David Seymour, quegli scatti leggendari degli orfani di guerra
Prosegue l'omaggio di Torino ai grandi fotoreporter della Magnum. Fino al 14 settembre Palazzo Reale ospita una bellissima retrospettiva dedicata a Chim, soprannome con cui Seymour era meglio noto, che ripercorre il suo intenso lavoro «nel cuore dell’azione»
TORINO - «Prendeva la sua macchina fotografica nel modo in cui un medico estrae lo stetoscopio dalla borsa, concentrando la sua diagnosi sul cuore. Il suo era vulnerabile». Così Cartier-Bresson descriveva il collega e amico David Seymour, con cui nel 1947, complice anche Robert Capa, avrebbe creato la leggendaria agenzia Magnum.
Meglio conosciuto con il soprannome «Chim» (si pronuncia Scim), Seymour si definiva un artigiano della fotografia, non un artista. Intellettuale umanista, grande appassionato di politica, una coscienza sociale fortissima e un tocco rari fecero di lui uno dei primi, e leggendari, fotoreporter di guerra. Oggi Torino ne celebra il mito attraverso una bellissima retrospettiva, in programma a Palazzo Reale fino al 14 settembre.
«Voglio essere nel cuore dell’azione» ripeteva sempre Chim. Per questo utilizzava una macchina fotografica all’avanguardia, una Leica 35mm, per riuscire a rendersi anonimo proprio nel momento davvero decisivo, quello dello scatto, e poter così immortalare in una manciata di sequenze volti, fatti, storie, nel modo più autentico possibile.
In mostra sono presentati 127 scatti in bianco e nero, suddivisi in nove sezioni: Francia, La Guerra Civile in Spagna, Germania, L’Europa dopo la Seconda guerra mondiale, I bambini della guerra, Israele, Egitto, Celebrità, Ritratti di Chim.
Polacco e appartenente ad una famiglia benestante di origini ebree, inizia la carriera fotografica a Parigi nel 1933 e segue gli eventi politici dell’epoca per le riviste più influenti, tra cui «Life» e «Regards». Con il suo stile diretto ma ricco di empatia, Chim racconta la guerra civile spagnola, durante la quale scatta la celebre foto della madre che allatta il suo bambino nel corso di una manifestazione contadina, diventata inconsapevolmente icona indiscussa di quella rivolta.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale scappa a New York, ma riesce a tornare in Europa nel 1943 arruolandosi nella US Air Force, con il delicato compito di fotografo delle immagini aeree. Documenta il suo tempo senza riserve, nutrito da un senso di responsabilità e da un bisogno estremi che lo portano a non sottrarsi mai, nemmeno di fronte alla difficoltà di raccontare l’infanzia rubata degli orfani di guerra. A loro è dedicata la sua serie più celebre, realizzata per l’Unicef negli anni del dopoguerra.
David Seymour viene ucciso a Suez nel 1956 mentre sta preparando un servizio per «Newsweek» sul conflitto arabo-israeliano, quattro giorni dopo la firma dell’armistizio: la macchina su cui viaggia viene crivellata da una mitragliatrice egiziana, durante il viaggio per documentare uno scambio di prigionieri feriti.
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