29 marzo 2024
Aggiornato 09:30
Francia

Il carburante infinito della sinistra perduta e sconfitta che non ha più nulla da dire

Mentre la sinistra di Melanchon vola nei consensi, quella di Renzi &co. celebra un eroe della destra statunitense, boicotta le nazionalizzazioni e spera nell'esplosione dello spread

Matteo Renzi durante l'assemblea nazionale del Partito Democratico
Matteo Renzi durante l'assemblea nazionale del Partito Democratico Foto: Riccardo Antimiani ANSA

ROMA - Accade quando non si ha più nulla da dire. Accade quando si chiudono in un cassetto, come vergogne da nascondere, le ideologie, retaggio superato di un mondo incivile e barbaro. Si galoppa così verso verso una natura primitiva, fondata sul riflesso condizionato, o riflesso di Pavlov. Laddove non vi è ideologia, esiste solo il primitivismo. I massimi portatori di questo nuovo primitivismo sono i nipoti, alla lontana, di quello che fu il primato dell'analisi scientifica e del ferreo materialismo. Al posto di Karl Marx, ecco Pavlov: il nome è noto ai più, e così i suoi esperimenti, tra tutti quello della salivazione canina di fronte a determinati stimoli sensoriali. Il riflesso condizionato, pavloviano, non prevede alcuna analisi complessa: è, appunto, un meccanismo automatico. E' verso questo sublivello umano che mira la regressione, voluta, umana. Verso un beato stadio di primitivismo, ben diverso però dal mito del «buon selvaggio».

McCain, eroe di sinistra?
Prendiamo ad esempio la morte recente del senatore McCain. Il personaggio in vita è stato la quinta essenza della «reazione» statunitense, una visione guerrafondaia, di destra, tacciato di nazismo e suprematismo bianco quando si confrontò con il candidato afroamericano Barak Obama. Oggi, dato che McCain aveva un conflitto personale, e non ideologico, con il presidente Trump, è diventato un'icona della sinistra, quantomeno quella italiana. Il processo (il)logico prevede che nel caso in cui un mio nemico – culturale, politico e umano - per una ragione fortuita divenga nemico di un altro nemico, esso diviene mio amico. Condizione nota da secoli, ma che oggi assume caratteristiche grottesche. Le esternazioni social del neo Renzi, Luigi Maratttin, e di Paolo Gentiloni, inerenti la morte del senatore Usa - viene da sperare che contro ogni evidenza questi siano fotomontaggi, ma sono ancora clamorosamente presenti sulle loro pagine social - lasciano senza parole. Nonché l'encomio postumo presente sulle pagine di Democratica.it. La neo sinistra si spinge su terreni di destra ignoti perfino alla destra, celebrando con parole accorate un guerrafondaio conclamato.

Onestà? Macché...
Si dirà: «Ma non avete capito. I democratici di sinistra rendono omaggio a un fiero avversario politico, un uomo da cui tutti li differenziava. Lo fanno per onestà intellettuale». Giusta osservazione, in cui sicuramente è contenuta un parte della verità. Prima regola della disinformazione, mai dimenticare: mettere un piccola dose omeopatica di realtà, e verità, all'interno di una bugia. Ma, ovviamente, il processo logico si incaglia come sempre nel passato, nella composizione storica della realtà: non si ricordano infatti accorati ricordi, e addirittura richieste di applausi in piedi, per la morte di Ugo Chavez, o addirittura per l'icona delle icone, Fidel Castro. Di entrambi si tracciarono quadri chiaro scuri, ma prevalentemente scuri, nella migliore delle occasioni, quando morirono. Del guerrafondaio McCain invece si fa l'agiografia del reazionario che fu in vita. Parole ed opere.

Tutto torna verso le miserie italiane
Perché accade questo? In nome di un asse che porta da Trump a Salvini e a Di Maio, passando addirittura per Putin, per giungere alle miserie italiane, al confronto politico di piccolo cabotaggio. E' una visione del mondo sconcertante, microscopica, che non prevede la logica complessa, l'analisi della realtà: prevede un meccanismo reattivo istintivo. Amico di Trump uguale nemico. Amico di Putin uguale mio nemico. E così via, in discesa a perdifiato nei bassifondi dell'istinto. Ma, il ragionamento della cultura pavloviana, della cultura dell'istinto di base, si potrebbe spostare anche sul piano economico-finanziario. L'assenza della sinistra, ormai ultra decennale, ha aperto la possibilità a forze populiste di destra di far proprie posizioni – propagandistiche finché si vuole – che storicamente rappresentavano le richieste della classe lavoratrice. Accade sempre, accadrà sempre. L'Italia che teme l'avvento del nuovo fascismo pare non aver imparato la lezione di quasi un secolo fa. Pare non ricordare che le forze di destra, populiste, sono forti di spinte sociali che da sempre si riverberano sulla percezione della classe operaia. Pare non ricordare quale carburante infinito rappresenti il rancore della classe lavoratrice abbandonata in nome degli interessi finanziari. Pare non ricordare cosa sia la rabbia dei ghetti, dove strati di povertà vecchia vengono coperti con sempre nuovi strati di povertà globale.

Sinistra, che disastro...
Godere del rialzo dello spread, giubilare per la fuga di capitali, darsi di gomito compiaciuti per gli editoriali del Financial Times o del Wall Street Journal, aspettare estasiati che la tempesta finanziaria travolga il paese e giunga finalmente la Troika come in Grecia. Delle risatine di Sarkozy e Merkel, che così tanto compiaquero la sinistra nel 2011, paghiamo ancora oggi il prezzo. La discussione incredibile sulle nazionalizzazioni, successiva al crollo del ponte Morandi, avrebbe dovuto aprire un vaso di pandora. Di fronte alla tragedia delle privatizzazioni del servizi – anche quella surretizia della concessioni all'italiana, ovvero in cambio di voti e poltrone – la proposta di più stato nell'economia avrebbe dovuto solleticare la sinistra, o quel che rimane. Ma l'ossessione pavloviana - dire sempre il contrario di quanto sostiene il mio avversario, a prescindere – ha portato il Partito Democratico a difendere uno strumento perverso, nel momento in cui esso manifestava nientemeno che la sua portata mortifera. Ora ci si appresta ad un autunno caldo perché il governo vorrebbe strappare più deficit: il minimo sindacale. Un'idea di ultra sinistra, la quinta essenza di un'ideologia che ha reso possibile il boom economico italiano, e non solo, durante i cosiddetti «gloriosi trent'anni». E invece no. A sinistra irrompe il gusto per quando la fuga di capitali arriverà a cento miliardi al mese, lo spread a 500, il sistema bancario al collasso. Non è nemmeno una visione manichea questa: è una visione folle.

Sinistra francese al 25%
«L’Europa dei sogni è morta. L’attuale Unione europea è solo un mercato unico e la gente è sottoposta alla dittatura delle banche e della finanza. Come fermare questo incubo? Dobbiamo uscire dei trattati europei che ci obbligano ad effettuare politiche di austerità e ad abolire l’azione dello Stato e gli investimenti pubblici. Tutto questo con il pretesto di un debito che tutti sanno che non potrà mai essere ripagato da nessun Paese. La nostra indipendenza di azione e la sovranità delle nostre decisioni non dovrebbe quindi essere lasciata alle ossessioni ideologiche della Commissione europea né alla superbia del governo di grossa coalizione di destra e sinistra in Germania. Chi sostiene invece queste posizioni in Francia?». Queste sono le parole di Jean Luc Melanchon, capo politico di France Insoumise, coalizione di centrosinistra che oggi in Francia vanta circa il 25% dei consensi.