19 marzo 2024
Aggiornato 04:30
Autostrade

Chiesti dieci anni di carcere per l'amministratore delegato di Autostrade

Non c'è solo il crollo del ponte Morandi di Genova: Giovanni Castellucci, ad della concessionaria autostradale, è imputato anche nel processo sul viadotto Aqualonga

L'amministratore delegato di Autostrade per l'Italia, Giovanni Castellucci, in conferenza stampa
L'amministratore delegato di Autostrade per l'Italia, Giovanni Castellucci, in conferenza stampa Foto: Luca Zennaro ANSA

ROMA – Non bastano i guai per il crollo del ponte Morandi di Genova. Ora Giovanni Castellucci, amministratore delegato di Autostrade per l'Italia, si ritrova coinvolto anche nello spinoso caso giudiziario che riguarda la strage del bus precipitato nella scarpata il 28 luglio 2013. Al capo della concessionaria autostradale sono stati chiesti dieci anni di reclusione per omicidio colposo plurimo e disastro colposo dal procuratore capo di Avellino, Rosario Cantelmo, che ha imputato nel processo, a vario titolo, anche altri undici tra dirigenti e dipendenti della società.

Le accuse
Anche in questo caso c'è di mezzo un ponte. Secondo la procura di Avellino, infatti, gli uomini di Autostrade sarebbero responsabili per non aver eseguito correttamente la manutenzione del viadotto Acqualonga, sulla A16 Napoli-Canosa: furono le sue barriere a cedere sotto l'impatto dell'autobus, facendolo cadere nel vuoto e provocando la morte di 40 passeggeri. Le perizie depositate durante il processo, infatti, hanno evidenziato che i bulloni di bloccaggio erano usurati, e se non fosse stato così tutto si sarebbe risolto solo (si fa per dire) con un «grave incidente stradale». Gli avvocati della società hanno invece contestato l'attendibilità di queste perizie: «Le richieste di condanna appaiono a dir poco sconcertanti, perché non fondate su alcun dato scientifico oggettivo ed in contrasto con quanto emerso in dibattimento», ha ribattuto il legale di Autostrade per l'Italia, Giorgio Perroni.

Gli altri imputati
Oltre alla concausa del cedimento delle barriere, l'incidente sarebbe stato provocato anche, secondo l'accusa, dalle cattive condizioni del mezzo, immatricolato nel 1985, che aveva alle spalle già 800 mila chilometri senza essere stato sottoposto a tutte le revisioni necessarie. Per questo anche il proprietario del bus e titolare della Mondo Travel, Gennaro Lametta, è stato oggetto di una richiesta di condanna a 12 anni con l'accusa di concorso in omicidio, lesioni e disastro colposo (nell'incidente è morto anche suo fratello Ciro, che era alla guida). Nove gli anni chiesti per la funzionaria della Motorizzazione civile di Napoli Antonetta Ceriola e sei per il suo collega Vittorio Saulino, accusati di non aver controllato a dovere il bus, che altrimenti non avrebbe potuto circolare.