ROMA – Il batterio Streptococcus pyogenes, noto anche come batterio carnivoro o mangiacarne pare sia invero assai intelligente. In particolare, gli scienziati hanno scoperto che riesce a dirottare i recettori del dolore a suo esclusivo beneficio. Questo batterio, che di solito è responsabile del mal di gola è anche causa di una terribile e potenzialmente mortale malattia: la fascite necrotizzante. Durante le fasi iniziali dell’infezione, i batteri emettono una tossina che causa un dolore lancinante. Tuttavia, questo terribile effetto collaterale è molto utile al batterio. Difatti, la sostanza chimica che provoca il dolore intenso ostacola anche il sistema immunitario della persona e crea un ambiente più ospitale affinché il patogeno possa prosperare e riprodursi.
Guerra di intelligenze
Se dunque il batterio Streptococcus pyogenes è intelligente, l’uomo non vuole essere da meno. E in un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Cell, gli scienziati hanno mostrato che le stesse armi chimiche che rendono così potente il batterio carnivoro possono contenere anche i mezzi per sconfiggerlo. Studiando infatti l’arsenale tossico dei batteri, i ricercatori della Harvard Medical School, guidati da Isaac Chiu, professore di microbiologia e immunobiologia, potrebbero aver trovato il modo per trasformare il meccanismo a vantaggio del paziente.
La fascite necrotizzante può avere più cause
A provocare la fascite necrotizzante non è solo il batterio Streptococcus pyogenes, ma anche altri come Clostridium, Staphylococcus aureus ed Escherichia coli. Tuttavia, S. pyogenes che è uno streptococco di gruppo A, è quello più comune, sottolineano gli scienziati. Affinché il corpo di una persona possa essere infettato, il batterio necessita che vi sia una ferita o una lacerazione (anche minima) della pelle. Una volta fatto il suo ingresso nell’organismo, il batterio mette in atto la sua terribile strategia per diffondersi. La fascite necrotizzante è così chiamata perché attacca la fascia, ossia il tessuto connettivo che circonda i nervi, i muscoli, i vasi sanguigni e il grasso. È caratterizzata dall’esordio fin dal primo stadio di un dolore intenso, che risulta sproporzionato all’infezione. Nelle fasi successive, l’infezione ha un tasso di mortalità del 32%, riporta lo studio.
La tossina
Nei test condotti sui topi in laboratorio, i ricercatori hanno scoperto che il batterio carnivoro produce una tossina chiamata streptolysin S (SLS). Questa sostanza attiva determinati neuroni correlati al dolore per innescare un dolore lancinante. Questa stessa tossina ha spinto gli stessi neuroni a emettere un peptide che ha interrotto la comunicazione con il sistema immunitario, in modo che il batterio non sia attaccato dalle difese dell’organismo ospite – come di norma avviene. In questo modo, S. pyogenes può liberamente moltiplicarsi e diffondersi distruggendo e divorando la carne di chi è stato infettato. Il peptide, scrivono gli autori, ha anche interferito con la normale funzione delle cellule immunitarie che erano riuscite a raggiungere il sito di infezione, impedendo a esse di erogare un enzima che ucciderebbe i batteri invasivi. ««Questo segnale neuronale – spiega il prof. Isaac Chiu – silenzia il sistema di allarme che normalmente chiama i combattenti dell’infezione del corpo per fermare l’infezione».
Sopprimere il dolore
Dopo aver constatato quanto accade dopo l’ingresso nell’organismo del batterio, i ricercatori hanno ipotizzato che se si agiva sul dolore provocato da rilascio del peptide, era possibile bloccare la disattivazione del sistema immunitario o delle difese dell’ospite. In questo modo, per trattare la fescite necrotizzante è necessario interagire con i neuroni, anziché attaccare direttamente il batterio con dei farmaci.
Il ruolo del botulino
Nei test condotti sui topi a cui era stato iniettato il batterio S. pyogenes, i ricercatori hanno poi iniettato la neurotossina botulinica A, una proteina utilizzata per levigare le rughe del viso e curare gli spasmi muscolari. La tossina botulinica agisce bloccando i segnali nervosi. Dopo questa fase, gli autori hanno osservato che nei topi infetti, la tossina botulinica impediva ai batteri di prendere il sopravvento, indipendentemente dal fatto che i topi ricevessero l’agente bloccante prima o dopo la loro esposizione a S. pyogenes. In un altro esperimento, il team di ricerca ha introdotto un altro composto che ha bloccato il rilascio del neurotrasmettitore e ha messo in pausa il sistema immunitario dell’ospite, impedendo anche che i batteri non venissero rilevati dal sistema stesso.
«I nostri risultati – conclude il prof. Chiu – forniscono un esempio lampante di quanto strettamente intrecciati siano i sistemi nervoso e immunitario e quanto complessa sia la loro interazione nel contesto dell’infezione. Il nostro studio sottolinea anche il potenziale terapeutico del modulare un sistema per influenzare l’altro come un modo per trattare l’infezione».
Riproduzione riservata ©