19 aprile 2024
Aggiornato 12:30
Il 13 agosto 2019

Trieste aspetta gli Algiers!

L’intervista con la band di Franklin James Fisher, Ryan Mahan e Lee Tesche

TRIESTE - 13 agosto. Quando è proprio il caso di dire save-the-date! Già perchè a Trieste arrivano gli Algiers, una delle band più particolari della scena indie rock contemporanea. Formatisi a Londra nel 2007, ma di base ad Atlanta negli Stati Uniti, la band esordì nel 2015 con l'album omonimo e replicò nel 2017 con «The underside of power», due album dove si sente l'influenza di band post punk come PIL, Birthday Party o Pop Group tanto quanto quella della black music, il tutto unito a testi che spesso toccano argomenti politici e sociali. Marco Valva, direttore artistico di Yeah e che li ha fortemente voluti in quel di San Giusto, mi racconta che «li abbiamo visti al Ment di Lubiana nel 2017 e siamo rimasti folgorati dalla freschezza creativa e dall’energia  che emanavano sul palco! All’epoca il progetto YEAH era appena nato, non ci saremmo mai sognati di riuscire a portarli a Trieste, in un palco prestigioso come il Piazzale delle Milizie del Castello di San Giusto. Un sogno che si realizza. Dopo Lee Ranaldo al Bastione Rotondo e i Delta Moon in Piazza Verdi devo dire che è davvero un’estate per noi indimenticabile!». Di seguito alcune battute scambiate con i membri della band, entusiasti di esibirsi in una location così suggestiva ed in un città ricca di ispirazione.

Avete un sound molto personale, un mix tra post punk, soul e black music. Come avete scelto di intersecare questo tipo di influenze, ci sono artisti in particolare che vi hanno ispirato?
L'intera storia della musica pop è costruita sulla base di musiche popolari. Ciò include sicuramente forme di espressione indigene e nere, ognuna con le proprie dinamiche sociali e di potere. L'industria della musica in «Occidente» sembra intenzionata a reprimere e dimenticare questo. Stiamo semplicemente cercando di mantenere fedeltà a questa tradizione.

Nel vostro primo disco, intitolato «Algiers», siete accreditati come un trio, quindi in «The underside of power» avete inserito il batterista Matt Tong come membro ufficiale della band; questo ha portato alcuni cambiamenti nel modo in cui create la vostra musica?
Matt è un musicista e un compagno incredibile. È d'ispirazione e porta un'energia creativa enorme alla band. Il nostro songwriting ha fatto veramente uno scatto di qualità! 

Avete pubblicato ad oggi due album e diversi singoli, ma anche un paio di fanzine con nastri di rarità e canzoni sperimentali; continuerai a pubblicare le fanzine? Come reagiscono i tuoi fan a questo tipo di progetti?
Siamo ingordi di musica e questo è semplicemente un modo per esprimere il nostro amore per i fans e la cultura punk rock... che ricambiano, dobbiamo dire, con grandissimo entusiasmo!

Vedo che durante il tour suonerete in piccoli locali e in grandi festival, qual è la situazione che preferite? Avete anche aperto per i Depeche Mode durante il loro tour europeo di un paio di anni fa... com’è stato suonare per una grande folla anche se non era lì per voi?
Siamo fortunati perché abbiamo una band che si adatta a qualsiasi ambiente ma personalmente adoro i piccoli spazi… hai presente quei posti sudati, sporchi, underground… certo apprezzo anche la possibilità di raggiungere un nuovo pubblico su grandi palchi! Ovviamente suonare in apertura per i Depeche Mode ti fa conoscere ad un pubblico che prima non ti aveva sentito neanche nominare! Questo è positivo.

Quando siete in tournée in Europa, fate sempre qualche concerto nel nostro paese; conosci qualche band italiana, nuova o anche del passato?
Adoro i Goblin di Claudio Simonetti, e poi naturalmente Moroder. E anche i Soviet Soviet!

Appuntamento quindi per il 13 di agosto, Castello di San Giusto, Trieste. E mi raccomando, save-the-date! Yeah.