Al G7 di Torino va in scena il solito teatro, dove oppressi e oppressori alla fine si confondono
Qualcuno le definisce scene di guerriglia, e in parte lo sono. Ma l'impressione è che sia il solito teatro dove tutte le parti vengono rispettate, perché così deve essere
TORINO - L'avevano promesso, e come sempre puntuale il momento dello scontro frontale tra antagonisti e forze dell'ordine è arrivato. Sicuramente soft, in qualche modo mediato rispetto ai precedenti summit internazionali, per via di quell'accordo – più o meno implicito – tra amministrazione comunale e centri sociali. Non è difficile immaginare che la giunta Appendino abbia fatto qualche concessione – chissà, magari un occhio chiuso di fronte a qualche uovo scagliato contro le vetrine, qualche cassonetto rovesciato, qualche lacrimogeno e un po' di fumo – considerando che moltissimi elettori 5 Stelle a Torino provengono proprio da quelle frange estremiste di sinistra. E dunque, eccole le scene di guerriglia in centro questa sera, che hanno regalato come sempre attimi di notorietà e di eroica esibizione mediatica a chi stava in prima fila, a gridare, a lanciare, a strattonare. Nessuna carica da parte della Polizia, con la Digos in tenuta antisommossa attentissima a smorzare le teste calde.
Qualche fermo e qualche ferito
Per ora il bilancio è di quattro manifestanti fermati e due feriti, tra cui un agente della Digos colpito alla gamba da lanci di pietre. Le tensioni non sono mancate in via Plana, arteria centrale che sfocia in piazza Vittorio, finché il corteo non ha raggiunto Palazzo Nuovo, vecchia sede delle facoltà umanistiche dell'Università, occupata e trasformata nella "base per le prossime iniziative di protesta». Questa sera il corteo è ripartito alle 22, dopo un’ora di stop: i manifestanti, circa 300 persone, da Palazzo Nuovo si sono diretti subito verso via Po. Alcuni di loro, incappucciati, hanno lanciato fumogeni, razzi, petardi e anche pietre. Il corteo intanto si dirigeva verso la Prefettura in piazza Castello, dove si stava svolgendo la «Notte dei ricercatori». I manifestanti hanno tentato di raggiungere l'hotel di piazza Carlina che ospita le delegazioni del summit, e la polizia ha risposto come da copione con qualche manganellata e un'azione di alleggerimento.
Reset G7, ma chi sono gli oppressi e chi gli oppressori?
Lo chiamano "Reset G7" questo movimento di protesta che raccoglie studenti, precari, disoccupati, anarchici, centri sociali, no Tav, che già avevano dato prova del pugno duro giovedì notte con lanci di uova contro la Cisl e la Fondazione Agnelli e la chiusura simbolica di un supermercato. Domani, giornata conclusiva del G7 a Venaria, sarà una "giornata di lotta" che culminerà con un grande corteo "durante il quale speriamo di festeggiare la cacciata dei nuovi nobili dal loro palazzo». «Saremo il loro incubo» hanno continuato a ripetere gli organizzatori del Reset in questi giorni. Il questore Angelo Sanna e il prefetto Renato Saccone hanno replicato chiaramente che «contestare è lecito e sarà consentito. Ma nel rispetto delle regole: chi devia dai tracciati stabiliti sarà fermato».
Parola d'ordine: svalutare il lavoro
Dentro alla Reggia, intanto, i grandi del mondo vanno avanti indisturbati nella spartizione di quello che possono ancora prenderci. Lentamente ci impoveriscono delegittimando sempre più il lavoro, vero elemento cardine del G7 e del suo contrario, ma di cui quasi nessuno parla. Svalutare il lavoro, renderci tutti schiavi, e impauriti, è il gioco della globalizzazione. Il solito G7, le solite inutili vetrine, il solito trito e ritrito teatro dove le parti sul proscenio vengono diligentemente rispettate. Arrivederci dunque al prossimo G7, o G8 o G20, dove andrà ancora in scena il teatro dell'oppresso, e dell'oppressore, che poi alla fine, a guardar bene, un po' si confondono.