29 marzo 2024
Aggiornato 00:00
Marino propone di affidare ai Rom la differenziata

Roma proclama i nomadi re dei cassonetti?

Ha fatto scalpore la proposta dell'assessore alle Politiche sociali del Comune di Roma, Francesca Danese, di impiegare rom e nomadi nella gestione della raccolta differenziata nella Capitale. Per le opposizioni, si tratterebbe di legalizzare la pratica del rovistaggio. Ma regolarizzando circa 70 operatori nomadi irregolari porterebbe nelle casse comunali 14 milioni di euro l'anno.

ROMA – C’era da aspettarselo. La proposta dell’assessore alle Politiche sociali del Comune di Roma, Francesca Danese, a proposito dell’impiego di nomadi e rom nella gestione della raccolta differenziata della Capitale ha sollevato un vespaio di polemiche. Per la Danese, poiché i nomadi «sono molto bravi nel recuperare i materiali in disuso», dare loro «la possibilità di fare un lavoro per la comunità e per la città di Roma, prendendo questi rifiuti e selezionandoli» sarebbe un’occasione importante di «riconciliazione» sociale. Ma pochi sono di questo avviso.

OPPOSIZIONI: SIAMO SU SCHERZI A PARTE? - «L'assessore Danese si improvvisa talent scout e vorrebbe legalizzare il rovistaggio – ha attaccato Pietro Di Paolo, capogruppo Ncd della Regione Lazio -. Non sapremmo in quale altro modo intendere la bizzarra idea di utilizzare i rom per la raccolta differenziata: come è noto la capacità di selezionare i rifiuti da parte dei nomadi deriva proprio dall'arte di rovistare nei cassonetti, attività venuta meno solo con la graduale eliminazione dei cassonetti nei quartieri in cui è partita la raccolta dei rifiuti porta a porta». Ironico il commento di Alfio Marchini: «Siamo su scherzi a parte?», si è chiesto l’ex candidato sindaco.

DANESE: CERCHIAMO DI IMMAGINARE PERCORSI DI INTEGRAZIONE - Polemiche che hanno costretto l’assessore a precisare la sua idea: «I nomadi sono persone che vivono di espedienti in strutture inumane e per di più costosissime per la collettività. Le dichiarazioni non alludono ad alcuna delibera, ma è doveroso che l’assessorato alle Politiche sociali immagini percorsi di integrazione che passino per l’inserimento al lavoro e l’emersione di quante più persone dalla marginalità e da quelle zone d’ombra dove è più forte la contaminazione con i circuiti criminali. Ciascun percorso di integrazione – ha continuato l’assessore Danese – deve valorizzare le competenze, le abilità, i saperi e deve pretendere legalità da ciascuno degli attori. Per questo, tra mille altre azioni, ho immaginato che si potessero combattere rovistaggio e roghi tossici anche costruendo filiere di recupero, riuso e riciclaggio che possano allontanare quante più persone, ad esempio, dai circuiti della ricettazione. Purtroppo, per alcuni esponenti politici, l’avversione alle politiche di accoglienza, il razzismo e l’attaccamento a costosi ghetti sono più forti della solidarietà e dell’amore per questa città».

BOCCIATA ANCHE LA DELIBERA TREDICINE (FI) - D’altronde, non solo la Danese si è fatta portavoce di un progetto di «riabilitazione» dei nomadi nell’ambito della gestione dei rifiuti. Qualche giorno fa, infatti, è stata bocciata la delibera promossa da Giordano Tredicine, consigliere di Fi, che proponeva l’istituzione di un albo per regolamentare l’attività illegale di recupero e riutilizzo di rifiuti anche speciali, un business gestito dai nomadi che solo a Roma vale più di 2 milioni di euro. In una nota, Tredicine ha espresso la sua delusione per la decisione del consiglio capitolino: «Respingendo la proposta di delibera a mia firma avente come oggetto l’istituzione di un registro cittadino delle imprese ad attività itinerante di recupero dei rifiuti costituiti da rottami metallici e materiali suscettibili di immediato recupero, la maggioranza ha sprecato a mio avviso una grande occasione. La proposta di delibera in questione, infatti, attraverso attente specificazioni sui rifiuti non trasportabili [...] e determinati requisiti previsti per gli operatori [...], aveva come obiettivo chiarissimo contribuire alla tutela e alla salvaguardia dell’ambiente facendo rientrare nella legalità un settore di lavoro che, [...] pur coinvolgendo numerosi operatori e garantendo guadagni consistenti, opera attualmente senza alcuna abilitazione. Insomma, era una buona delibera. Peccato». Il consigliere di Forza Italia ha aggiunto che «forse, la maggioranza che siede in aula Giulio Cesare preferisce un percorso più in linea con la proposta dall’assessore Danese. Di sicuro, preferisce che degrado ed illegalità continuino a regnare».

