20 aprile 2024
Aggiornato 03:30
Alimentazione

Amo i cibi grassi, ma non è colpa mia. Sono i miei geni a volerlo

Le nostre scelte alimentari pare siano pilotate dai nostri geni. Per questo motivo, le persone che sono portatrici di varianti in un particolare gene hanno una spiccata predilezione per i cibi grassi o da fast-food, mentre gradiscono meno i dolci. Lo studio

Cibi grassi, la preferenza è scritta nei geni
Cibi grassi, la preferenza è scritta nei geni Foto: Shutterstock

CAMBRIDGE – C’è chi ama mangiare cibi grassi oppure da fast-food come hamburger e patatine e simili, e chi invece meno. C’è poi chi ama particolarmente i dolci e chi no. Ma perché tutto ciò? Perché, per così dire, a pilotare le nostre scelte alimentari sono i nostri geni.

Implicazioni per la salute
Gli scienziati dell’Università di Cambridge ritengono che l’influenza dei geni e delle varianti di questi sulle particolari scelte alimentari, possono avere delle significative implicazioni per la nostra salute. Non è un caso dunque che alcune persone trovino particolarmente appetitosi i cibi ad elevato contenuto di grassi e altre quelli a elevato contenuto di zuccheri.

Il problema sovrappeso
Secondo la teoria, la preferenza verso certi cibi può portare all’assunzione di calorie in eccesso. E questo, di conseguenza, può aumentare le probabilità di divenire in sovrappeso o obesi. Ecco pertanto che a far venire l’acquolina in bocca ad alcuni di noi non sono solo l’aspetto, l’aroma, il gusto di certi alimenti, ma anche la biologia del nostro organismo.

Le prove
Per ottenere le prove che dietro alle nostre scelte alimentari a rischio vi sono i geni, i ricercatori hanno reclutato un gruppo di volontari che, in un primo test, dovevano servirsi da un buffet (con la formula all you can eat) preparato con un piatto chiamato ‘korma di pollo’, una ricetta tipica indiana. La ricetta era stata preparata in tre varianti: una con un basso contenuto di grassi (20%); una con contenuto medio di grassi (40%) e una con un elevato contenuto di grassi (60%). Allo stesso modo, i partecipanti appartenevano a tre diverse categorie di individui: magri, obesi e obesi ma portatori di un difetto o variante genetica del gene MC4R. Dopo aver assaggiato le tre diverse varianti della stessa ricetta (senza sapere quali erano le differenze), i commensali potevano scegliere quella che ritenevano più gradevole al loro palato, e che era loro piaciuta di più.

I risultati
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications, e quelli del primo test mostrano che, anche se non vi era alcuna differenza complessiva nella quantità di cibo consumato tra i primi due gruppi, gli individui con il gene MC4R difettoso avevano mangiato quasi il doppio della quantità di korma di pollo con un elevato contenuto di grassi. Nello specifico, rispetto agli individui magri mangiato, ne avevano mangiato il 95% in più e il 65% in più rispetto agli individui obesi senza la variante genetica.

Le cose cambiano con i dolci
Nel secondo test, i partecipanti dovevano servirsi di un dessert chiamato ‘Eton mess’, preparato con un mix di fragole, panna e meringa sbriciolata. Anche in questo caso erano disponibili tre opzioni che i partecipanti potevano scegliere liberamente: quella con un basso contenuto di zuccheri che fornisce l’8% di calorie; quella media con il 26% di calorie e quella elevata con il 54% di contenuto calorico. Il contenuto di grassi era invece fisso per tutte e tre le varianti. La formula era sempre quella di mangiare tutto quello che potevano. I risultati hanno mostrato che i soggetti magri e obesi avevano apprezzato di più il dessert con alti livelli di zucchero, mentre invece i soggetti obesi con la variante del gene MC4R avevano apprezzato meno il dolce con l’alto livello di zucchero e, in generale, avevano mangiato meno dessert degli altri due gruppi.

Comandano loro
I risultati dello studio suggeriscono dunque che in qualche modo i geni possono comandare le nostre scelte alimentati. In questo caso, il difetto del gene MC4R (che interessa una persona obesa su cento), rende più inclini all’aumento di peso, favorendo l’assunzione di cibi a più elevato contenuto di grassi ma, per contro, a prediligere meno i cibi molto zuccherati. «Il nostro lavoro – spiega il prof. Sadaf Farooqi del Wellcome Trust-Medical Institute Research Council of Metabolic Science presso l’Università di Cambridge – mostra che anche se non controlli strettamente l’aspetto e il gusto del cibo, il nostro cervello è in grado di rilevare il contenuto di nutrienti. La maggior parte del tempo mangiamo alimenti che sono sia ad alto contenuto di grassi che ad alto contenuto di zucchero. Testando con attenzione e separatamente i nutrienti in questo studio, e testando un relativamente raro gruppo di persone con il gene MC4R difettoso, siamo stati in grado di dimostrare che le vie specifiche del cervello possono modulare la preferenza del cibo».

Far fronte alle carestie
Dietro a questo processo cerebrale che modula la preferenza per i cibi ricchi di grassi negli animali e negli esseri umano, secondo i ricercatori vi è un’evoluzione nei percorsi del cervello che si è adattato al fronteggiare i periodi di carestia. «Quando non c’è molto cibo a disposizione, abbiamo bisogno di energia che possa essere stoccata e accessibile quando necessario: il grasso offre il doppio delle calorie per grammo, e carboidrati o proteine e possono essere facilmente memorizzati nei nostri corpi – conclude Farooqi – In quanto tale, avere un percorso che ci dice di mangiare più grassi a scapito di zucchero, che siamo in grado di memorizzare solo in misura limitata nel corpo, sarebbe un modo molto utile di difesa contro la fame».