23 aprile 2024
Aggiornato 10:00
Sentenza della Corte europea

Fecondazione, la legge 40 viola i diritti dell'uomo

La legge italiana sulla fecondazione assistita è incoerente e viola l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo: lo stabilisce una sentenza della Corte Europea dei diritti dell'Uomo di Strasburgo, nel caso Costa e Pavan contro l'Italia

STRASBURGO - La legge italiana sulla fecondazione assistita è incoerente e viola l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo: lo stabilisce una sentenza della Corte Europea dei diritti dell'Uomo di Strasburgo, nel caso Costa e Pavan contro l'Italia (richiesta n. 54270/10); la vicenda riguarda due portatori sani di mucoviscidosi che volevano ricorrere alla fecondazione assistita e alla diagnosi prenatale per evitare di trasmettere il gene ai figli.
La Corte ha rilevato l'«incoerenza del sistema legislativo italiano» che «da una parte priva i richiedenti dell'accesso alla diagnosi genetica pre impianto» e «d'altra parte li autorizza a una interruzione di gravidanza se il feto risulta afflitto da quella stessa patologia». La Corte ne conclude che «l'ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto della loro vita privata e familiare è quindi sproporzionata».

Il caso Costa-Pavan - Rosetta Costa e Walter Pavan, tutti e due italiani, nati nel 1977 e 1975 e residenti a Roma, in occasione della nascita della figlia nel 2006, affetta da mucoviscidosi, hanno scoperto di essere portatori sani della malattia. Di nuovo incinta nel 2010, Rosetta Costa effettuò una esame diagnostico prenatale che rivelò che anche il nuovo feto era colpito dalla malattia; la signora ha fatto allora ricorso a un aborto terapeutico. Oggi la coppia desidera fare ricorso alla fecondazione assistita con una diagnosi pre impianto. Ma, rileva la sentenza della Corte, la legge italiana non consente un depistaggio preimpianto. Invece consente la procreazione assistita per le coppie sterili o quelle ove l'uomo sia colpito da una malattia virale trasmissibile per via sessuale (come l'HIV o l'epatite B o C) per evitare la trasmissione di queste malattie.

Sentenza non definitiva - In base alle disposizioni degli articoli 43 e 44 della Convenzione dei diritti dell'uomo, questa sentenza non è definitiva; entro tre mesi entrambe per parti possono chiedere il rinvio della vicenda davanti all'Alta Camera della Corte per i diritti dell'uomo. In questo caso un collegio di 5 giudici valuterà se la vicenda meriti un esame più ampio. In questo caso l'Alta Camera esaminerà il caso e darà una sentenza definitiva. Una sentenza definitiva viene trasmessa al Comitato dei ministro del Consiglio d'Europa che ne sorveglia l'esecuzione.
La mucoviscidosi o fibrosi cistica è una grave malattia genetica che dà problemi respiratori e può avere evoluzione fatale.
Nella sentenza la Corte di Strasburgo mette in evidenza il precedente di un'ordinanza del tribunale di Salerno del 13 gennaio 2010. Il tribunale campano autorizzava in quell'occasione per la prima volta una coppia di genitori non sterilizzati e non infertili portatori sani di atrofia muscolare ad accedere all'esame diagnostico prenatale.
La sentenza rileva che la legge italiana costituisce di fatto «un'ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata e familiare». Se «il governo italiano giustifica questa ingerenza» parlando della necessità «di proteggere la salute del bambino e della donna», la «corte osserva in primo luogo che le nozioni di 'embrione' e di 'bambino' non devono essere confuse», e aggiunge poi di «non vedere in che modo, nel caso il cui il feto si riveli malato, un aborto terapeutico potrebbe conciliarsi con queste giustificazioni del Governo».
In conclusione la Corte condanna l'Italia a versare alla coppia 15.000 euro per danni e 2500 euro per far fronte alle spese legali.