8 maggio 2024
Aggiornato 06:00
Il latte vaccino intero è somministrato ai neonati ancora troppo presto (tra il 7° e l’8° mese di vita)

Latte vaccino e prima infanzia

La dieta dei neonati è fondamentale per sviluppare le potenzialità genetiche

VERONA - L’American Academy of Pediatrics, il Ministero della Salute e la Società Italiana di Pediatria sconsigliano la somministrazione di latte vaccino intero nei primi dodici mesi di vita, come indicato anche nelle linee guida per l'alimentazione durante il primo anno di vita dell’ESPGHAN.
I rischi dell’assunzione precoce vanno dall’anemia all’eccessivo introito proteico, sino alla carenza di acidi grassi essenziali e di vitamine. L’allerta viene dal Congresso «Nutrizione e metabolismo nel bambino» in programma a Verona dal 18 al 19 settembre.

La nutrizione in età infantile è oggi oggetto di studi approfonditi per il riconoscimento dell’esistenza di «finestre critiche» dello sviluppo («critical windows»), durante le quali l’eccesso o il difetto di fattori nutrizionali diversi potrebbe indurre conseguenze a lungo termine, come lo sviluppo di malattie cardiovascolari e obesità, con forti implicazioni biologiche e per la salute pubblica.

Durante le fasi precoci dello sviluppo, alcuni nutrienti possono avere effetti a breve termine su crescita, massa corporea e risposte funzionali dell’organismo, ma anche a medio-lungo termine sul rischio di malattia nel corso dell’età adulta.

Fattori di crescita e nutrienti essenziali possono influire sulla qualità della crescita, mentre eccessi di nutrienti, come proteine e grassi saturi possono programmare una maggiore tendenza a sviluppare obesità. Un apporto adeguato di acidi grassi essenziali, ferro, zinco e iodio, può contribuire a sviluppare al meglio le potenzialità genetiche.

È l’importante messaggio che verrà ribadito al prossimo congresso sulla nutrizione infantile che si terrà presso l’Università di Verona dal 18 al 19 settembre.

L’assunzione precoce di latte vaccino è universalmente sconsigliata prima dei 12 mesi di vita ma le perplessità esistono anche in bambini di età compresa tra i 12 e i 36 mesi di vita .

Il latte vaccino è particolarmente sconsigliato come principale fonte lattea per i bambini al di sotto dei 12 mesi di vita, come raccomandato dall’American Academy of Pediatrics (AAP) che sostiene come il latte di mucca non andrebbe somministrato al di sotto di questa età, raccomandazione condivisa anche dal Ministero della Salute, dalla Società Italiana di Pediatria (SIP) e dalla Società Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica (ESPGHAN).

Questo sarebbe infatti squilibrato rispetto ad alcuni importanti nutrienti e non rappresenta una valida alternativa al latte materno.

Indagini epidemiologiche e di mercato hanno rilevato invece che è il latte vaccino intero ad essere più frequentemente usato a partire dal 7°-8° mese di vita.

Il latte materno dovrebbe invece continuare ad essere somministrato almeno fino ai 12 mesi di vita e in caso di mancanza dovrebbe essere sostituito con una formula specificamente studiata.

Il latte vaccino sarebbe sconsigliato nei primi 12 mesi di vita in particolare per prevenire il rischio di anemia: ad 1 anno di vita il 17% di bambini allattati con latte vaccino è anemico rispetto all’1% dei lattanti alimentati con formula integrata (2).

«Il fattore dietetico che più influenza il rischio di carenza di ferro e anemia è proprio l’introduzione precoce del latte vaccino ‘fresco’. Il ferro nel latte vaccino infatti ha una biodisponibilità oltre 10 volte inferiore rispetto al latte materno» spiega il Professor Claudio Maffeis, segretario del Congresso. 

(il 50% del ferro del latte materno viene utilizzato contro il 3-4% di quello vaccino).

«Anche l’eccesso di proteine è sconsigliato in quanto può determinare sovrappeso o obesità in età successive: l’apporto proteico del latte vaccino è significativamente più elevato rispetto al latte materno o ad una formula di proseguimento/di crescita. Infatti nel latte vaccino la concentrazione di proteine è circa tre volte superiore a quella del latte materno» continua il Professor Claudio Maffeis.

Per quanto riguarda i grassi, essi rappresentano la principale fonte di energia nei primi mesi di vita: in un recente articolo la Commissione dell’ESPGHAN , che già nel 1994 raccomandava di non ridurre mai l’apporto di grassi prima dei 3 anni di vita e di posticipare l’introduzione di latte vaccino dopo i 2-3 anni, precisa che l’introito lipidico non dovrebbe mai essere inferiore al 25% della quota energetica giornaliera.

I lipidi non rappresentano solo i principali determinanti dell’intake energetico,ma svolgono anche importanti funzioni strutturali e metaboliche. Gli acidi grassi polinsaturi a lunga catena (LC-PUFA) sono fondamentali per una corretta crescita, per lo sviluppo del sistema nervoso, della capacità visiva e hanno un’influenza notevole sulla risposta infiammatoria, sulla pressione arteriosa e l’attività cardiaca. Nel latte vaccino la concentrazione acido arachidonico (AA) e , soprattutto, di acido docosaesaenoico (DHA) è a livelli minimi. Anche la presenza dei loro precursori (acido linoleico ed acido alfa-linolenico) è limitata.

Con l’inizio dello svezzamento aumenta il rischio di carenze di micronutrienti; oltre al ferro, sono a rischio di carenza anche lo zinco e le vitamine A, C, D ed E di cui il latte vaccino è carente.

La vitamina A è 1,5 volte più elevata nel latte materno rispetto al latte vaccino, lo stesso vale per la vitamina D, mentre le vitamine E e C sono rispettivamente 10 volte e 5 volte maggiori nel latte materno rispetto al latte di mucca.

Il latte vaccino intero infine contiene elevate quantità di grassi saturi e colesterolo, ed è ormai universalmente noto che i grassi saturi (derivanti da proteine animali) sono i più pericolosi perché predispongono all’aterosclerosi.

Il latte vaccino ‘fresco’ è un alimento validissimo per l’alimentazione di adulti e anziani e per i bambini dopo il 3° anno di vita, ma la sua somministrazione nei primissimi anni di vita, e nel primo anno in particolare, è associata al rischio di indurre alcuni squilibri alimentari da eccessi di alcuni nutrienti e da carenze di altri. Il latte di riferimento è sempre quello materno. Se questo manca o è insufficiente può essere usato un latte formulato che contribuisca a bilanciare l’apporto nutrizionale.

Non c’è posto per il latte vaccino non modificato come fonte lattea esclusiva nei primi 12 mesi di vita e probabilmente fino ai 3 anni, gli esperti sono concordi.