19 marzo 2024
Aggiornato 12:30
Governo

Un governo già morto: colpito dall'interno e dall'esterno. Torna l'idea M5s-Pd?

Il M5s, nonostante la giurata fedeltà al governo del cambiamento, vorrebbe uscire dalla stretta di Salvini

Il capo politico del M5s Luigi Di Maio
Il capo politico del M5s Luigi Di Maio Foto: Claudio Peri ANSA

ROMA - Una stucchevole commedia degli equivoci ammorba il teatro compulsivo della politica italiana. Savona sì, Savona no, Sapelli sì, Sapelli no: nomi su cui il presidente della Repubblica sta opponendo le sue prerogative costituzionali, probabilmente senza precedenti. Ma la storia, la realtà, che si nasconde dietro il proscenio è molto più imbarazzante: Sergio Mattarella non si sta opponendo a qualche figura in particolare, si sta opponendo all'intero indirizzo politico della maggioranza. I nomi usciti in questi giorni - compreso quello di Paolo Savona, la cui storia potrebbe essere paragonata a quella di un altro, ben più famoso, Paolo folgorato lungo una via - sono tutti nulli. Ma questo non deve indignare, laddove i tecnici hanno prodotto lo sfacelo in corso.

Mattarella sarà sempre contro questo governo

Si erge potente da questo contesto la sgradevole percezione di immutabilità, di regole perenni, inquadrate all'interno di una cornice ideologica mai così asfissiante. L'epoca post ideologica che doveva liberare la facoltà di scelta non è mai stata così totalizzante. Così Paolo Savona altro non è che il punto di partenza di uno schema futuro già ampiamente visibile: un governo, sedicente di cambiamento, che ancor prima di iniziare il suo percorso si trova a fronteggiare problemi di ogni sorta. Che Savona ottenga il posto o meno non cambia nulla: perché al di là dei nomi sono le idee di una delle due parti del governo a essere nettamente in contrasto con le regole immutabili del sistema.

Cosa accadrà con la prossima manovra economica

Cosa accadrà quando, nel momento della verità, il prossimo governo chiederà di sfondare la soglia del 3% nel parametro tra debito e Pil? Ovvero alla prossima manovra economica. Dimentichiamo decurtazioni del debito, reddito di cittadinanza e altri sogni che mai si realizzeranno: rimaniamo sul piano del possbile. Ovvero quando alla Presidenza della Repubblica verrà sottoposta una legge di Bilancio con uno sfondamento del 2 o 3 per cento rispetto i vincoli in essere. Accadrà che Sergio Mattarella la boccerà. Scontro istituzionale senza precedenti, inevitabile, perché dopo la campagna elettorale - che continua - il prossimo governo non potrà cedere alle sirene della «responsabilità verso i partner europei»: pena, moti di piazza. Mattarella inoltre potrà opporre la sua resistenza non solo in virtù delle sue prorogative, ma anche in nome della Costituzione, ovviamente, che grazie all'articolo 81 inchioda la politica economica al pareggio di bilancio.

M5s-Pd?

E' chiaro che Sergio Mattarella non vuole un governo pentaleghista. Ed è ancor più chiaro che, della coppia, l'elemento di disturbo è dato dalla Lega di Matteo Salvini, dato che il M5s appare molto più malleabile anche in fase di trattativa. E' chiaro perché anche il M5s, solo poche settimane fa, esprimesse la sua «preferenza» per il Partito Democratico di Matteo Renzi, i nemici storici. Perché nel partito di Di Maio hanno da tempo strutturato la tecnica che alla campagna elettorale roboante, e vincente, segue un governo normalizzato. Lo fanno a Roma e a Torino con estrema nonchalance. Raggiungere il potere aizzando le spinte classiste, poi normalizzarle: questo è sistema di governo del M5s. Oggi, per pura casualità, i pentastellari si trovano al governo invece con chi le sparate promesse della campagna elettorale le vuole portare avanti con coerenza. Promesse estreme finché si vuole, ma che ora, dopo mesi, hanno travalicato il valore simbolico e si sono strutturate ferreamente nella percezione comune.

M5s, abbiamo un problema

E questo, per loro, è un immenso problema politico. Perché il M5s ha già da tempo affermato la sua fedeltà alle regole sovranazionali di bilancio, ma ora si trova alleato ad un partito che vuole scardinare tutto. Certo, il M5s, dopo aver urlato al «governo del cambiamento», non può mollare gli alleati della Lega in virtù del fatto che questi non cedono su determinati punti e quindi li trascinano nel gorgo del conflitto istituzionale. Ma è un fatto che al momento ci si trovi ad un passo da una crisi istituzionale: con Savona, o chiunque altro, il nodo che potrebbe portare ad un «tradimento» da parte dei pentastellari giungerebbe nel momento della legge di Bilancio. Che dovrà, obbligatoriamente, essere espansiva e in deficit. Il che provocherà attacco al debito, titoli derisori sui giornali di tutto il mondo, come peraltro giù sta avvenendo in questi giorni, dossieraggi (vedi l'incredibile caso di Laura Castelli fatta fuori dall'interno perché troppo No Tav), terrorismo legato al debito pubblico. Rimane quindi il sospetto che, nonostante gli sforzi, malgrado le minacce, malgrado le carezze, stia per nascere un governo morto. Minacciato dall'esterno e dall'interno.