25 aprile 2024
Aggiornato 02:30
Lotta alla criminalità organizzata

Mafia, operazione anti-Stidda tra Gela e Brescia: 70 arresti in tutta Italia

Il clan estendeva il suo controllo anche in altre regioni. Dagli accertamenti finanziari si è giunti al sequestro di beni per 35 milioni di euro

Mafia, operazione anti-Stidda tra Gela e Brescia: 70 arresti in tutta Italia
Mafia, operazione anti-Stidda tra Gela e Brescia: 70 arresti in tutta Italia Foto: ANSA

PALERMO (ASKANEWS) - La Stidda, l'organizzazione mafiosa della provincia di Caltanissetta era pronta a dar vita ad una nuova guerra coi clan rivali di Cosa nostra. È quanto accertato dalle indagini della Polizia che hanno portato in Sicilia all'esecuzione di 35 ordinanze di custodia cautelare, di cui 28 in carcere e 7 agli arresti domiciliari, nei confronti di indagati a vario titolo per associazione mafiosa, estorsione, associazione per delinquere finalizzata al traffico e spaccio di stupefacenti e detenzione illegale di armi. L'organizzazione criminale aveva nel tempo esteso le sue ramificazioni al nord. Altre 15 persone, infatti, sono state fermate in Lombardia su disposizione della Dda di Brescia, nell'ambito di un'ordinanza che riguarda 75 persone, accusate di reati finanziari e di essere state legate agli affari dei clan. Dagli accertamenti finanziari, poi, si è giunti al sequestro di beni per 35 milioni di euro.

La Stidda disponeva di un esercito di «500 leoni»

L'ordinanza è stata eseguita dagli agenti del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, della Squadra Mobile di Caltanissetta e del Commissariato di Gela, con l'ausilio del Reparto Prevenzione Crimine e di Unità cinofile di Palermo e Catania e delle Squadre Mobili di Catania, Siracusa, Chieti, L'Aquila, Brescia e Cosenza. Secondo gli inquirenti, la Stidda di Gela disponeva di un vero e proprio esercito con «500 leoni» armati che avrebbero potuto dar vita ad una guerra di mafia. L'indagine, denominata «Stella Cadente», ha avuto origine nel 2014 dopo il ritorno in libertà dei fratelli Bruno e Giovanni Di Giacomo, che una volta fuori dal carcere hanno riallacciato le fila di una fitta rete di contatti con sodali, vecchi e nuovi, della stidda gelese. In particolare, i due fratelli sono riusciti a imporre la loro supremazia nel territorio gelese avvalendosi d'imprese mafiose, intestate a prestanome, dedite alla distribuzione dei prodotti per la ristorazione e di prodotti alimentari, in quello delle serate in discoteca e nel settore immobiliare. I magistrati sono riusciti a documentare diversi episodi di estorsione ai danni di commercianti e imprenditori, anche avvalendosi di attentati incendiari nei confronti di chi si rifiutava di sottostare alla legge del clan. La Stidda, capeggiata da Bruno Di Giacomo, aveva imposto l'acquisto di prodotti per la ristorazione e alimentari a numerosi commercianti gelesi che erano costretti ad acquistare, talvolta a prezzi maggiorati e in altre occasioni in quantità maggiori rispetto al loro volere. Altro settore economico d'interesse dell'organizzazione era quello delle costruzioni, della ristrutturazione e compravendita immobiliare, dove la Stidda si era inserita attraverso società di comodo, intestate ad Alessandro Emanuele Pennata, costituite al chiaro scopo di «ripulire» il danaro proveniente dalle attività illecite.

Il modus operandi

Autista e «portavoce» di Di Giacomo era poi Vincenzo Di Maggio che si occupava di riferire gli ordini del capo agli altri componenti del gruppo presenti sul territorio. Così facendo i fratelli Di Giacomo e lo storico stiddaro Filippo Scerra evitavano di incontrarsi quotidianamente, riducendo il rischio di essere scoperti dalla polizia. Sempre Di Maggio, faceva parte poi dell'ala cosiddetta «imprenditoriale» del clan, avendo assicurato il proprio contributo nella gestione di attività economiche controllate dall'organizzazione mafiosa, e risultando preposto alla gestione di una nota discoteca, che era sotto il completo controllo degli stiddari. Di Maggio, insieme ad Alessandro Scilio e Gaetano Marino, si occupava anche del traffico di stupefacenti. In poco tempo, la Stidda ha intessuto rapporti con importanti piazze siciliane dello spaccio come quella di Palermo, Catania e Vittoria, dove sono stati individuati alcuni fornitori e corrieri, ma anche con piazze di spaccio torinesi. Diversi i covi impiegati dall'organizzazione. Da quello di via Tucidide, dove 4 anni fa furono scoperti 13 chili di hashish e marijuana e una pistola calibro 75, a quello di via dei Mille dove, nel novembre del 2016 furono trovati 52 chili di hashish, un chilo di cocaina e una pistola semiautomatica con matricola abrasa.

Sequestrati beni per 35 milioni di euro

Un altro covo a disposizione della Stidda è stato scoperto in via Solferino, dove Giuseppe Nastasi deteneva e spacciava droga per conto de clan. Per quanto concerne il sequestro di beni, si tratta dell'intero capitale sociale e del compendio aziendale della Cartaplastic srls, con sede legale a Gela, che si occupa del commercio di saponi e detersivi e ingrosso di altri prodotti nel settore alimentare, intestato a Laura Cosca quale titolare delle quote; dell'intero capitale sociale e del compendio aziendale della Sweet Plastic srls, con sede legale a Gela, che si occupa del commercio di saponi e detersivi e ingrosso di altri prodotti nel settore non alimentare, intestato sempre a Laura Cosca quale titolare delle quote; dell'intero capitale sociale e del compendio aziendale della Malibù Indoor srls, con sede a Gela, che si occupa d'intrattenimento all'interno della discoteca Malibù di Gela, con intestazione di parte delle quote a Giuseppe D'Antoni.