26 aprile 2024
Aggiornato 00:30

Cassazione: tra i diritti del feto anche quello di nascere sano

Ma non c'è diritto a non nascere se non si è sani

ROMA - Il bambino ha i suoi diritti prima ancora di venire alla luce e tra questi c'è il diritto a nascere sani. Perciò il medico che prescrive alla mamma farmaci che provocano malformazioni oltre a risarcire i genitori per non averli informati sulle possibili conseguenze dei farmaci, deve pagare i danni anche al figlio. Al contrario non esiste, precisa la Corte, un «diritto a non nascere» e quindi non è possibile riconoscere anche al bambino un risarcimento collegato alla mancanza del consenso informato sul trattamento farmacologico. In pratica, il fatto che la madre non sia stata messa in condizioni di decidere se abortire in caso di malformazioni del piccolo, non dà diritto al figlio di ottenere un «autonomo» risarcimento. Perché se così fosse, spiega la Corte, esisterebbe un «diritto a non nascere» di cui è titolare il concepito.

Con una articolata sentenza che da un lato ribadisce la tutela offerta dalla legge al concepito già prima della nascita, dall'altro evidenzia che non si può invece parlare di un «diritto a non nascere se non sani», la Cassazione ha messo la parola fine ad una vicenda che ha tenuto occupati tribunali e corti d'appello per 23 anni. I giudici della terza sezione civile della Corte, con la sentenza 10741, hanno confermato la decisione della Corte d'appello di Napoli che ha condannato due medici a risarcire con poco più di 600 milioni di lire in totale sia il papà e la mamma di un bambino nato malformato nel 1986, sia il figlio. In particolare, mentre ai genitori vengono riconosciuti i danni per la violazione, da parte dei medici, dell'obbligo di ottenere il consenso informato sull'uso dei farmaci che hanno poi causato le malformazioni al feto, il figlio deve essere risarcito per quelle stesse malformazioni in nome del diritto a nascere sani. Un diritto, sottolinea la Cassazione, di cui «il nascituro» è titolare «sul piano personale quale concepito», dunque prima ancora della nascita.

Per queste ragioni la Cassazione ha confermato la sentenza di secondo grado respingendo sia il ricorso della famiglia sia quello dei medici. Infatti mentre in primo grado era stato riconosciuto un risarcimento di oltre 2 miliardi di lire, in appello i giudici avevano ridotto l'importo precisando che nel caso del bambino il danno non poteva essere calcolato anche sulla base della mancanza del consenso informato. Dal momento che il nascituro non può essere ritenuto titolare di un diritto a non nascere se avesse saputo del rischio malformazioni. Contro tale decisione avevano perciò fatto ricorso tutte le parti in causa ma la conclusione dei giudici d'appello è stata condivisa dalla Cassazione. Il farmaco che ha dato origine alle malformazioni era il «Clomid», adoperato dai medici per favorire la gravidanza. La coppia infatti si era rivolta agli specialisti perché non riusciva ad avere figli.