19 marzo 2024
Aggiornato 07:00
L'intervista

Storace: «Se il centrodestra non si unisce, rischiamo di tenerci Conte per molti anni»

Francesco Storace, ex ministro e presidente del Lazio, oggi vicedirettore del Tempo, fa un'analisi al DiariodelWeb.it di questa coalizione di centrodestra divisa e senza guida

Francesco Storace, ex ministro e presidente del Lazio, oggi vicedirettore del Tempo
Francesco Storace, ex ministro e presidente del Lazio, oggi vicedirettore del Tempo Foto: ANSA

Non bastano i sondaggi che salgono, i continui errori del Pd e del M5s, le prossime Regionali che potrebbero anche essere vinte su ogni fronte. C'è una cosa su tutte che Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi devono capire. Se continuano a procedere in ordine sparso su pressoché ogni grande tema (a partire dall'Europa, dove Forza Italia tiene linee diametralmente opposte a quelle di Lega e Fratelli d'Italia), se continuano a dare l'impressione di una coalizione che esiste solo a livello elettorale, ma per il resto è divisa e senza una guida, non si potranno mai prendere il ruolo di autentica alternativa per il governo del Paese.

Il che significa, di conseguenza, prolungare all'infinito la data di scadenza dello scalcagnato Conte. A vergare questa lucida analisi, nonché a lanciare un appello ai tre contraenti dell'alleanza, è stato Francesco Storace, ex ministro e presidente della Regione Lazio, sulle colonne del Tempo di cui oggi è vicedirettore. Il DiariodelWeb.it lo ha raggiunto per raccogliere la sua opinione.

Francesco Storace, a guardarlo dall'esterno, il centrosinistra sembra talmente litigioso da non riuscire a raggiungere nemmeno gli accordi sulle candidature unitarie alle Regionali. Invece lei punta il dito sul centrodestra, sostenendo addirittura che dà l'impressione di non voler nemmeno «essere una coalizione». Perché?
In effetti non mi riferivo alle candidature, perché su quel punto il centrodestra riesce sempre ad unirsi. Tanto è vero che l'ho definito una formidabile macchina da guerra, in campagna elettorale. Il problema è governare. Anzi, porsi come alternativa unitaria per il governo del Paese, di fronte agli italiani.

E cosa lo impedisce?
Il fatto che troppo spesso, all'interno di questa coalizione, si soffra di gelosie degli uni rispetto agli altri, a seconda dell'andamento dei sondaggi. Io spero che si riesca a trovare il bandolo della matassa. E si comprenda che, se non si fa questo, rischiamo di tenerci Conte ancora per chissà quanti anni.

Dunque, quando lei richiama l'interesse nazionale si riferisce a questo?
L'interesse nazionale è un po' più ampio di Conte. Riguarda, ad esempio, il rapporto con l'Europa e con i mercati, la capacità di farsi rispettare quando si stipulano accordi. Ogni giorno che passa, dalla scatola misteriosa di questo Recovery Fund escono sorprese che nessuno ci aveva raccontato: sulle condizionalità, sulle modalità d'impegno, sulla restituzione... Di fronte a tutto ciò, il dubbio che sia stata una grande svendita dell'Italia affiora. Perciò la coalizione di centrodestra dev'essere capace di dare risposte unitarie su tutto.

Di fronte a questi problemi, dunque, gli interessi di partito dovrebbero andare in secondo piano.
Anche perché io comincio a pensare che i partiti siano sempre meno importanti. Contano di più le persone, nella natura del sistema che si sta creando, fondato sulle leadership di partito per la premiership di governo. Purtroppo, per avvicinarsi ad una leadership di coalizione, vedo un percorso ancora molto lungo. Ma questo vale da una parte come dall'altra.

A Salvini lei rimprovera di avere l'unico obiettivo di diventare personalmente presidente del Consiglio, rispettando poco i suoi alleati.
Poi sarà costretto a rispettarli per i voti. Ma fare la primadonna non serve: un caposquadra deve pensare anche alla sua squadra. A me è risultato strano assistere a dei comizi di Salvini in Regioni che stanno per andare ad elezioni, in cui non veniva nemmeno menzionato il candidato presidente. Mi sono chiesto a che cosa servissero.

E Berlusconi, invece, che intenzioni ha? Vuole entrare nel governo, dare l'appoggio esterno...?
Non credo che voglia entrare al governo. Semmai vorrebbe che la fine di questo governo non corrisponda con quella della legislatura. Cioè che venga trovata un'altra maggioranza. Anche se, gli va riconosciuto, ogni volta ribadisce che intende farlo insieme ai suoi alleati. Vai a capire se poi, quando arriverà il momento della verità, manterrà questo atteggiamento. Purtroppo Berlusconi, da questo punto di vista, ha perso quella linearità che lo caratterizzava.

Quindi punta ad un governissimo? Un esecutivo di unità nazionale, con tutti dentro, magari guidato da un tecnico alla Draghi?
Può darsi. Ma non credo sia così folle da farlo senza gli alleati. Siccome gli alleati, a parole, non ci dovrebbero stare, il disegno di far durare la legislatura oltre il governo Conte mi pare destinato al fallimento. Comunque la politica ci ha abituato alle sorprese più incredibili...

E Giorgia Meloni, che è la figura che in quest'ultimo periodo sta guadagnando più consensi, potrebbe essere un buon leader per il centrodestra?
Questa è la speranza di molti di noi. Ma vale anche per lei, come per tutti, il fatto che debba curare la coalizione ancor più del suo partito.

Che cosa le manca?
Quello che manca agli altri due: la volontà di creare una cultura comune, invece di piazzare le proprie bandierine. Per carità, la Meloni fa bene la propria politica, perché è sulla cresta dell'onda, riesce a convincere e a penetrare nel cuore degli italiani meglio di altri. Però non dobbiamo mai dimenticare di fare i conti con la volubilità dei sondaggi.

In chiusura del suo editoriale, lei cita questo famigerato Partito della nazione. Come se lo immagina: un nuovo Pdl?
Come sa, il Pdl non mi è stato mai in simpatia...

Infatti!
Soprattutto perché nasceva dall'alto. Diverso sarebbe disegnare un percorso che parta dal territorio, ma non mi pare che ci sia questa volontà. Io mi sono limitato semplicemente a registrare un'iniziativa a cui sta lavorando l'onorevole Urso, che ha voluto chiamare molti studiosi a delineare il perimetro dei valori comuni, che potrebbero essere validi per tutte le forze politiche.

Riunire questi tre contraenti in un unico partito, al momento, sembra più che altro fantapolitica.
Lo credo anch'io.