18 aprile 2024
Aggiornato 19:30
Passeggiata e smog

Una bella passeggiata in citta? Fa più male che bene

Passeggiare in città per migliorare il proprio stato di salute potrebbe non essere una bella idea. Le particelle fini di particolato che inaliamo attraverso i polmoni possono causare diversi tipi di danni

Passeggiare in città fa male alla salute
Passeggiare in città fa male alla salute Foto: Shutterstock

Medici ed esperti ce lo ripetono in continuazione: l’attività fisica fa bene alla salute. Ed è così che chi può cerca di ritagliarsi qualche momento per muoversi. Spesso basta anche solo una camminata per ottenere risultati evidenti. Tuttavia, secondo quanto è emerso da una recente ricerca, se scegliamo di fare un po’ di attività fisica proprio in città, potremmo assistere a più danni che benefici. La colpa, come sempre, sarebbe dello smog che produrrebbe effetti devastanti sull’organismo umano. Ecco i risultati dello studio.

Bastano due ore
Lo studio, pubblicato su The Lancet ha messo in evidenza come sole due ore di passeggiata nelle città inquinante possono causare seri danni alla nostra salute. In quest’arco di tempo, infatti, le minuscole particelle di smog entrano in contatto con pelle e apparato respiratorio vanificando tutti gli effetti benefici che stavamo ottenendo – attraverso il movimento – su cuore e polmoni.

Irrigidimento delle arterie
L’esposizione a particelle inquinanti, anche a breve termine, pare essere associata all’irrigidimento delle arterie e alla compromissione della funzionalità polmonare. «I nostri risultati indicano che nelle strade congestionate dal traffico, come la Oxford Street di Londra, i benefici per la salute del camminare non sempre superano il rischio di inquinamento del traffico. Tuttavia, questo non dovrebbe essere visto come una barriera per molte persone anziane per le quali camminare è l'unico esercizio chesvolgono. Suggeriamo che, laddove possibile, gli adulti più anziani camminino nei parchi o in altri spazi verdi lontano dalle strade trafficate», ha dichiarato il professor Professor Fan Chung del National Heart & Lung Institute dell'Imperial College di Londra, nel Regno Unito.

Lo studio
Per arrivare a tali conclusioni, i ricercatori hanno condotto uno studio su 119 volontari, di cui 40 erano perfettamente sani, 40 erano affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BCPO) e 39 da cardiopatia ischemica stabile. I partecipanti sono stati poi suddivisi in maniera casuale per trascorrere due ore in una strada trafficata oppure due ore in un’area verde. Circa due mesi dopo i partecipanti hanno scambiato la loro destinazione. Nessuno dei volontari doveva fumare o stare accanto a chi fumava per 12 mesi. Prima e dopo di ogni passeggiata i ricercatori hanno misurato i livelli di inquinanti atmosferici (carbone, particolato, particelle ultrafini e biossido di azoto), la funzione polmonare di ogni volontario e le risposte cardiovascolari.

I risultati
Dai risultati è emerso che le persone che camminavano in aree verdi avevano evidenziato un miglioramento della capacità polmonare e della rigidità arteriosa. Tali miglioramenti si sarebbero protratti per 26 ore dalla passeggiata. Chi invece camminava in strade trafficate (anche a traffico limitato), al contrario, ha mostrato peggioramenti sia a livello arterioso che polmonare. Gli effetti nocivi sulla salute sono stati particolarmente marcati nei volontari affetti da BPCO. Questi ultimi hanno infatti evidenziato sintomi respiratori come tosse, maggior produzione di espettorato, respiro affannoso e sibilante.

Alcuni farmaci aiutano
«I nostri dati indicano che l'assunzione di farmaci che migliorano la rigidità arteriosa come le statine, gli ACE-inibitori e i bloccanti dei canali del calcio possono ridurre gli effetti avversi dell'inquinamento atmosferico in soggetti con cardiopatia ischemica», spiega il professor Chung.

Attenzione all’inquinamento
«I cambiamenti nella rigidità arteriosa riportati nello studio sono biologicamente coerenti con l'inquinamento atmosferico e le associazioni di salute cardiovascolare trovate negli studi basati sulla popolazione di ricoveri ospedalieri e mortalità, rafforzando ulteriormente il consenso sul fatto che l'associazione tra particolato e CVD è causale. Sebbene siano necessari ulteriori studi sui rispettivi effetti sulla salute di tutti i singoli componenti e fonti del PM2.5, i risultati di questo e di altri recenti studi urbani indicano già che i responsabili politici e gli operatori sanitari dovrebbero ridurre le esposizioni pubbliche al particolato diesel e che questa deve essere considerata un'alta priorità nel controllo dell'inquinamento atmosferico PM2.5 e nelle strategie di prevenzione del paziente», hanno concluso il professor George Thurston e il dott. Jonathan Newman della New York University School of Medicine di New York.