Lo hanno fatto davvero: gli oppositori denunciano Salvini per odio
Dalle parole sono passati ai fatti: cinque cittadini trevigiani anti-leghisti hanno sporto denuncia al ministro dell'Interno per presunta istigazione all'odio razziale

TREVISO – Dopo tante parole, gli oppositori di Matteo Salvini sono passati ai fatti: ovvero, alle denunce. Il presunto reato di cui è accusato il ministro dell'Interno è istigazione all'odio razziale (quello previsto dalla legge Mancino, che alcuni esponenti della Lega hanno pubblicamente annunciato di voler cancellare). E a sorprendere è anche il luogo da cui è partito questo assalto giudiziario al vicepremier: proprio Treviso, una delle città dove storicamente il Carroccio ha sempre potuto contare su uno zoccolo duro di militanti.
Le dichiarazioni nel mirino
Proprio qui Salvini è stato denunciato da Marta Cassano, Luigi Galesso, Gabriele Casagrande, Said Chaibi e Renato Zanivan, che provengono dal mondo dell'associazionismo trevigiano. I firmatari fanno riferimento ad alcune dichiarazioni pubbliche rese dal titolare del Viminale che, scrivono, «singolarmente e complessivamente considerate hanno travalicato scientemente il limite del legittimo esercizio del diritto di manifestazione del pensiero previsto dall'articolo 21 della Costituzione e non sono pertanto tutelate dalla libertà di espressione». Le affermazioni a cui si riferiscono sono alcune di quelle che hanno fatto più rumore, tra quelle pronunciate dal ministro, come: «Per gli immigrati clandestini è finita la pacchia, preparatevi a fare le valigie, in maniera educata e tranquilla, ma se ne devono andare». La denuncia evidenzia anche come queste parole abbiano stimolato sul web, da parte dei suoi sostenitori, la pubblicazione di decine di «commenti xenofobi e razzisti».
Diffamati i migranti
La denuncia è stata presentata alla Procura della Repubblica di Treviso e il reato sarebbe aggravato dalla posizione, da parte di Salvini, di responsabile di una pubblica funzione. I firmatari dell'atto aggiungono che «Salvini ha definito in modo palesemente diffamatorio la condizione dei richiedenti asilo che raggiungono l'Italia, diffondendo, con le sue affermazioni, dall'alto della sua carica istituzionale, la convinzione che essa costituisca una condizione di privilegio mascherata da motivi umanitari e promuovendo quindi l'ostilità dei cittadini italiani nei confronti di tali persone».
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