Prisco: «Perché il presidenzialismo è la madre di tutte le riforme istituzionali»
L’onorevole Emanuele Prisco, di Fratelli d’Italia, spiega al DiariodelWeb.it la proposta di riforma presidenzialista recentemente rilanciata da Giorgia Meloni ad Atreju

Alla recente kermesse di Atreju, la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha rilanciato la proposta di una riforma costituzionale in senso presidenziale, raccogliendo assensi generalizzati sia dal centrodestra che dal centrosinistra. Ma c’è davvero il margine politico per un cambiamento così importante dell’Italia a livello democratico e istituzionale. Il DiariodelWeb.it lo ha chiesto all’onorevole Emanuele Prisco, di Fdi, relatore della proposta in questione alla commissione Affari costituzionali.
Onorevole Emanuele Prisco, perché Fratelli d'Italia ritiene fondamentale la riforma presidenzialista?
Per noi il presidenzialismo è la madre delle riforme istituzionali della nostra Repubblica, per due ragioni. Una di tipo interno, cioè di tenuta del governo e di democrazia diretta. Da un lato perché i cittadini, il giorno delle elezioni, possano scegliere da chi farsi governare e chi mandare all'opposizione; dall'altro per evitare strani giochi di palazzo. La riforma, infatti, prevede anche la cosiddetta sfiducia costruttiva: cioè, per sfiduciare un governo, bisognerà indicare anche con chi sostituirlo, per evitare manovre al buio.
La seconda ragione?
Per dare maggiore stabilità e autorevolezza anche a livello internazionale. Non è pensabile che l'Italia, uno dei Paesi più importanti al mondo, si faccia rappresentare ogni anno da un presidente diverso. Questo è inammissibile.
Se nel centrodestra sono emerse ultimamente delle divergenze, su questo punto invece c'è compattezza totale: sia Salvini che Berlusconi si sono espressi in modo chiaro a favore del presidenzialismo.
Sì, perché è evidente che rafforzare il ruolo del rappresentante dell'unità nazionale, un presidente eletto direttamente dai cittadini, consentirebbe di dare più deleghe ai territori, ai Comuni, alle Regioni. Quindi di attuare una sorta di sussidiarietà, di avvicinare i poteri locali ai cittadini.
Quello che ha colpito di più è che anche dall'area del centrosinistra sono arrivate delle adesioni in tal senso. Forse stavolta c'è veramente il margine politico per realizzare questa idea.
Me lo auguro. Il dibattito ad Atreju, che ha visto anche l'autorevolissima presa di posizione del professor Cassese, dà l'idea della necessità di un cambiamento. Di avviare la terza Repubblica, in cui valga veramente il voto dei cittadini. Anche Violante mi pare che si sia espresso su questo modello. Ovviamente noi non abbiamo la pretesa di imporre la nostra proposta tout court: è una base di ragionamento che può essere modificata. L'importante è la scelta di campo. E credo che i tempi siano maturi per la democrazia diretta. Noi prevediamo una riforma semipresidenziale, in cui il capo dello Stato assorba anche una parte dei poteri attualmente attribuiti al presidente del Consiglio.
Qual è la road map che avete in mente per la vostra campagna?
Attualmente la proposta è incardinata alla commissione Affari costituzionali, Giorgia Meloni ne è prima firmataria e io ho l'onore di esserne relatore. Già si sono svolte alcune audizioni. Volere è potere: noi siamo l'unica forza politica all'opposizione, ma se c'è una convergenza in questo senso siamo in grado di approvarla anche velocemente. Altrimenti restano due ipotesi.
Quali?
La prima: aspettare la prossima legislatura, con un impegno che mi pare trasversale e generalizzato nel nuovo parlamento; e me lo auguro, perché le regole del gioco vanno condivise. La seconda, quella che avanzava il presidente Pera: eleggere un'assemblea costituente, con la finalità di costruire una terza Repubblica di tipo presidenziale, che può essere una strada autorevole. Ovviamente la finalità non sarebbe quella di modificare la prima parte della Costituzione, ma solamente quelle successive.
L'unico che ha fatto sentire la propria contrarietà, quantomeno sui modi, è Conte, che ha tuonato che non si possono decidere queste riforme a fine legislatura. Cosa ne pensa?
Io dico: sediamoci ad un tavolo e ragioniamo. Stabiliamolo insieme, nel merito si può discutere. Se non si può fare questa riforma, però, non si può fare neanche quella elettorale.
Peraltro i cittadini, stando ai sondaggi, sembrano in maggioranza favorevoli a questa proposta. Sia gli elettori di centrodestra che di centrosinistra.
Certo, perché è un sistema che funziona. Lo vedono nei Comuni e nelle Regioni, dove votano, la sera del voto si sa chi ha vinto, per cinque anni governa e poi viene giudicato nuovamente dagli elettori. Se ha fatto bene viene confermato, se ha fatto male viene rimandato a casa. Questa si chiama democrazia. Il problema dell'Italia è che oggi c'è chi ha votato per una forza politica come il Movimento 5 stelle, che si era impegnata a non allearsi mai con il Pd, con la Lega, con Berlusconi, e poi ha fatto tutte e tre le cose. A quel punto, giustamente, il cittadino pensa che il suo voto non vale nulla e l'effetto è l'astensionismo al 40%.
C'è anche chi sostiene che, eleggendo Draghi al Quirinale, si creerebbe una sorta di presidenzialismo di fatto, perché lui continuerebbe a condizionare indirettamente il governo.
Io dissento, perché c'è un piccolo particolare. Nel presidenzialismo chi fa il presidente viene deciso dai cittadini che votano. Questa è la differenza tra il presidenzialismo di fatto e quello che vorremmo noi, cioè quello di diritto.
A proposito, le condizioni attuali in parlamento, per la prima volta dopo molti anni, sembrano attribuire il pallino dell'elezione del capo dello Stato al centrodestra. Siete convinti della candidatura di Berlusconi?
Sicuramente Berlusconi è una garanzia per la sovranità nazionale italiana e lo ha dimostrato nel corso di tutta la sua vita. C'è una candidatura di centrodestra in campo, poi se ne parlerà al momento delle elezioni. Personalmente a me piacerebbe, ma questo è solo un mio giudizio.