28 agosto 2025
Aggiornato 11:00
Atti di violenza? Le cronache ne sono piene

Mamme infanticide

La fluttuazione ormonale può portare alla depressione. I sintomi della psicosi puerperale che si traduce in atti violenti

Atti di violenza? Le cronache ne sono piene. Da tempo psichiatri, psicologi, neurologi, biologi e sociologi cercano di capire l’aggressività spinta fino all’omicidio di taluni individui. «La pulsione aggressiva è un istinto indirizzato alla conservazione della specie», dice l’etologo Konrad Lorenz. Ma come la mettiamo con le madri che sopprimono i proprio figli? A sentire gli esperti la maternità è un periodo ad alto rischio per via della fluttuazione ormonale che espone le donne al pericolo della depressione. Lo sostiene uno scienziato della Yale University di New Haven, nel Connecticut e la conferma alle sue tesi viene dalle statistiche: un parto ogni dieci è all’origine di una depressione materna che a volte può essere anche grave.

Le fantasie di suicidio o di infanticidio, se non curate possono tradursi in atti violenti, come ha dichiarato lo scienziato. Per ogni 1000 parti ce n’è uno che scatena una psicosi puerperale . Ed accade che la mamma si suicida col figlio oppure rimane inebetita davanti al piccolo che ha ucciso. I sintomi che la preannunciano sono insonnia per molte notti, agitazione, umore maniacale o irritabile che la porta ad evitare il figlio. La donna può avere allucinazioni, convincersi che il figlio è posseduto dal demonio, udire voci che le dicono di ucciderlo. Naturalmente in casi del genere bisognerebbe immediatamente ricoverare la donna perché venga sottoposta a terapia adeguata. Ma l’istinto ad uccidere è soprattutto maschile? Parrebbe di sì visto che secondo le statistiche gli uomini uccidono altri maschi da 20 a 40 volte più di quanto le donne ammazzino altre donne. E la maggior parte lo fa tra i 15 e i 30 anni d’età. Si possono prevenire questi eccessi individuandoli per tempo? Ci riferiamo ovviamente ai comportamenti malati perché esistono forme di violenza comuni che vengono praticate normalmente, in guerra per esempio, contro le quali la medicina non può davvero niente. Ma come riconoscere uno psicopatico che può sembrare anche un individuo normale, simpatico, mentre, invece, potrebbe essere un serial killer? La sua anomalia è rivelata dalle reazioni emotive: non si innervosisce per i rumori forti; non sbatte le palpebre se sorpreso o minacciato; non è impulsivo, non perde il controllo (anzi spesso i killer seriali si divertono a provocare gli investigatori), vocaboli come «uccidere» o ferire per lui equivalgono a «sedia» o «tavolo».

Uno scienziato del Maryland ha dimostrato con un esame diagnostico cerebrale che negli psicopatici l’amigdala (la parte del cervello che elabora le emozioni) non si attiva come nei sani quando vedono una persona triste o adirata. Non provano empatia per le sofferenze altrui e nemmeno paura per le conseguenze delle loro azioni. Se viene danneggiata in giovane età un ‘area del cervello che consente di imparare ciò che è bene o è male, ecco che ci si può trovare davanti ad una personalità antisociale perché il cervello non sa più controllare gli impulsi in base alle regole sociali. La stessa cosa può avvenire se la lesione della corteccia prefrontale che controlla gli impulsi avviene in età adulta. La diagnostica per immagini ha mostrato che fra i detenuti per crimini violenti, la diffusione di traumi cranici è maggiore rispetto ai detenuti per altri crimini e ai non detenuti. Lo stesso scienziato del Maryland ha scoperto che spesso i condannati per omicidio hanno anomalie dell’attività della corteccia prefrontale e che le personalità antisociali hanno l’11% in meno di sostanza grigia dei lobi frontali. Da un'altra indagine è risultato che chi è stato maltrattato nell’infanzia ha un rischio maggiore di comportamento antisociale e violento. E più il maltrattamento è precoce maggiore è il rischio. Anche se la maggior parte dei bambini maltrattati non diventano, per fortuna, adulti delinquenti o criminali. Ciò nondimeno per prevenire la delinquenza bisognerebbe studiare un piano per togliere dalla strada tutti quei minori che vengono costretti dagli adulti a elemosinare e che subiscono pesanti ritorsioni se non riescono a mettere insieme, in una giornata, un congruo bottino.