2 ottobre 2025
Aggiornato 23:00
L'articolo del New York Times ha fatto vergognare l'Italia

Altro che «Vacanze romane»: l’America, oggi, di Roma vede solo il degrado

Lontani i tempi di «Vacanze romane», dove lo sguardo americano che osservava Roma era pervaso dalla meraviglia. Oggi, il New York Times descrive una Capitale invasa dal degrado e dal malaffare, guidata da un sindaco onesto ma incapace, culla di inestimabili ricchezze abbandonate alla negligenza. Povera Italia...

NEW YORK – Parola d’ordine: degrado. Ha fatto scalpore l’articolo comparso qualche giorno fa sul New York Times dedicato alla nostra Capitale, la cui fama da «inferno dantesco» – passateci la «nobilitante» similitudine letteraria – la precede anche oltreoceano. Il principale quotidiano d’America non è nuovo a occuparsi di Roma: lo scorso marzo, le aveva dedicato un tributo ispirato al film-premio Nobel «La Grande Bellezza», raccontando come la Città Eterna potesse rendere indimenticabili 36 ore trascorse tra le sue vestigia. Questa volta, però, è stato meno generoso.

Caput... mafiae
Già nel dicembre 2014, quando infuriava lo scandalo di Mafia Capitale, il NYTimes osservava come non esistesse «angolo dell’Italia [...]immune dall’infiltrazione criminale». Anche a un oceano di distanza, si coglieva come quello scandalo, «persino in un Paese dove la corruzione è vissuta come parte della vita di tutti i giorni», fosse giunto come un vero shock. L’esegesi di tale reazione è ben riassunta nel pezzo di qualche giorno fa: noi italiani siamo sì straordinariamente abituati ad ogni genere di malaffare che riguardi le più alte cariche dello Stato; ma sapere che dalla «mafia» non è esente neppure la città un tempo considerata «caput mundi» non può che avere un effetto devastante. Di fronte alla rovina della Capitale che tutto il mondo ci invidia (o invidiava), le maschere cadono: ci ritroviamo nudi di fronte alle nostre responsabilità, sotto gli occhi del mondo intero.

Marino-Forrest Gump
Oggi ci sentiamo certo denudati, davanti a quella eloquente foto che campeggia sul NYTimes: vi possiamo riconoscere uno dei tanti meravigliosi vicoletti di Trastevere, letteralmente invaso dalla spazzatura. Davanti a quello spettacolo, la gente passa incurante: perché ormai i romani  (e gli italiani in generale) faticano pure a indignarsi, assuefatti come sono al degrado. Dalla Grande Mela, Ignazio Marino viene dipinto come una figura tragicomica, novello «Forrest Gump»: un sindaco stranamente lontano dal mondo del malaffare, ma che, proprio per la sua «inesperienza del settore», non è in grado di gestire la situazione. Il ragionamento sottinteso non lascia scampo: in Italia, se nella sporcizia non ci bazzichi un po’, non riuscirai mai ad amministrare la baracca, e farai almeno la figura dell’incapace.

Se Roma fosse in America
L’antifona è servita su un piatto d’argento: se gli americani avessero una città come Roma, mai la ridurrebbero così. Gli americani sono famosi per la loro innata capacità di valorizzare (e monetizzare) qualsiasi, anche minima, risorsa a disposizione: nonostante la loro storia relativamente recente li abbia privati delle ricchezze culturali di cui dispone l’Europa, l’arte e la cultura vengono tenute in gran conto. I musei del Nuovo Continente traboccano di opere d’arte provenienti dal Vecchio: le firme sono italiane ed europee, ma la capacità di «sfruttarle» è tutta americana. Orde di finanziatori privati versano fiumi di denaro a favore di progetti di conservazione e ricerca, e la scienza legata all’arte made in Usa non ha rivali al mondo. Altro che «Vacanze romane», insomma: la meraviglia che pervadeva lo sguardo americano alla vista di Roma lascia il posto a una disgustata incredulità. D’altronde, la storia è vecchissima, e a narrarla – molto prima del New York Times – ci aveva pensato anche Dante, il più famoso italiano di tutti i tempi: «Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, / non donna di provincie, ma bordello!»...