19 marzo 2024
Aggiornato 08:30
Personaggi

Sinisa Mihajlovic: «Sto vincendo la mia battaglia»

L'allenatore del Bologna ha parlato della battaglia che sta combattendo contro la leucemia che l'ha colpito la Verissimo, condotto da Silvia Toffanin: «I primi 100 giorni i più critici»

Sinisa Mihalovic con Silvia Toffanin
Sinisa Mihalovic con Silvia Toffanin Foto: Ufficio stampa Mediaset

MILANO - «Per adesso la sto vincendo, anche se devo fare attenzione. Sta andando tutto bene, non sto più prendendo il cortisone e questo è importante». L'allenatore del Bologna Sinisa Mihajlovic ha parlato della battaglia che sta combattendo contro la leucemia che l'ha colpito la scorsa estate a Verissimo. «Sono passati 78 giorni dal trapianto di midollo osseo e i primi 100 giorni sono i più critici - continua - Poi dopo è tutto in discesa, bisogna avere pazienza ancora per una ventina di giorni ma superarli bene sarebbe già un bel traguardo. Sono molto contento, non ci sono state complicazioni gravi e va benissimo così. Adesso ho ripreso anche ad allenarmi un pochino per tornare in forze, perché dopo 4 mesi senza fare niente e prendendo 17 pastiglie al giorno mi sono un po' gonfiato».

Con la conduttrice Silvia Toffanin l'allenatore del Bologna ha ripercorso il calvario costellato da difficoltà e momenti dolorosi che hanno fatto emergere tutta la sua forza: «Ho fatto tredici chemioterapie in cinque giorni, ma già dopo il terzo avevano annientato tutto. Il primo ciclo è stato il più pesante, mi sono venuti anche degli attacchi di panico che non avevo mai avuto perché ero chiuso in una stanza con l'aria filtrata: non potevo uscire e stavo impazzendo. Volevo spaccare la finestra con una sedia, poi mia moglie e alcuni infermieri mi hanno fermato, mi hanno fatto una puntura e mi sono calmato. Stavo male ma dovevo dare forza alla mia famiglia perché se mi avessero visto abbattuto sarebbe stato peggio. Cercavo di essere sempre positivo e sorridente, facevo finta di niente per non farli preoccupare. Questa è stata una delle cose più difficili perché non sempre ero al massimo della forma».

«Non sono un eroe»

Sinisa con il suo esempio ha voluto mandare un messaggio a chi è nella sua stessa situazione: «Non penso di essere un eroe, sono un uomo normale con pregi e difetti. Ho solo affrontato questa cosa per come sono io, ma ognuno la deve affrontare come vuole e può. Nessuno deve vergognarsi di essere malato o di piangere. L'importante è non avere rimpianti e non perdere mai la voglia di vivere e di combattere».

L'unico rimpianto di Mihajlovic ha come protagonista suo padre: «Purtroppo non ho visto mio padre nei suoi ultimi otto mesi di vita e neanche quando è morto nel 2010. Quello è l'unico rimpianto che ho, ma spero che mi abbia capito. Quando hai i genitori noti tutti i difetti, io per esempio non sopportavo che facesse rumore quando mangiava, invece, quando poi non ci sono più ti mancano anche le cose che ti davano fastidio. Bisogna goderseli al massimo».

«E' stato il natale più bello della mia vita»

La famiglia è il punto di forza per il 50enne serbo che durante il periodo natalizio è potuto tornare a casa: «E' stato il Natale più bello della mia vita, con tutta la mia famiglia vicino. C'era anche mia mamma, che si è arrabbiata quando ho pianto durante la seconda conferenza stampa, però poi a casa mi ha preparato dei piatti serbi che sono molto saporiti e non li ho sentiti amari come quasi tutto il resto dei cibi. Grazie a lei ho recuperato un po' di chili».

La malattia non è stata l'unica prova di temperamento per Mihajlovic che da piccolo ha vissuto in pieno la guerra dei Balcani: «Quando la vivi, all'inizio, è bruttissima ma dopo se hai la forza di reagire e riesci ad andare avanti nella vita è tutto di guadagnato perché capisci quali sono le cose importanti e sai che quello che può succedere è sicuramente meno peggio della guerra. Se la superi puoi battere qualsiasi ostacolo ma non la auguro a nessuno. Nel mio paese dovevi essere forte non per scelta ma per obbligo: sono cresciuto così».

Una marea di messaggi d'affetto

L'ex difensore di Lazio e Inter in questi mesi ha ricevuto una marea di messaggi d'affetto. In trasmissione è arrivato quello di Walter Zenga, a cui ha insegnato ad avere sempre la testa alta, e di Francesco Totti, per cui ora tutti hanno capito chi è il vero Sinisa: «Ho sentito tantissima vicinanza da gente famosa e da gente normale, anche con gli striscioni negli stadi. Prima ero uno che divideva, con questo problema ho unito tutti. Hanno guardato l'uomo più che l'allenatore e questo era l'importante». Una menzione speciale per Zlatan Ibrahimovic che, nonostante non sia andato a giocare al Bologna, ha voluto mandare un messaggio speciale a Sinisa: «Avanti amico e fratello! Siamo tutti contenti che sei tornato in panchina. Sapevo che eri il più forte di tutti. Ti aspettiamo in campo ma non crearmi troppe difficoltà quando giocherò contro la tua squadra». Commentando le frasi dell'attaccante del Milan Sinisa chiosa: «Ibra è come un fratello, da giocatori ci siamo anche scontrati, poi dopo siamo diventati amici. Mi è dispiaciuto che non sia venuto qui ma capisco la scelta del Milan, anche se da noi si sarebbe divertito di più. Abbiamo un carattere molto simile e molto forte. Sono contento sia tornato in Italia, speriamo solo che contro di noi non possa giocare».