26 aprile 2024
Aggiornato 18:30
il nuovo fenomeno si sviluppa online

Le vendette degli ex: una battaglia che si consuma sui social

Il fenomeno della 'vendetta porno' è la tendenza a diffondere sul web immagini e video delle ex partner in momenti di intimità di coppia a seguito di una relazione finita

PORDENONE – Si chiama ‘revenge porn’ ed è la nuova frontiera della ‘vendetta porno’, ossia la vendetta messa in atto dagli ex dopo essere stati lasciati; si tratti di fidanzati, mariti o amanti. La dinamica è semplice: una coppia entra in crisi, si lascia (in alcuni casi si separa o addirittura divorzia), e chi viene lasciato non accettando la separazione decide di pubblicare online immagini e video privati che riguardano il partner in atteggiamenti intimi per vendicarsi dello spiacevole epilogo della loro relazione.

Succede anche a Pordenone
È un trend che prende sempre più piede, e che da qualche tempo ha raggiunto anche il pordenonese. Negli ultimi dodici mesi sono state raccolte circa una decina di denunce, perché questa spiacevole ‘moda’ costituisce un reato. La messa in rete di materiale privato che riguarda altre persone senza il consenso della controparte e per di più senza veli costituisce un reato penale: il reato di diffamazione aggravata.

Gravi conseguenze per le 'vittime'
Le vittime di questi episodi sono per lo più donne, e di tutte le età; a partire dalle giovanissime fino ad arrivare alle donne mature, sposate ed ex mogli.
Il fenomeno porta con sé delle gravi conseguenze a partire dal danno morale fino ad arrivare, nei casi peggiori, anche al suicidio; perché il materiale che compare in rete mostra l’intimità vissuta dalla coppia durante la relazione sentimentale può arrivare a rovinare la dignità e la reputazione pubblica. La tecnologia in questo senso dà una mano non indifferente, le possibilità di condivisione sul web sono infinite: chat di gruppo, Whatsapp, Facebook, Twitter, Instagram, archivi online, ecc.

I provvedimenti penali
La situazione è allarmante, chi commette questo tipo di offesa non viene scoraggiato nemmeno dal ‘peso’ della pena prevista dal codice penale italiano: la reclusione da un minimo di tre mesi a un massimo di tre anni o il pagamento di una somma che parte da 516 euro e che può arrivare a superare i 1000 euro.