19 aprile 2024
Aggiornato 05:00
A cura di Carla Pilolli

Attacchi di panico

Roma detiene il record. Come curare il disturbo

Tra tutti i record detenuti da Roma c’è anche quello, non certo invidiabile, degli attacchi di panico. E questo perché sono molte le barriere architettoniche della Capitale che impediscono, nella mente di chi soffre di questo disturbo, una via di fuga. In primo luogo il traffico. In certe ore, finire imbottigliati in una via della Capitale non vuol dire non avere alcuna via di scampo se non quella di abbandonare l’auto. C’è poi l’autobus che di per sé è già un ambiente rischio e inoltre gli uffici pubblici sono sempre molto affollati. Roma ha strappato questo record a Milano, ma va detto che in Italia il 3 per cento della popolazione soffre di questo disturbo: più frequente di 2-3 volte nelle donne rispetto agli uomini.

Esordisce generalmente tra i 16 e i 45 anni e colpisce tutte le classi socio-economiche. Ed in effetti sono tanti gli italiani che cercano la scusa più credibile per non partire, non volendo confessare al prossimo di soffrire di attacchi di panico. Soprattutto hanno paura di volare ma anche di prendere il treno e di viaggiare in auto. Colpa dell’anidride carbonica(CO2) che è la massima imputata. E’ stato infatti evidenziato il rapporto fra anidride carbonica nella cabina di un aereo e un attacco di panico. Eppure basterebbe una cura di pochi giorni per superare la paura di volare, stando a quanto affermato da uno studioso del disturbo, il professor Rosario Sorrentino, neurologo alla Paideia di Roma: «Esistono- ha detto- terapie mirate soprattutto quella farmacologica ma anche la psicoterapia cognitivo-comportamentale. Il metodo, da me messo a punto e sperimentato, prevede sia per chi vive il volo con ansia e forte apprensione, sia per chi rifiuta l’aereo in modo ostinato e sia per chi ha avuto o ha attacchi di panico durante il volo, di assumere cinque-sei giorni prima del volo previsto una terapia farmacologica mirata e calibrata alla persona. La cura sarà efficace a mettere in stand by, a riposo, quei sensori, quegli interruttori, quei centri nervosi che nel nostro cervello fanno scattare all’improvviso gli attacchi di panico. Gli stessi farmaci vanno presi anche al momento dell’arrivo in aeroporto e se necessario durante il viaggio. Successivamente alla terapia farmacologica mirata e calibrata alla persona, ci si sottopone alla psicoterapia cognitivo-comportamentale. Le due metodiche consentono al paziente di desensibilizzarsi progressivamente e di riabilitarsi ad esporsi alle situazioni temute».

E’ stato Rosario Sorrentino il primo studioso a parlare di CO2 come responsabile degli attacchi di panico sugli aerei. .«Rilevazioni sperimentali hanno riscontrato alti livelli di anidride carbonica (CO2), specie al decollo e all’atterraggio, sempre superiori al livello ritenuto accettabile per il comfort anche se lontani dai limiti di pericolosità- è stata la spiegazione del prof Livio de Santoli, Ordinario di Impianti Tecnici all’Università «La Sapienza», esperto di qualità dell’aria negli ambienti chiusi- «I valori riscontrati elevati sono conseguenza dell’elevato tasso di affollamento, del regime di ventilazione adottata negli aerei e dei mezzi filtranti impiegati. Nella cabina viene mantenuta una pressione di 0,75 atm per contrastare quella presente nell’ambiente esterno di 0,5 atm (10000 m). A tali valori di pressione (25% inferiore a quella atmosferica) sorgono difficoltà respiratorie che peggiorano l’effetto nocivo delle alte concentrazioni di CO2. Cosi come, effetto non trascurabile, tutto il fenomeno viene influenzato dal valore molto basso di umidità relativa (30%) mantenuto negli aerei. La cabina dell’aereo rappresenta poi uno spazio in cui le condizioni di vita risultano critiche. Con un mc di spazio disponibile per ogni viaggiatore, nell’ipotesi di assenza totale di ventilazione, in 15 minuti si raggiungerebbero le concentrazioni ritenute pericolose di CO2 (5000 ppm) . Infatti in uno spazio limitato le condizioni dell’individuo non possono essere considerate normali e anche la sua produzione di CO2 aumenta ben al di sopra dei suoi valori standard (20 litri per persona per ora in condizioni di sedentarietà). Negli aerei la ventilazione fornisce valori di ricambio di aria esterna che vanno da 5 anche fino a 2 L/s pers di aria esterna (rispettivamente il 50% e il 20% di quanto imposto per la vivibilità negli uffici dove lo spazio considerato per ogni persona è 20 volte superiore)».

Quanto agli attacchi di panico uno studio italiano, li ha «fotografati». In particolare, con la Risonanza Magnetica funzionale si è riusciti a «vedere» nel cervello non solo il momento in cui il soggetto immagina o vive una situazione che potrebbe scatenare la paura ma anche il momento in cui avverte la paura. L’eccezionale documento è il risultato di uno studio che è stato condotto dal professor Rosario Sorrentino e dal professor Stefano Bastianello, Direttore del Servizio di Neuroradiologia dell’Università di Pavia e IRCCS Fondazione «C. Mondino». «Anni fa – ha affermato Bastianello - colleghi americani sono riusciti a catturare l’immagine di un attacco di panico, utilizzando la PET, uno strumento invasivo che usa isotopi radioattivi. Adesso invece siamo riusciti a «fotografare» l’attacco di panico e il suo percorso nel cervello con la Risonanza Magnetica funzionale (fMRI). Non è stato facile giungere a questo risultato perché non è possibile intervenire con la strumentazione al momento dell’insorgenza dell’attacco. Recenti teorie neuro-anatomiche hanno proposto l’estensivo coinvolgimento del sistema limbico nella patogenesi e nel controllo degli attacchi di panico; inoltre è dimostrato che per questi soggetti è sufficiente pensare a determinate situazioni che creano loro paura ed ansia perché si manifestino le alterazioni anatomo-psicologiche caratteristiche dell’evento acuto (alterazioni della frequenza cardiaca, della pressione sanguigna e del respiro). Quest’ultima affermazione è quindi il presupposto essenziale per l’esecuzione dello studio. Tutti i soggetti prima dell’esame descrivono gli episodi, precedentemente vissuti, che hanno loro suscitato attacchi di panico e/o paura di volare, eventi che vengono poi riproposti dall’operatore ai soggetti durante l’esecuzione dell’esame al fine di evidenziare appunto l’attivazione di specifiche aree corticali. Utilizzando un apparecchio di RM ad alto campo viene applicato uno schema a blocchi, in cui si alternano periodi di stimolazione (proposizione di un evento che aveva suscitato al soggetto paura di volare) e periodi di quiete (proposizione di un evento indifferente per il soggetto in esame). Le immagini ottenute, dopo essere state preliminarmente rielaborate attraverso uno specifico sistema di applicazione (SPM 2), vengono elaborate per ottenere «mappe» di attivazione corticale che descrivono le aree che si attivano durante la riproduzione del panico. In sostanza, nei pazienti con attacchi di panico e paura di volare le regioni del cervello coinvolte, che possono essere studiate e quantificate con la RM funzionale, sono la regione frontale inferiore, il giro del cingolo e l’ippocampo».