18 aprile 2024
Aggiornato 08:30
Terrorismo islamico

Isis, ecco chi sono i foreign fighters italiani

Negli ultimi giorni due cittadini marocchini e un cittadino tunisino sono stati espulsi dal territorio nazionale per motivi di sicurezza, ma non sono casi isolati

In Italia sono rientrati dieci foreign fighters
In Italia sono rientrati dieci foreign fighters Foto: ANSA

ROMA – Negli ultimi giorni due cittadini marocchini e un cittadino tunisino sono stati espulsi dal territorio nazionale per motivi di sicurezza. I tre sospetti, monitorati da tempo, erano in contatto con foreign fighters attivi sul fronte della propaganda jihadista. E non si tratta di casi isolati perché il fenomeno in Europa è fonte di preoccupazione. Secondo le stime dell’Onu, infatti, circa il 30% dei 42mila foreign fighters partiti per la Siria e l’Iraq da più di 120 nazioni diverse sarebbe già tornato, creando forti allarmi per il timore di nuovi attentati sul Vecchio continente. Dai vari paesi Ue sarebbero partiti almeno 5mila mujahidin per andare a combattere in Siria e di questi ben 1500 sarebbero già rientrati. Neanche l'Italia è immune a questo fenomeno, che però – almeno per il momento – da noi ha dimensioni più contenute rispetto a quelle degli altri paesi comunitari. Il dossier dedicato al «Terrorismo in Europa: foreign fighters e prevenzione», firmato dall'ispettore dell'Arma dei Carabinieri e docente presso l'Istituto di tecniche investigative dell'Arma, Alessandro Boncio, svela alcuni dati molto interessanti. Innanzitutto è bene sottolineare il fatto che i reduci non sono tutti uguali. Alcuni sono più pericolosi di altri. Il dossier dell'Ispi evidenzia che il livello di pericolosità è dato dall'addestramento e dall'esperienza di combattimento, oltre che dal loro ruolo nella rete terroristica internazionale. E' interessante poi sottolineare che i reduci del Jihad vengono suddivisi in quattro macro categorie:

  1. I «disillusi e traumatizzati»: sono quelli che hanno lasciato volontariamente i territori controllati da Daesh (pochi, perché rischiano di essere considerati traditori e puniti o uccisi);

  2. I reduci costretti a rientrati per malattie o ferite: sono soggetti che potrebbero ripartire o comunque reclutare altri jihadisti in patria;

  3. Gli «agenti operativi»: sono i più pericolosi perché fanno parte di cellule dormienti e possono compiere attentati.

I foreign fighters italiani
Secondo stime ufficiali, i foreign fighters partiti dal nostro paese sarebbero ben centoventicinque. Di questi, è stato accertato che almeno dieci siano già rientrati sul territorio dello Stivale. Di loro si sono perse le tracce, ma il dossier dell'Ispi riporta le storie di alcuni foreign fighters per fornire uno spaccato del panorama jihadista italiano e noi del Diariodelweb abbiamo deciso di raccontarle a nostra volta. Uno dei casi più rappresentativi è quello di Giampiero Filangieri, arrestato a Erbil (Kurdistan iracheno) nel 2014 ed estradato in Italia a maggio del 2015. Italiano di origini calabresi, veniva considerato dai parenti un «ragazzo problematico e facilmente plagiabile» tanto da essere stato ricoverato in una clinica psichiatrica per qualche tempo. Si convertì all’Islam e venne in seguito localizzato nel 2008 lungo il confine turco grazie ad alcune tracce lasciate su WhatsApp.

I combattenti di Cologno Monzese
Diversa, invece, la storia dei cosiddetti «combattenti di Cologno Monzese»: un gruppo di siriani residenti in Lombardia. Il loro leader era il quarantaquattrenne Haisam Sakhanh, che dopo essersi recato a combattere in Siria venne immortalato in un video (pubblicato in seguito dal New York Times) mentre uccideva a sangue freddo dei soldati. Nel 2013 era riuscito a entrare in Belgio e successivamente in Svezia, dove aveva chiesto asilo politico come rifugiato siriano. Ma la polizia svedese lo aveva arrestato dopo averlo riconosciuto grazie alle impronte digitali fornite dagli investigatori italiani. Sakhanh è stato quindi condannato all’ergastolo per crimini di guerra.

Il siciliano e la ragazza
Un altro caso che ha suscitato scalpore è quello del siciliano Gianluca Tomaselli. Sposato, padre di due bambini e residente in Inghilterra, nel 2013 si è recato in Siria per combattere come militante dell'Isis. E' rientrato in Inghilterra alla fine del 2014 ed era tornato a condurre una vita perfettamente normale, perché nessuno sospettava la sua vera identità, tanto da riuscire a trovare lavoro come parcheggiatore in un ospedale di Londra. Ultimo caso in ordine di tempo è quello di Lara Bombonati ventiseienne convertita all’Islam con il nome di Khadijah. La ragazza, sposata con Francesco Muhammad Cascio, anch’egli convertito, si era recata in almeno due occasioni in Siria, da cui sarebbe tornata una prima volta dopo la morte in combattimento del marito.

Le conclusioni del dossier dell'Ispi
Rientrata in patria aveva ricevuto il compito di fare proselitismo nel nostro paese e di trovare un nuovo marito, per poi rientrare in Siria. Le conclusioni dell'ispettore Boncio non lasciano dubbi: se è vero che – almeno per ora - il fenomeno del reducismo jihadista italiano, come pure quello dei foreign fighters partiti dal nostro Paese per Siria e Iraq non ha raggiunto le allarmanti dimensioni di altri Paesi europei, è altrettanto vero che «la minaccia alla sicurezza nazionale deve essere affrontata per tempo, disinnescando le propensioni all’estremismo di alcuni individui, prima che anche nel nostro paese il fenomeno assuma dimensioni più preoccupanti».