti (certi assoli musicali sembrano a volte davvero troppo lunghi).

La grintosa Macy inneggia in musica e parole alla libertà,alla felicità, rivendica il diritto all'autorealizzazione, per concludere, dopo quasi due ore di concerto, addirittura scomodando Frank Sinatra. 'I did it my way!'. Il suo vocione riecheggia nella piazza. A modo tuo, Macy, a modo tuo va benissimo.