A ROMA, 1400 FURGONCINI ROM GESTISCONO ABUSIVAMENTE LA FILIERA - In particolare, ciò di cui si era parlato in commissione Politiche sociali ed Ambiente presieduta dai consiglieri Pd Erica Battaglia e Athos De Luca, era la proposta di istituire un albo dei nuovi «ferrivecchi», la maggior parte nomadi, che in città gestiscono l’intera filiera che dal cassonetto conduce all’acciaieria. Come ha stimato l’Airmet (Associazione italiana recuperatori metalli) a livello nazionale, su un totale di circa 20 milioni di tonnellate di materiali recuperati in un anno, quasi un terzo, 6 milioni, derivano dalla raccolta in forma ambulante. A Roma - dove circolano abusivamente circa 1.400 furgoncini - il monopolio è dei rom, che oltre ai bidoni dell’immondizia battono meccanici, carrozzerie e fabbri che intendono risparmiare sui costi di smaltimento dei rifiuti speciali. Il problema, quindi, diventa anche ambientale: roghi tossici per separare per esempio il rame dalla plastica e discariche abusive di rifiuti che non possono essere rivenduti o riutilizzati. Secondo Massimo Converso, presidente dell’Opera Nomadi di Roma, «sono più di 1.000 gli operai rom e sinti che effettuano a Roma tale mestiere, perseguitati dalle varie forze dell’ordine che sequestrano i furgoni che utilizzano per questa attività onesta, seppur non autorizzata per ignavia istituzionale: l’albo che proponiamo ora porterebbe nelle casse del Comune di Roma ben 2 milioni e 200mila euro all’anno, ci appelliamo all’assessore Danese alla quale abbiamo presentato il progetto l’11 gennaio». Addirittura, un imprenditore del settore ha calcolato che, considerando una raccolta media giornaliera a Roma di 40mila chili di materiali ferrosi, regolarizzare una settantina di questi operatori itineranti tra sostituti d’imposta e trattenute annue potrebbe portare nelle casse comunali fino a 14 milioni di euro l’anno.

MARINO MANDA A CASA I DIPENDENTI CAPITOLINI E ASSUME I ROM? PER ORA NO - Tuttavia, la bocciatura della delibera Tredicine da un lato e il vespaio di polemiche suscitato dalla proposta della Danese dall’altro danno un segnale chiaro: la Capitale non è ancora pronta. In particolare, parlando della proposta dell’assessore capitolino, il capogruppo Pd Panecaldo ha specificato che la Danese si riferiva non «alla differenziata in genere, ma all’utilizzo dei rom che oggi abusivamente rovistano nei cassonetti per trovare delle forme legali di impiego: parliamo di piccoli rottami che possono rappresentare però un utile strumento di integrazione, è una provocazione su cui lavorare». Ha chiuso ogni discussione, in ogni caso, l’assessore all’Ambiente Marino: «Il rovistaggio è una pratica non legale che va sanzionata: credo che l’assessore Danese, visto che il suo settore riguarda le Politiche sociali e non i rifiuti, volesse semplicemente provare a comunicare che fosse importante tentare un inserimento sociale di persone che vivono a margini della società». Per ora, insomma, la proposta è stata capace di suscitare soltanto ironia e sarcasmo. «Un sindaco geniale, una giunta di geni – ha ironizzato, tra gli altri, il capogruppo di Fdi-An in Campidoglio, Fabrizio Ghera -. Roba dell'altro mondo, solo Marino è capace di tagliare lo stipendio, mettere in mobilità e cassa integrazione i dipendenti capitolini per poi assumere i nomadi»