12 settembre 2024
Aggiornato 20:30
Fiera Bologna blindata, decine richieste costituzione parte civile

'Ndrangheta, parte il processo Aemelia, la società civile si mobilita

Si è tenuto a Bologna il primo incontro dell'udienza preliminare del processo Aemilia, a seguito delle indagini che nei primi mesi di gennaio hanno portato all'arresto di centinaia di imprenditori, tecnici di amministrazioni pubbliche, politici, poliziotti corrotti e giornalisti

BOLOGNA - Sbrigate le questioni burocratiche cominciate alle 8.30, ha preso il via intorno alle 11 il primo incontro dell'udienza preliminare del processo a seguito delle indagini che nei primi mesi di gennaio hanno portato all'arresto di centinaia di imprenditori, tecnici di amministrazioni pubbliche, politici, poliziotti corrotti e giornalisti, affiliati o comunque collegati alla famiglia Grande Aracri che dalla Calabria, in vent'anni, tra corruzione, minacce, appalti truccati, spaccio di droga e traffico d'armi, si è radicata in Emilia-Romagna. Il processo, che vede imputate, al momento, 219 persone, doveva essere trasferito a Milano o a Roma, vista la mole di teste e avvocati da sentire. Grazie all'intervento della Regione (a all'assegno di circa 700 mila euro staccato per trasformare un padiglione della fiera in aula del tribunale) almeno la prima fase si terrà a Bologna.

Sicurezza
All'ingresso della fiera, prima di accedere al padiglione 19 (zona off-limits assieme al padiglione 20 al secondo piano), avvocati, assistenti, imputati e pm hanno dovuto accreditarsi e varcare ben quattro controlli con tanto di metal detector. Misure che vanno ad aggiungersi alla bonifica che un nutrito numero di forze dell'ordine eseguono quotidianamente da giorni e fino a dicembre, quando il Gup Francesca Zavaglia conta di concludere la prima fase del processo. Il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, ha voluto essere presente in aula, almeno il primo giorno. «La mafia in Emilia è qualcosa da stroncare e ognuno per la sua parte nella sua autonomia e con le proprie competenze ha il dovere di fare di tutto perché venga stroncata» ha spiegato entrando in fiera confermando che la Regione chiederà di costituirsi parte civile.

Impegno a stroncare la mafia nella Regione
«La presenza della Regione a questo processo sta a significare che noi siamo in prima linea in questo impegno - ha detto l'assessore giornale alla Cultura, Massimo Mezzetti -. Vorremmo essere d'esempio nei confronti di tutte le istituzioni di questa regione che la lotta contro le mafie radicata sul territorio è una lotta di fronte la quale nessun amministratore può e deve sottrarsi. Dopo il processo Aemilia nessun amministratore pubblico e nessun tecnico amministrativo può più permettersi di dire 'io non sapevo, io non immaginavo'. Da oggi, chi lo dovesse dire si rende complice di questa presenza sul nostro territorio».

Associazioni
Sono decine le associazioni, tra cui Libera e Avviso Pubblico, oltre a Cgil, Cisl e Uil e tanti comuni emiliano-romagnoli, che intendono costituirsi parte civile. «Libera si sente offesa. La sua missione è quella di promuovere legalità, giustizia e promozione sociale nel nostro paese e nella nostra comunità» ha spiegato Daniele Borghi, referente in Emilia dell'associazione fondata da don Luigi Ciotti, giustificando la presenza al processo e «tutte le volte che ci sono singole persone e organizzazioni che operano alterando e ostacolando questa nostra missione».

Parte civile
«Abbiamo deciso unitariamente Cgil, Cisl e Uil di costituirci parte civile - ha spiegato il segretario regionale Cgil, Vincenzo Colla -. Mi sembra evidente che abbiamo bisogno di dare una risposta a tutti quei lavoratori che hanno avuto un problema dentro a queste imprese di forzature e minacce, di forzature sul lavoro, sulla retribuzione. La costituzione di parte civile è anche un fatto di un bisogno: recuperare il controllo democratico del territorio e se non lo si recupera sui posti di lavoro e lasciamo vincere loro, perdiamo tutti noi. Questo processo deve dare una risposta anche a questo tema».

Imputati
Tra i tanti imputati, una manciata quelli ritenuti più «pericolosi» e resteranno carcere con regime 41 bis seguendo il processo in videoconferenza. «Io non sono un 'ndranghetista. Lo sono stato, lo ammetto, ma non lo sono più», ha detto, tramite il suo legale Carmen Pisanello, uno dei «capi» della cosca, Michele Bolognino, considerato dai pm uno dei più importanti «promotori, dirigenti e organizzatori» dell'associazione, in particolare per la zona di Parma e della bassa reggiana.

(Con fonte Askanews)