24 aprile 2024
Aggiornato 03:30
Intervista esclusiva per il Diario Motori

«La F1 ha perso il suo fascino. Ma non per colpa di Bernie Ecclestone»

Il padovano Giuseppe Dorigo, per ventiquattro anni alla corte dell'ex patron del Mondiale come regista dei Gran Premi, racconta il suo Mr E: «Un dittatore illuminato, un genio degli affari dalla logica stringente e dalla visione profetica»

ROMAGiuseppe Dorigo, ex regista dei Gran Premi di F1: da uno che ci ha lavorato a stretto contatto, chi è Bernie Ecclestone?
Sono di parte, per me è una persona speciale. La sua Formula 1 era un piccolo Stato, governata da un dittatore illuminato.

Ma nel 2017 la dittatura illuminata di un 86enne funzionava ancora?
Oggi si è perso un grande valore: questo è un Mondiale piloti, non ingegneri. Ma l'errore lo hanno commesso le squadre.

Ecclestone non ha colpa? È stato lui a teorizzare una Formula 1 esclusiva, con piloti distanti dal pubblico, irraggiungibili.
Lui voleva dei gladiatori moderni, per aumentare il fascino delle corse. Nelson Piquet, Niki Lauda, Emerson Fittipaldi, a 25 anni, erano uomini.

E potevi avvicinarli, avere un contatto, stringere loro la mano.
Le regole erano le stesse: il paddock era chiuso e c'erano i pass per entrare. Ma mentre una volta i piloti, scesi dalla macchina, parlavano mezz'ora con gli ingegneri e avevano finito, adesso arrivano in pista alle otto di mattina e sono in riunione permanente fino a sera. I giornalisti non li vedono più.

Questo accade anche in MotoGP: i pass, le riunioni, gli impegni. Ma lì i paddock sono comunque pieni e i piloti sono comunque personaggi.
In F1 non sono affascinanti. Li vedi solo in conferenza stampa, mentre danno risposte preparate in anticipo. Ed è tutta una farsa.

Non è stato anche Ecclestone a concepire una F1 così?
No. Dipende dalle squadre, che oltretutto al loro interno sono molto meno compatte di quanto appaiano da fuori.

Come possono fare i nuovi proprietari americani a riprendere il controllo dalle squadre?
Non è detto che serva una nuova dittatura. Di sicuro c'è bisogno di restituire alla Formula 1 il suo fascino. Oggi è diventata troppo complicata da seguire tecnicamente. Invece bisogna fare in modo che chi guida torni ad essere un personaggio forte. La F1 è diventata tale grazie alla televisione, ed Ecclestone ne è stato il grande profeta: ha creato una struttura, di cui ho avuto l'onore di far parte, che è entrata nella storia. Oggi la tv è entrata in un periodo di transizione, per via dei computer, delle smart tv eccetera. Probabilmente la Liberty Media, che è una grande esperta di nuove tecnologie, lo comprende meglio e da questo punto di vista Ecclestone ha fatto la scelta ideale affidando la sua creazione a loro.

Lui, però, sperava di restare altri due o tre anni...
So che già da qualche tempo diceva che l'anno prossimo avrebbe lasciato. Penso che lui si sia reso conto che oggi dominano dei mezzi di comunicazione che a lui non interessano più. Ecclestone ha sempre avuto due enormi doti: una capacità di logica talmente alta da sembrare elementare, e una grandissima visione del futuro.

Fin qui abbiamo parlato dell'Ecclestone pubblico, ma nel privato che persona è?
Un miliardario capace di andare a mangiare un panino, non per taccagneria ma per familiarità. Negli affari un genio, che usa la sua logica terrificante e la sua capacità di guardare avanti. In riunione lascia fare dei lunghissimi discorsi ai suoi interlocutori e tace, poi alla fine pronuncia questa frase: «Secondo me la cosa migliore che tu possa fare è questa...».

D'altra parte anche lui ha iniziato come commerciante, quindi ha imparato a convincere e a trattare.
E a mettere a posto i minimi dettagli. Da lui ho imparato che le cose vanno fatte bene, possibilmente meglio degli altri, e migliorandosi costantemente. All'inizio della nostra giornata di lavoro noi arrivavamo in pista prima di tutti, e c'era la riunione produttiva con tutti i responsabili. Alla sera c'era il debrief, in cui si cercava tutto ciò che aveva funzionato e soprattutto quello che non aveva funzionato, perché il giorno successivo andasse meglio. C'è stato un momento in cui avevamo accese in pista 128 telecamere.

E riuscivate a gestirle tutte?
Sì, perché l'organizzazione era perfetta. Pensa che i camion, nel paddock, vengono posizionati con il laser. Perché quando si fa la prima ripresa che apre il Gran Premio, i telespettatori guardando dall'alto devono avere l'impressione che tutto sia perfetto.